Da oggi a Vienna più di 200.000 studenti non andranno a scuola per una settimana. Non saranno – come forse state pensando – in quarantena, al contrario potranno godersi le “vacanze tra i semestri” (Semesterferien).
Questa chiusura avviene ogni anno a febbraio, ed ha origine negli anni ’70, durante la cosiddetta crisi energetica, quando a causa del brusco aumento del prezzo del petrolio, in tutti i paesi europei vennero introdotte varie misure per risparmiare sui consumi.
Una tra quelle più utilizzate e che si ricorda anche in Italia fu il divieto di circolare in auto in alcune giornate, o la riduzione dell’illuminazione stradale e commerciale. Ma in Austria il governo dell’epoca decise anche d’introdurre la chiusura di tutti gli edifici scolastici per una settimana durante il mese più freddo – febbraio per l’appunto – con l’obiettivo di risparmiare dunque sul riscaldamento e sull’elettricità.
A febbraio 1974 si svolsero quindi le prime “ferie energetiche” (Energieferien – questo il nome originale), ma il risparmio effettivo per il paese fu piuttosto limitato. La maggior parte degli austriaci utilizzarono infatti fin da subito questi giorni di vacanza per andare a sciare (o per viaggi in mete più calde), spostando quindi il consumo su alberghi, macchine e aeroplani.
L’effetto sul turismo (e quindi sull’economia) si dimostrò però così vantaggioso che ci si dimenticò ben presto dell’ideale con cui era stata introdotta questa settimana, e si decise quindi di mantenerla ogni anno. Il mese di febbraio è così diventato – anche grazie a giornate di vacanza simili in Germania e Svizzera – quello di maggiore guadagno per le aree sciistiche austriache (e alcuni dicono anche quello di maggiori consumi energetici).
La politica austriaca continua a riservare delle sorprese: la settimana scorsa sono infatti venuti alla luce dei documenti con accordi segreti siglati tra i partiti sia del primo governo Kurz (quello con il partito della libertà – FPÖ) che del secondo con i verdi (e che continua ancora oggi anche se con Karl Nehammer come cancelliere).
Queste cosiddette “sideletters” (qui gli originali) oltre a decisioni politiche che si erano volute tenere al di fuori dei contratti di governo ufficiali, contengono anche nomi e cognomi di persone vicine ai partiti che si era deciso fin dall’inizio d’installare nelle posizioni più importanti del paese.
Per quanto riguarda le aziende controllate dallo Stato e dove il governo avrebbe comunque avuto comunque l’ultima parola non c’è in realtà niente d’illegale, (anche se si potrebbe discutere a lungo di trasparenza dei processi di selezione), ma nei documenti si trovano anche indicate le persone che dovrebbero venire assegnate per esempio a guidare la radiotelevisione pubblica, che in Austria devono essere invece indipendenti per legge.
Che questi accordi fossero stati fatti tra il partito popolare (ÖVP) e il partito della libertà (FPÖ) si era già vociferato in passato e viste le attuali indagini e processi in corso non hanno stupito più di tanto.
Molti più problemi stanno invece creando al partito dei verdi (Die Grüne), che da sempre ha messo la trasparenza e la lotta al nepotismo come alcuni dei suoi principi fondamentali. La partecipazione e il programma (ufficiale) del governo era stato inoltre approvato dal congresso nazionale, ma questi documenti erano conosciuti solo da un ristretto gruppo dirigente.
Il vice-cancelliere e leader dei verdi Werner Kogler si è scusato per questa poca trasparenza, giustificandosi che questo era stato l’unico modo per formare una coalizione, scaricando quindi la “colpa” sull’ex cancelliere Kurz, e dicendo che comunque le decisioni al suo interno rimarranno valide.
L’ondata legata alla variante omicron continua a imperversare in tutta l’Austria, con la settimana scorsa una media di 30.000 nuovi casi giornalieri. Come ormai si è capito grazie alla sua minore aggressività, ma sopratutto grazie alla maggior parte della popolazione già vaccinata, anche con un numero di casi così alto il sistema sanitario sta riuscendo a gestire la situazione.
Riguardo alle restrizioni in vigore, come accennato la settimana scorsa Vienna ha deciso di non seguire le linee guida del governo. In particolare si è deciso di mantenere la richiesta di certificato 2G (guarito o vaccinato) per accedere a bar e ristoranti (mentre nelle altre regioni è possibile anche solo con un test negativo). Dal 12 febbraio cadrà invece come nel resto del paese l’obbligo di 2G per accedere agli esercizi commerciali e nei musei (rimane obbligatorio l’uso della mascherina FFP2).
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 348.884, di cui 1.896 ricoverati in ospedale e 201 in terapia intensiva. Le regioni con l’incidenza dei contagi più alta sono il Tirolo (3.007), Vorarlberg (2.809) e Alta Austria (2.692). Il 69,3% della popolazione risulta protetta da un vaccino.
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
Questa settimana non ho altre segnalazioni, vi lascio quindi invece con qualche articolo ripescato dall’archivio del blog:
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Il 27 gennaio anche in Austria si sono commemorate le vittime dell’Olocausto nel Giorno della Memoria. Spesso non ci si pensa, ma anche qui il nazionalsocialismo ha compiuto i peggiori orrori, con la sistematica uccisione di più di 65.000 cittadini austriaci.
Sebbene sia parte della storia austriaca, la presa di coscienza delle proprie responsabilità in questi avvenimenti è stato un percorso molto lungo per il paese. Dopo la guerra il tema è stato minimizzato se non nascosto sotto il mito della prima vittima (Opfermythos), e solo a partire dagli anni ’80 si è lentamente presa consapevolezza e sono state ammesse le proprie colpe nel genocidio.
Il primo monumento per ricordare le vittime del nazionalsocialismo venne infatti inaugurato solo nel 1988: si tratta del “memoriale contro la guerra e il fascismo” (Mahnmal gegen Krieg und Faschismus) realizzato nel 1988 da Alfred Hrdlicka nella Helmut-Zilk-Platz. Questo ricevette però molte critiche da parte della comunità ebraica, che lo riteneva non sufficiente e troppo generico.
Nel 2000 venne quindi installato nella Judenplatz il “monumento alle vittime ebraiche austriache della Shoah” (Mahnmal für die österreichischen jüdischen Opfer der Schoah) ideata dalla scultrice inglese Rachel Whiteread, seguito dalle pietre della memoria (Steine des Gedenkens o Steine der Erinnerung), una versione viennese delle “pietre d’inciampo” (Stolpersteine) dell’artista tedesco Gunter Demnig e nel 2017 dal memoriale presso la ex-stazione ferroviaria di Aspang (Aspangbahnhof) nel terzo distretto, da dove partirono i treni per i campi di concentramento.
L’anno scorso è stato infine inaugurato il muro dei nomi (Namensmauer) presso l’Ostarrichi Park. Ideato dall’artista Kurt Yakov Tutter, si tratta di una ellisse formata da 160 grandi lastre di granito, su cui sono incisi i nomi dei 64.435 ebrei austriaci accertati che furono avviati dal nazismo ai campi di sterminio. Un’opera che lascia veramente senza fiato, con i nomi di uomini, donne, anziani e bambini che potremmo essere noi, uccisi da una folle ideologia.
Questi monumenti sono un simbolo per non dimenticare quello che è stato, ma la comunità ebraica di Vienna non vive però solo nel ricordo: seppur ridotta (circa 7.000 persone) continua a essere presente e molto attiva in città, sia presso le proprie istituzioni che tramite musei e iniziative.
La variante omicron continua a diffondersi in Austria, e durante la settimana scorsa sono stati raggiunti nuovi record dei contagi, con il picco finora di oltre 43.000 nuovi casi giovedì scorso. Qualcuno potrebbe considerare questa situazione come altamente preoccupante, ma non il governo austriaco, che ha invece annunciato la rimozione di molte restrizioni per le prossime settimane.
Innanzitutto da domani (1° febbraio) ci sarà la fine del “lockdown” per non vaccinati (al momento potevano uscire di casa solo per lavoro o acquisto di beni di prima necessità, anche se sembra che pochi si siano tenuti a queste regole). Dal 5 febbraio sarà inoltre spostato l’orario di chiusura di bar e ristoranti dalle 22 alla mezzanotte, dal 12 febbraio non verrà più richiesto di presentare il green pass (guariti o vaccinati) per accedere ai negozi e una settimana dopo verrà permesso anche ai soli testati di accedere in bar, ristoranti e strutture turistiche.
Mentre la maggior parte dei governatori legati al partito di governo ha espresso soddisfazione, il sindaco di Vienna ha espresso grandi dubbi su queste scelte, e si valuterà se per la capitale continuare a seguire restrizioni diverse. Ha fatto inoltre alzare più di un sopracciglio queste nuove misure, visto che sempre da domani entrerà in vigore l’obbligo vaccinale in tutta l’Austria. Come può venir ritenuto valido un test, se la legge richiede che tutti debbano essere vaccinati?
L’unico aspetto buono è che la situazione negli ospedali è rimasta questa settimana ancora sotto la soglia di allarme. C’è stato un aumento dei ricoverati in ospedale, ma al momento il numero di pazienti in terapia intensiva continua a rimanere stabile.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 301.221, di cui 1.448 ricoverati in ospedale e 177 in terapia intensiva. Le regioni con l’incidenza dei contagi più alta sono Vienna (3.220), Tirolo (2.774), Vorarlberg (2.754) e Salisburgo (2.734).
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
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“Positiv getestet: Zwei Corona-Infizierte in Tirol”: il 25 febbraio 2020 il quotidiano Kronen Zeitung annunciava così la scoperta dei primi casi di coronavirus in Austria, due italiani residenti a Innsbruck che pochi giorni prima erano stati a Bergamo.
Sono trascorsi due anni, e il virus è diventato ormai parte delle nostre vite. I vaccini ci stanno lentamente aiutando a uscirne, ma come vediamo dalla variante omicron, ogni giorno le cose possono cambiare. Alcuni l’anno già definita come una terza guerra mondiale, che il mondo intero combatte contro un nemico invisibile.
Per rendersi conto di quanto il coronavirus abbia colpito ognuno di noi non credo ci sia migliore indicatore dei numeri. Vi riporto alcuni dei più importanti relativi a questi due anni in Austria:
Fonti: Orf, Ages, Gesundheitsministerium, Finanzministerium.
Sono numeri che messi insieme penso rendano più chiara la dimensione di quello che stiamo vivendo (e solo per quanto riguarda l’Austria).
Ma tutti questi numeri sono condannati a salire: la variante omicron continua infatti a tenere sotto scacco il Paese. La settimana scorsa sono stati superati i 25.000 casi giornalieri, anche se si presume che siano molti di più a causa di problemi di rilevamento in molte regioni.
La situazione negli ospedali rimane al momento relativamente tranquilla, con meno di 200 persone in terapia intensiva, anche se come ormai sappiamo, ci vogliono alcune settimane prima che l’aumento dei casi corrisponda a un aumento dei ricoveri.
Il governo austriaco rimane comunque al momento fermo sulle proprie decisioni e non sono previste nuove restrizioni o chiusure. La legge per l’obbligo vaccinale è stata approvata dal parlamento ed entrerà in vigore come già scritto dal 1 febbraio.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 208.238, di cui 869 ricoverati in ospedale e 193 in terapia intensiva. Le regioni con l’incidenza dei contagi più alta sono Tirolo (2.576), Salisburgo (2.562) e Vienna (2.086). Il 72,13% della popolazione risulta protetta da un vaccino.
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
Dopo tanto tempo ho pubblicato un articolo “classico” sul blog, sul tema dello SPID. Per chi non lo conosce, si tratta di un sistema d’identificazione che permette l’accesso ai servizi online della pubblica amministrazione italiana.
Ottenerlo in Italia è semplice, basta recarsi a uno degli sportelli abilitati, mentre per chi risiede all’estero la procedura deve essere fatta online e richiedere qualche passaggio in più.
Poiché presto diventerà necessario per accedere ai servizi consolari online (il portale Fast-IT), è sicuramente importante iniziare ad informarsi su come ottenerlo. La guida completa la trovate sul blog.
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Lo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, è un sistema di identificazione che permette l’accesso ai servizi online della pubblica amministrazione italiana.
In Italia viene ormai richiesto dalla maggior parte dei portali, come per esempio quelli del comune, dell’anagrafe online, dell’INPS o dell’Agenzia delle Entrate.
Ma anche per noi italiani all’estero sarà presto obbligatorio avere lo SPID. Dal 1 gennaio 2023 sarà infatti possibile accedere ai servizi consolari online (il portale Fast-IT) solamente tramite queste credenziali.
In questa breve guida vediamo dunque insieme come ottenerlo facilmente per chi risiede all’estero.
Prima di iniziare la procedura per ottenere lo SPID è importante essere sicuri di avere tutti i documenti necessari per richiederlo. Questi sono:
Riguardo a quest’ultimo punto, se come molti italiani all’estero non avete più una tessera sanitaria valida, dovrete richiedere un certificato di attribuzione sostitutivo del codice fiscale.
Farlo è molto semplice, basta inviare una email alla cancelleria consolare (per l’Austria scrivendo a ci_ambvien@esteri.it) e si riceverà in poco tempo una risposta col documento allegato.
Lo SPID viene rilasciato dai cosiddetti Gestori di Identità Digitale accreditati dall’Agenzia per l’Italia Digitale.
Questi offrono varie possibilità di registrarsi: per chi vive in Italia si può fare la richiesta di persona presso gli uffici predisposti.
Dall’estero la procedura deve invece essere fatta online. Le modalità a disposizione per l’identificazione sono quindi due:
1) tramite webcam
E’ sicuramente il metodo più semplice, ma per il quale è però previsto un costo da tutti i gestori.
La procedura è abbastanza semplice: basterà registrarsi su uno dei provider che offrono il servizio, effettuare il pagamento e richiedere un appuntamento.
Con l’aiuto di un operatore o tramite sistemi automatizzati di riconoscimento sarà quindi possibile caricare i documenti richiesti e ottenere le credenziali SPID.
I provider che offrono il riconoscimento con la web è il seguente (in ordine di costo – aggiornato 01.2022)
2) tramite carta d’identità elettronica
È il metodo che ho utilizzato io: se siete già in possesso della nuova carta d’identità elettronica (quella in formato tessera), grazie al chip interno di identificazione la potete utilizzare per ottenere lo SPID. Rispetto al metodo con la webcam è inoltre completamente gratuita.
Per utilizzare questa modalità è necessario avere:
La procedura è poi molto simile alla precedente: bisognerà registrarsi su un provider che offre il servizio e seguire la procedura di caricamento dei documenti richiesti (vi consiglio di farlo con un computer) e di riconoscimento della carta d’identità.
I provider che offrono questa opzione sono:
Alla fine della procedura di identificazione otterrete un nome utente e una password, il vostro SPID. Vi ricordo che l’utilizzo dello SPID è in ogni caso gratuito per il cittadino.
Le credenziali ottenute si potranno usare in tutti i portali della pubblica amministrazione abilitati. Basterà premere su “Entra con SPID” e selezionare il gestore con cui avete fatto la registrazione.
Verranno quindi richieste le credenziali e in alcuni casi una conferma tramite un codice temporaneo di accesso fornito attraverso sms o con l’uso di un’app del gestore di identità digitale.
Avete già richiesto lo SPID all’estero? Lasciate la vostra esperienza o i vostri consigli nei commenti!
Dopo settimane di discussioni, tra politici, esperti (e anche persone comuni) a favore e contrari, è stata presentata ieri il testo definitivo della legge che introdurrà l’obbligo di vaccinazione contro il coronavirus in Austria.
L’Austria era stato uno dei primi paesi al mondo ad annunciare a novembre dello scorso anno questa misura, introdotta per contrastare il basso tasso di vaccinazione nel paese.
Anche se la variante omicron ha sicuramente modificato ancora le carte in tavolo, il governo guidato ora da Karl Nehammer ha deciso di continuare sulla stessa linea adottata, anche se la legge sarà molto più blanda rispetto agli annunci iniziali.
L’obbligo entrerà infatti in vigore come previsto dal 1 febbraio ma l’applicazione sarà decisamente permissiva. I controlli avverranno solo campione e chi non potrà dimostrare di essere vaccinato riceverà una multa di 600,- euro. Questa potrà essere annullata vaccinandosi nelle due settimane successive al controllo.
Verranno comunque inviati degli avvisi a coloro che risultano non (o parzialmente) vaccinati e solo in un secondo momento, se assolutamente necessario, verranno mandati inviti per un appuntamento di vaccinazioni che se non rispettati si trasformeranno in una multa.
Insomma un po’ una classica “soluzione austriaca”, una via di mezzo per accontentare tutti ma senza prendere una posizione netta, lasciando molto spazio alla responsabilità individuale.
Il governo ha forse in questo modo cercato di salvare la faccia ma senza esasperare i toni. In Austria un obbligo vaccinale è infatti un qualcosa di assolutamente nuovo, non essendo previsto per nessuna malattia.
Al momento il numero di persone vaccinate in Austria rimane comunque basso, il 71,6% della popolazione (in Italia è l’83,5%], se l’obbligo vaccinale farà aumentare questa quota rimane ancora incerto.
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
Siccome girando sui vari social network vedo sempre molte domande tra chi si affaccia per la prima volta nel mondo del lavoro austriaco, vi lascio qui qualche informazione di base, per voi o da girare ai vostri conoscenti:
Se volete saperne di più, tantissime informazioni sono sempre disponibili negli articoli pubblicati sul blog nel corso degli anni. E per qualunque domanda scrivetemi – basta rispondere a questa newsletter – come sempre cercherò di darvi qualche consiglio.
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Bentornati a parlare insieme di quello che succede a Vienna e in Austria. In questa prima newsletter diamo insieme un’occhiata a quello che ci aspetta nel 2022, partiamo!
Il nuovo anno è iniziato purtroppo in maniera non molto diversa dal vecchio, con la pandemia che non ci dà tregua. Gli effetti del lockdown di novembre sono stati velocemente spazzati via dalla variante Omicron, che ha fatto risalire i contagi a oltre 10.000 casi al giorno (tendenza in aumento).
Il governo austriaco ha comunque deciso, vista l’apparente meno pericolosità di questa variante, di non introdurre al momento nuove restrizioni. Al contrario, quelle che erano in vigore sono state ridotte, il che porterà quasi sicuramente a un aumento vertiginoso dei casi (oggi riaprono anche le scuole).
Il lockdown per “non vaccinati” è ancora in vigore, ma i controlli sono blandi. Il numero di vaccinati rimane basso (70,8% della popolazione) e anche il previsto obbligo vaccinale da febbraio non sta portando all’effetto sperato.
(Per rimanere aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata)
La pandemia ci accompagnerà quindi sicuramente per gran parte del 2022, ma non sarà probabilmente l’unico tema importante quest’anno in Austria.
Ci sarà infatti anche la politica, e in particolar modo l’elezione del Presidente della Repubblica. Diversamente dall’Italia, in Austria questo viene scelto direttamente dai cittadini, rendendo quindi spesso questa elezione una prova di forza tra i partiti più che la nomina di un candidato condiviso che rappresenti la nazione.
Quella del 2016 fu una delle più turbolente mai registrata (trovate i resoconti qui, qui e qui) e ci si augura che invece questa volta tutto fili lisco. Con una data del voto prevista per dopo l’estate, al momento tutti attendo comunque cosa deciderà di fare l’attuale presidente Van der Bellen. Se si ricandiderà troverà l’appoggio di molti partiti, e difficilmente si presenteranno veri e propri sfidanti.
Sempre per quanto riguarda la politica rimane sempre aperta l’incognita di nuove elezioni nazionali. Il partito popolare (ÖVP) dopo aver cambiato tre cancellieri rimane comunque ancora sotto forti pressioni, sia politiche che giudiziarie, che minano la tenuta del governo. I sondaggi lo mostrano in forte calo, con invece i socialdemocratici al momento al primo posto tra gli elettori.
Dal primo gennaio è entrata inoltre in vigore la legge che permette il suicidio assistito in Austria. Come avevo già scritto in passato è una norma che farà sicuramente ancora discutere, sono sicuro che ne sentiremo ancora parlare quest’anno.
E infine il 2022 porta anche brutte notizie per tutti i possessori di una automobile a Vienna. Dal primo marzo infatti in ogni distretto, anche in quelli più periferici, parcheggiare in strada diventerà a pagamento. Sarà sicuramente un forte disincentivo per chi usa la macchina, un nuovo passo per una città senza auto?
Tra le iniziative italiane che ci aspettano nel 2022 quella sicuramente più interessante è La Fonte, il primo festival italiano di letteratura italiana a Vienna. Nato da una idea di Silvia Chiarini e sviluppato insieme all’associazione Librai in Corso e all’Istituto Italiano di Cultura, si svolgerà dal 25 al 27 febbraio presso il teatro Odeon.
Sarà un fine settimana di grande letteratura, con 10 autori e autrici di tutti i generi, tra cui Carlo Lucarelli, Marco Balzano, Donatella Di Pietrantonio e Antonio Scurati. Ci sarà spazio anche per un incontro dedicato ai bambini con Annalisa Strada come anche per chi segue le graphic novel, con Giulia Spagnulo, in arte Zuzu.
Le presentazioni saranno bilingue e ci sarà naturalmente anche spazio per domande dal pubblico e firmacopie dei libri presentati.
La prevendita è già iniziata, potete acquistare i biglietti online o presso la libreria Hartliebs (Porzellangasse 36, 1090).
Tutti gli aggiornamenti li trovate sul sito web o sulla pagina Facebook.
Dopo le (meritate) vacanze natalizie stiamo rimettendo in moto le attività del Comites Austria. Al momento siamo impegnati con varie attività burocratiche per così partire al più presto – pandemia permettendo – con le prime iniziative. Per seguire tutti gli aggiornamenti potete utilizzare i seguenti canali:
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A lunedì prossimo!
Non so a voi, ma anche quest’anno mi sembra volato. Il 2021 iniziava con la speranza di lasciarci alle spalle il coronavirus grazie ai vaccini, e invece siamo di nuovo qui da capo, come se non fosse cambiato nulla.
In questa ultima newsletter dell’anno – poi andrà in vacanza per qualche settimana – cerchiamo di tirare un po’ le somme degli avvenimenti più importanti successi in Austria (e nella comunità italiana), e fare qualche previsione sull’anno prossimo.
Partiamo naturalmente dal coronavirus: se ricordate l’Austria aveva iniziato l’anno già in lockdown, e vi era rimasta praticamente fino a maggio. Ma dopo una estate senza restrizioni e una campagna vaccinale tra le peggiori in Europa, l’autunno è arrivato a battere cassa, e il paese si è ritrovato nel pieno di una nuova ondata e al conseguente lockdown da cui si sta appena uscendo.
La lezione però non sembra ancora imparata. Anche se è stato annunciato l’introduzione di un obbligo vaccinale da febbraio, il numero totale di persone vaccinate rimane comunque ancora basso (il 69,5% della popolazione), e la situazione quindi ancora incerta (senza contare la nuova variante omikron).
Ma per l’Austria questo è stato anche un anno molto travagliato dal punto di vista politico, come non si vedeva da decenni. Sebastian Kurz, che sembrava avrebbe dominato la politica del paese per ancora molto tempo a venire, è stato invece travolto da una serie d’intercettazioni e indagini che ne lo hanno prima portato a dimettersi da cancelliere e infine a ritirarsi completamente dalla scena politica, lasciando un vuoto che potrà avere molte conseguenze sull’Austria dei prossimi anni.
Anche se il nuovo cancelliere Karl Nehammer – dopo il breve intermezzo di Alexander Schallenberg – sembra aver riportato una certa stabilità nel governo, le indagini ancora in corso e la commissione parlamentare che si insedierà all’inizio dell’anno prossimo potrebbero portare ancora nuove sorprese.
Per quanto riguarda la comunità italiana in Austria la pandemia anche quest’anno ha bloccato la maggior parte delle attività, degli eventi e della possibilità di ritrovo.
L’avvenimento più importante è stato sicuramente l’elezione del nuovo Comites Austria, che come avevo già scritto la settimana scorsa mi auguro che possa essere lo strumento per ridare linfa vitale alla nostra comunità.
Ha destato anche grande clamore la vendita della chiesa dei Minoriti alla Fraternità sacerdotale San Pio X, conosciuta anche come comunità lefebvriana, anche se sembra che le attività italiane potranno comunque continuare.
Mi piace infine ricordare che quest’anno è caduto il decennale del progetto QuiVienna. Un progetto che mi ha dato – e continua a dare – tante soddisfazioni, opportunità e che ha accompagnato un bel pezzo della mia vita e di quella della comunità italiana a Vienna. Un grazie come sempre a voi che mi seguite.
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A presto!
Dopo quattro anni la comunità italiana in Austria torna finalmente ad avere un Comites. Come vi avevo già annunciato nella scorsa newsletter, il 4 dicembre si è concluso lo spoglio delle schede e la lista Com.It.At – di cui anche io faccio parte – è stata eletta.
Voglio quindi dedicare questa newsletter a qualche riflessione – a nome personale – sul ruolo che penso dovrebbe avere in Austria.
Partiamo da un dato, ovvero quello della partecipazione alle elezioni, che anche questa volta è stata purtroppo molto bassa. Sebbene ci siano oltre 30.000 italiani in Austria, solo 495 hanno chiesto di partecipare al voto. Di questi 342 plichi sono tornati in tempo alla cancelleria consolare, e 326 sono stati ritenuti voti validi. In totale la partecipazione è stata quindi di meno dell’1% degli aventi diritto di voto, un numero che deve fare riflettere.
Il sistema utilizzato – che richiedeva una richiesta attiva per votare – è stato sicuramente un grande ostacolo, ma l’esigua percentuale è anche un segnale che una delle priorità del Comites dovrà essere da subito un grande lavoro di comunicazione per farsi conoscere.
Forse qualcuno di voi si ricorda che cinque anni fa scrissi una lettera aperta al precedente Comites, con una serie di riflessioni su come ritenevo che questo organo debba svolgere il proprio ruolo a favore della comunità. Li ritengo naturalmente ancora validi, e ora questi consigli ricadranno su di noi, e sarà per me naturalmente importante rispettarli (e per voi controllare che vengano seguiti!).
Devo ammettere che per lungo tempo sono stato scettico che il Comites fosse la struttura giusta per la comunità italiana in Austria. Ma ora ritengo che potrebbe essere invece il mezzo ideale per ripartire dopo la pandemia. L’associazionismo italiano in Austria è da anni purtroppo molto carente, e il coronavirus ha dato il “colpo di grazia” alla maggior parte delle attività e delle possibilità d’incontro per la nostra comunità. Il Comites, grazie alle sue strutture e ai suoi fondi, potrebbe essere la scintilla che faccia ripartire tutto questo.
Lo dico subito: non sarà facile. Non essendoci stato un Comites attivo negli ultimi anni stiamo partendo praticamente da zero. C’è molta burocrazia, dovremo creare tutte le strutture, sia interne che esterne, e anche conoscerci bene tra di noi. L’inizio delle attività non sarà quindi immediato.
Allo stesso tempo siamo una bella squadra, motivata e con tantissime idee da proporre. Ci siamo presi questo impegno – che vi ricordo si svolge su base volontaria – e faremo sicuramente il meglio che possiamo per dare una mano alla comunità italiana in Austria.
Il primo – piccolo – progetto, ovvero il questionario per conoscere gli interessi e i bisogni della comunità italiana è già stato un successo, con quasi 200 partecipanti (qui trovate i risultati) e ci sta aiutando nella preparazione dei primi progetti.
Abbiate ancora un po’ di pazienza e inizieremo a farci conoscere al più presto, sia noi che le nostre iniziative.
Voglio concludere con un’ultima nota: per me il Comites è composto da 12 persone ma sarà sempre aperto a tutta la comunità italiana, non solo ai membri eletti. Come noi cercheremo di supportare voi, ci farebbe piacere che anche voi aiuterete questa iniziativa a crescere, con proposte, contributi nella realizzazione dei progetti o anche solo partecipando agli incontri.
Non posso che concludere infine con un ringraziamento a tutti coloro che ci hanno aiutato finora, chi ha sottoscritto alla lista, chi si è candidato con noi, chi ci ha votato, chi ha fatto da rappresentante e da scrutatore, e anche chi al consolato ha risposto alle nostre infinite domande.
I membri eletti del nuovo Comites Austria:
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A lunedì prossimo!
C’è chi ha subito annunciato la fine di un’era nella politica austriaca.
In realtà sono trascorsi meno di quattro anni da quando Sebastian Kurz è stato eletto per la prima volta alla guida del paese. Togliendo il governo tecnico di Brigitte Bierlein rimangono appena 39 mesi in cui il “ragazzo prodigio” ha guidato l’Austria.
Ma cosa rimane della sua gestione? L’Austria ha avuto un periodo d’instabilità che non si era mai visto prima. Cinque (presto sei) governi, una coalizione con la destra del partito della libertà (FPÖ) finita con lo scandalo Ibiza, e una con i verdi che sembrava destinata a finire ben presto. Il tutto contornato da una pandemia che è stata gestita più con gli slogan e la propaganda che con risposte concrete ai bisogni della popolazione.
L’uscita di scena di Kurz ha seguito lo stesso schema: perfettamente messa in scena, con un discorso incentrato sulla sua persona e su quanto ha fatto per l’Austria, ma senza un assunzione di responsabilità come uno statista dovrebbe saper fare.
Kurz ha abbandonato la nave (insieme a Gernot Blümel, ministro delle finanze e a lungo suo braccio destro), lasciando il governo e il suo partito alla deriva nel bel mezzo della pandemia.
Chi ha subito cercato – per rimanere nell’analogia – di prendere il timone è stata la vecchia guardia capitanata dai potenti governatori regionali e dalle associazioni corporative, che non si sono fatti scappare l’occasione per tornare al potere.
Il cancelliere Schallenberg ha subito dichiarato di volersi mettere da parte (da quello che si dice anche con qualche sospiro di sollievo) e al suo posto, come anche a capo del partito è stato designato Karl Nehammer, finora ministro degli Interni.
Il rimpasto delle nomine è poi proseguito velocemente, con le regioni che hanno posizionato i propri fedeli nelle stanze del potere.
In molti vedono in questo un ritorno al passato come se l’era Kurz non fosse mai esistita e almeno nei sondaggi questo già si è visto, con il partito popolare di nuovo intorno al 20 percento (con Kurz aveva ottenuto nelle elezioni politiche del 2019 il 37,5% dei voti).
Potrebbe sembrare una sconfitta, e invece è molto probabile che l’uscita di scena di Sebastian Kurz porti una maggiore stabilità nella politica austriaca, con meno slogan e decisioni prese solo in base ai sondaggi, e più politica “vecchia maniera”.
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A lunedì prossimo!
Ogni tanto il mondo gira il proprio sguardo verso la piccola Austria, e viene a vedere come vanno le cose. La settimana scorsa è stata uno di quei momenti: il ritorno del lockdown, l’obbligo vaccinale, temi che scaturiscono un certo interesse.
Molte trasmissioni televisive italiane hanno mandato in onda dei servizi (vi segnalo Piazza Pulita, Agorà e Propaganda Live), tutti più o meno approfonditi.
Mi voglio qui soffermare solo su un aspetto, ovvero la manifestazione “novax” di due settimane fa a cui è stato dato un grande risalto. È sicuramente vero che erano presenti circa 40.000 persone, non poche per l’Austria.
Ma come mi piace sempre ricordare lo stesso giorno c’è stata anche un’altra manifestazione contro il coronavirus. Quella delle 70.000 persone che si sono messe in fila senza cartelli o urla per farsi vaccinare.
E in ognuno dei giorni seguenti sono state più di 100.000 le persone che hanno preso la prima, seconda o terza dose. È questa secondo me la maggioranza che protesta nel modo giusto contro il virus e contro le restrizioni a si dovrebbe dare più risalto.
Anche se questi numeri possono dare l’impressione di un cambiamento di rotta nella campagna vaccinale, sul totale hanno comunque ancora un basso effetto. A oggi infatti solo il 66,7% della popolazione in Austria è protetta grazie ai vaccini (in Italia è il 76,9%).
E quello che in molti iniziano a chiedersi è: qual è il piano del governo austriaco?
Sebbene infatti la curva dei nuovi casi stia lentamente scendendo (ma rimane ancora sopra i 10.000 giornalieri), sembra di rivivere gli errori di un anno fa, con la politica che procede a occhi chiusi, nella speranza che la situazione si risolva da sola.
Invece di dare degli obiettivi precisi (una percentuale di vaccinati, un numero di terapie intensive, un indice regionale), il governo ripete come un mantra che il 12 dicembre si potrà riaprire, indipendentemente dalle condizioni in cui sarà il Paese.
Se questo avvererà sarà comunque con molte eccezioni: il cancelliere Schallenberg in una intervista ha fatto intendere che la riapertura potrebbe essere infatti limitata ai soli negozi. E anche l’assessore alla salute di Vienna ha annunciato che nella capitale dopo il lockdown in molti ambiti verrà introdotto il 2G+, ovvero la necessità di mostrare un test negativo anche per i vaccinati e guariti.
Rimangono comunque solo annunci e un piano ufficiale ancora manca. Il rischio è che – esattamente come un anno fa – si riapra tutto per permettere gli acquisti di Natale e poi dal 26 dicembre si torni nuovamente in lockdown. Spero di sbagliarmi.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 148.603 (803 in meno rispetto a una settimana fa), di cui 3.217 (+294) ricoverati in ospedale e 620 (+93) in terapia intensiva. La regione con l’incidenza dei contagi più alta è Salisburgo (1.404), seguita da Carinzia (1.397), Alta Austria (1.351), Vorarlberg (1.281), Tirolo (1.228), Bassa Austria (900), Stiria (806), Burgenland (611) e Vienna (480). Il 66,7% della popolazione ha ricevuto almeno una prima dose di vaccino.