Mi chiedo sempre se sia solo una mia impressione, ma Vienna di domenica è come se si trasformasse. La città è sonnolenta e si vedono poche persone in giro. Tutti i negozi sono chiusi, e anche molti ristoranti.
Ma c’è una cosa che invece compare solo in questo giorno (e nei festivi) in tutti angoli delle strade: delle borse di plastica, appese ai semafori e ai cartelli stradali, con grandi scritte e un piccolo box per raccogliere le monete.
Si tratta dei Sonntagsstandl, o “sacchetti portagiornali”, dove si trovano per l’appunto le edizioni domenicali dei maggiori quotidiani.
È un sistema – credo unico al mondo – che nacque nel 1962, quando la federazione dei giornalai austriaci decise di applicare la chiusura domenicale a tutti i suoi negozi.
Kurt Falk, uno dei fondatori del Kronen Zeitung (il più importante quotidiano austriaco), ebbe quindi l’idea di appendere l’edizione domenicale negli angoli più trafficati di ogni città, chiedendo agli acquirenti di lasciare il prezzo del quotidiano di propria spontanea volontà in piccole cassette portamonete.
L’idea venne inizialmente derisa dagli altri editori ma ebbe invece un grandissimo successo, contribuendo anche alla crescita dei lettori del quotidiano, che cominciarono ad acquistarlo durante la settimana.
Presto questa modalità venne quindi copiata da molti altri quotidiani, e oggi si possono trovare appese ai pali di tutte le città le edizioni domenicali di Österreich, Kurier, Kleine Zeitung, Die Presse e Tiroler Tageszeitung.
Le edizioni domenicali, essendo il giorno in cui le persone hanno più tempo per dedicarsi alla lettura, sono sempre state per molto quotidiani quelle con il maggior numero di lettori, e anche grazie a questo sistema vanno letteralmente “a ruba”.
Come potete immaginare infatti, la fiducia che viene concessa agli acquirenti non sempre viene ripagata (anche qui letteralmente), al contrario. Sono moltissimi quelli che prendono una copia senza lasciare il prezzo indicato.
Ma il sistema funziona lo stesso. Innanzitutto come scritto per fidelizzare i lettori. Inoltre queste edizioni hanno molta più pubblicità rispetto a quelle settimanali, grazie a cui viene appianato il mancato guadagno.
Anche dopo tutti questi anni il Kronen Zeitung rimane il re dei quotidiani austriaci, con una tiratura di oltre 1 milione di copie (il doppio rispetto a quella settimanale).
Se volete saperne di più su quotidiani e riviste austriaci vi rimando anche a questo articolo pubblicato sul blog.
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La settimana scorsa è trapelata una notizia assolutamente inaspettata e che ha lasciato molti a bocca aperta: la chiesa dei Minoriti, per secoli centro della comunità cattolica italiana di Vienna, non appartiene più alla Congregazione Italiana.
Come riportato dal settimanale Die Furche, a giugno è stata infatti donata alla Fraternità sacerdotale San Pio X, conosciuta anche come comunità lefebvriana, un movimento ultra tradizionalista in conflitto con la Chiesa cattolica.
Quella dei Minoriti, il cui nome ufficiale è Chiesa Nazionale Italiana Madonna della Neve, è una delle chiese più antiche e conosciute di Vienna, situata nel primo distretto. Costruita nel 1276, venne inizialmente gestita dall’Ordine francescano dei frati minori, da cui ha preso il nome. Nel 1783 l’imperatore Giuseppe II. ordinò il trasferimento dell’Ordine nel monastero situato nell’8. distretto.
La chiesa, rimasta vuota, venne quindi donata alla Congregazione Italiana, una associazione cattolica privata attiva dal 1625, di cui da allora ne è stata proprietaria. Questa ha continuato a gestirla in autonomia fino a ora, organizzando anche la nomina di un membro del clero come responsabile per la guida pastorale.
Che ci fossero grandi cambiamenti in atto all’interno della Congregazione si era già visto due anni fa. Nel 2019, dopo la costituzione della Missione Cattolica Italiana presso la parrocchia Alservorstadt nell’8. distretto, non venne infatti prolungata la Convenzione con l’Ordine dei Frati Minori. L’Arcidiocesi di Vienna scelse di affidare alla Missione la cura pastorale degli italiani a Vienna, che si spostarono lì in gran numero.
Questo “scisma” era già stato uno shock per molti italiani residenti a Vienna, e ora la notizia della cessione della chiesa è arrivata del tutto inaspettata. A quanto risulta infatti nemmeno l’arcidiocesi di Vienna ne era al corrente.
Quello che stupisce in particolare è la scelta della comunità a cui è stata donata la chiesa dei Minoriti. La Fraternità sacerdotale San Pio X, fondata nel 1970 da Marcel Lefebvre, è infatti un movimento che non fa ufficialmente parte della Chiesa cattolica. I lefebrviani non riconoscono le decisioni del Concilio Vaticano II e celebrano la messa esclusivamente in latino (rito tridentino). Si oppongono inoltre all’ecumenismo e al dialogo interreligioso e molti membri sono stati criticati per la vicinanza a gruppi politici dell’estrema destra e per la diffusione d’idee antisemita.
Da quanto risulta la proposta di cessione della chiesa ai lefebrviani è stata fatta dalla Congregazione a fine 2020. Quest’anno, dopo l’approvazione da parte del consiglio direttivo, il passaggio di proprietà è stato ufficializzato il 25 maggio e a fine giugno si è svolta l’iscrizione nel catasto di Vienna. In base all’accordo la fraternità sacerdotale prenderà possesso completo della chiesa dei Minoriti a partire dal 3 giugno 2022.
Da parte della Congregazione Italiana non è stato attualmente diffuso alcun comunicato relativo a questa situazione, e non si sa quindi se le attività che svolgono presso la chiesa (messa in italiano, scuola per bambini, coro, ecc.) proseguiranno anche dopo il 2022. La Congregazione Italiana ha pubblicato un comunicato ufficiale in cui conferma che le sue attività per la comunità italiana proseguiranno invariate.
Dopo oltre 230 anni finisce così un pezzo di storia della comunità italiana. Una scelta inaspettata e che avrà sicuramente conseguenze sia per la nostra comunità che per quella cattolica di Vienna.
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Ciao a tutti e ben ritrovati!
Alcuni di voi mi hanno scritto preoccupati non avendo ricevuto la newsletter nelle scorse settimane, forse non avevo scritto abbastanza in evidenza che mi sarei preso un periodo di pausa, scusatemi (mi ha fatto comunque piacere che ci teniate così tanto!).
Ho utilizzato questo tempo per raccogliere nuovi argomenti per le prossime newsletter, ma anche per fare un po’ di vacanza. A fine agosto sono stato in Stiria con la mia famiglia. Conosciuta come il cuore verde dell’Austria è una regione dove si respira ancora l’atmosfera di un tempo. Tanta natura, piccole città, paesaggi da cartolina. Mi ha fatto riflettere come spesso “noi viennesi” pensiamo che la nostra città sia il luogo dove tutto accade in Austria, mentre ci sono tante altre realtà, molto diverse tra loro, da non dimenticare. La Stiria è una regione che merita di essere esplorata per conoscere l’Austria da un altro punto di vista, tornerò sicuramente a parlarvene.
Ma torniamo a noi: in due settimane pensavo che non sarebbe successo molto in Austria, e invece ci sono vari aggiornamenti e segnalazioni da non perdere, partiamo.
Innanzitutto la situazione coronavirus, che purtroppo non si sta mettendo bene. In molti (anche io) pensavano che finalmente grazie ai vaccini saremmo potuto tornare a una vera e propria normalità. Purtroppo anche in Austria le vaccinazioni sono stagnanti, con circa il 60% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose. Il risultato è continuo un aumento dei casi giornalieri, ora arrivati a 1.500 in media, e si sta parlando apertamente di una quarta ondata. La maggior parte dei nuovi contagiati, come anche dei ricoverati in ospedale sono persone che non si sono vaccinate o sui cui i vaccini per motivi di salute non hanno avuto l’effetto sperato. Al momento non ci sono state ancora decisioni da parte del governo se la situazione dovesse continuare a peggiorare. Oggi riapriranno le scuole e si teme che fra due settimana ci sarà una vera e propria esplosione dei contagi.
Passando a qualche aggiornamento più strettamente politico, Sebastian Kurz è stato rieletto alla guida del partito popolare (ÖVP). La rielezione era decisamente scontata, ma ha fatto comunque alzare qualche sopracciglio la sua vittoria con ben il 99,4% (!) dei voti. Kurz ha sicuramente riportato il partito a successi che fino a pochi anni fa sembravano impossibili, ma ha stupito che gli scandali e le indagini degli ultimi mesi non abbiano scalfito per nulla il suo seguito. I sondaggi mostrano il partito popolare ancora saldo al primo posto a livello nazionale, e finché Kurz porterà i voti al partito, nessuno metterà in dubbio la sua leadership.
La settimana scorsa si è anche concluso il processo a Heinz-Christian Strache, ex-leader del partito della libertà (FPÖ) ed ex-vicecancelliere sotto il primo governo Kurz. Come sicuramente ricorderete si era dimesso dopo lo scandalo Ibiza, ma quello che è stato detto nelle registrazioni sta avendo ora le prime conseguenze giudiziarie. Il processo si è concluso in primo grado con una condanna a 15 mesi di reclusione per corruzione. Se verrà confermata in appello, sarà quasi sicuramente la fine della carriera politica di Strache.
Arriviamo ora a qualche aggiornamento sulla comunità italiana in Austria. Sono state pubblicate nei giorni scorsi le modalità per la presentazione delle liste dei candidati alle elezioni Comites (che vi ricordo si svolgeranno il 3 dicembre), i punti principali validi per l’Austria:
Tutti i dettagli li trovate sul sito web dell’Ambasciata. Vi ricordo che anche per votare è necessario iscriversi nell’elenco degli elettori entro il 3 novembre 2021 (qui trovate come fare)
Dopo la pausa estiva ricominciano anche gli appuntamenti del Club di Lettura, finalmente in presenza presso l’Istituto Italiano di Cultura di Vienna (sarà necessario presentare una certificazione 3G per accedere). Il prossimo appuntamento si svolgerà martedì 14 settembre, con il tema “I libri della mia estate”. Invece di discutere di un solo testo ogni partecipante avrà a disposizione 5 minuti per parlare di uno (o più) libri che ha letto in questi mesi e ritiene che siano meritevoli da condividere con gli altri partecipanti. La partecipazione è aperta a tutti, maggiori dettagli li trovate nella newsletter.
Infine qualche segnalazione di eventi “italiani” a Vienna:
La settimana scorsa ho ricevuto (finalmente) la seconda dose di vaccino per il coronavirus. Colgo quindi l’occasione per fare il punto sullo stato delle vaccinazioni in Austria.
Attualmente il 55,8% della popolazione risulta completamente vaccinata. Mentre però la quota sopra i 65 anni è già oltre l’80%, tra i più giovani questa cala drasticamente, è al momento intorno al 50%, e avanza molto lentamente.
La causa non è sicuramente nella scarsità di vaccini. Sono tutti disponibili e in abbondanza, e da alcune settimane è addirittura possibile scegliere quale ricevere. L’attesa è inoltre praticamente nulla. A Vienna per esempio i si può recare in qualunque momento presso l’Austria Center, senza appuntamento o la necessità di avere la e-card (la tessera sanitaria austriaca).
E non bisogna pensare che siano tutti “no vax” in Austria. Certo anche qui ci sono, ma in base ad alcuni sondaggi rappresentano all’incirca il 10% della popolazione (un numero comunque alto, ma ancora sopportabile).
Si sta dunque cercando di allargare in tutti i modi le campagne vaccinali, rendendo in particolare l’accesso il più semplice possibile. A Vienna per esempio le possibilità sono molteplici: oltre ai centri predisposti e dai medici di base è possibile vaccinarsi anche in alcuni centri commerciali, tramite autobus adattati e posizionati in luoghi di passaggio, su delle imbarcazioni al Danubio e dalla settimana scorsa anche presso il duomo di Santo Stefano.
L’obiettivo è raggiungere il maggior numero di persone entro metà settembre. L’inizio della stagione fredda che favorisce gli incontri al chiuso come anche la riapertura delle scuole destano infatti molta preoccupazione.
Già ora la curva dei contagi sta risalendo: la settimana scorsa si è nuovamente superata la cifra di 1.000 nuovi casi giornalieri, che non si registrava da maggio. La maggior parte di questi sono persone non ancora vaccinate, come anche la quasi totalità delle persone ricoverate negli ospedali.
Al momento vige in tutta l’Austria per l’ingresso nei ristoranti, bari e nella maggior parte delle attività al chiuso la “regola 3-G”. Questa prevede che l’accesso sia permesso solo a chi è testato (Getestet), vaccinato (Geimpft) o guarito (Genesen).
Ma anche qui si stanno valutando delle modalità per aumentare la pressione su chi ancora non si è fatto vaccinare. Per esempio da ieri è necessario avere entrambe le vaccinazioni, e non solo una come in precedenza, per essere considerati in regola. L’assessore alla salute di Vienna Peter Hacker ha però anche detto che si sta valutando la possibilità di dare maggiori permessi ai soli vaccinati se la situazione non dovesse migliorare, con l’obbiettivo di evitare un nuovo lockdown.
Un obbligo vaccinale per tutta la popolazione è stato in ogni caso escluso dal governo (in Austria non esiste nemmeno l’obbligo per i vaccini “classici”), anche se per alcune categorie di lavoratori, come nelle case di riposo o negli asili, è praticamente già presente.
Molti speravano finalmente il coronavirus sarebbe stato solo un ricordo. E lo sarà quando tutti ci saremo vaccinati. Farlo è semplice e sicuro. Cosa state aspettando?
Attualmente ci sono 8.559 casi di coronavirus in Austria. I ricoverati in ospedale sono 255, di cui 55 in terapia intensiva. I decessi sono 10.756.
In pochi forse lo sanno, ma domani si svolgerà in Austria l’elezione più importante dell’anno. Chiamati alle urne sono solo 35 persone, ma avranno un ruolo decisivo per le sorti del paese. Dovranno infatti scegliere chi fino al 2027 guiderà la ORF, la radiotelevisione nazionale austriaca.
Stiamo parlando di una azienda con più di 3.000 dipendenti e un fatturato di oltre un miliardo di euro. Ma soprattutto del luogo da dove passa la maggior parte dell’informazione ai cittadini.
I canali della ORF sono infatti da sempre i più seguiti in tutto il Paese. Quelli televisivi hanno uno share medio giornaliero di oltre il 30%, con oltre il 50% per quanto riguarda i notiziari. Le emittenti radiofoniche raggiungono addirittura il 70%. E anche il portale orf.at è il terzo più visitato dopo Google e Facebook.
La scelta del direttore generale – e a seguire di tutti i maggiori dirigenti che vengono posizionati insieme a lui – è quindi una decisione strategica per il futuro dell’Austria. Ma è anche soprattutto una prova di forza per i partiti, per misurare chi al momento comanda il paese.
Lo Stiftungsrat, il consiglio dei 35 che deciderà l’elezione, è infatti una emanazione diretta della politica. I membri vengono selezionati in maniera proporzionale dal governo, dalle regioni e dai singoli partiti. Solo una piccola minoranza viene scelta dall’azienda stessa e dai suoi dipendenti.
L’attuale direttore generale, Alexander Wrabetz, è in carica dal 2007. Grazie alle sue abili capacità di mediatore è riuscito a farsi rieleggere per ben tre volte. Vicino al partito socialdemocratico (SPÖ), è passato attraverso ben otto cambi di governo e sebbene anche questa volta si sia ricandidato, le sue chance sembrano poche.
La maggioranza dei membri del consiglio risulta infatti essere attualmente vicina al partito popolare (ÖVP) del cancelliere Sebastian Kurz. E il suo candidato si chiama Roland Weißmann.
Weißmann lavora in ORF da oltre 25 anni e ha seguito tutta la classica carriera interna. Da redattore capo, fino a responsabile di trasmissioni, per poi passare a posizioni manageriali. Attualmente è vicedirettore finanziario.
A meno di colpi di scena, il prossimo direttore generale dovrebbe essere lui. Ma anche se perderà l’elezione, Wrabetz rimarrà in carica fino al 31 dicembre, e potrà ancora prendere delle decisioni importanti per dare un’ultima impronta alla ORF del futuro.
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Mi avete scritto in molti la settimana scorsa, incuriositi dal documentario su Kurt Waldheim. E’ una storia che ritengo sia importante per capire veramente l’Austria (e gli austriaci). Quella elezione, e le sue conseguenze, sono state un punto di svolta per il Paese. Hanno portato alla luce molte contraddizioni che ancora oggi sono presenti. Ma gli hanno anche permesso di elaborare finalmente il suo passato, guardando al futuro.
Mi avete anche chiesto di consigliare altri documentari sull’Austria o Vienna, e lo faccio volentieri in questa newsletter.
Partiamo da quello che definirei il libro di testo della storia dell’Austria, ovvero i film Österreich I & II. Si tratta di una serie di documentari prodotti dal giornalista Hugo Portisch e dal produttore Sepp Riff sulla storia della prima e seconda repubblica austriaca. Utilizzando filmati d’epoca, ritrovati negli archivi di stato, e con l’aiuto di studiosi e testimoni dell’epoca, hanno ricostruito la storia dell’Austria dal 1918 fino al 1995. Alcuni video si trovano su Youtube, e spesso vengono anche ritrasmessi dai canali ORF. Per avere la serie completa l’unica possibilità è al momento acquistare i DVD.
Una seconda serie di documentari, questa volta concentrati invece su Vienna è quella chiamata Mein Bezirk. Sono 23 film, di circa 60 minuti l’uno, dedicati ai singoli quartieri della capitale. In ogni puntata artisti e personaggi famosi raccontano i propri ricordi d’infanzia e di come la città si è evoluta, frammentato da filmati d’epoca. La maggior parte delle puntate sono disponibili nella TvThek della televisione pubblica austriaca (all’interno trovate anche un infinito archivio di altri documentari e programmi).
Uno dei documentari austriaci più apprezzati degli ultimi anni è stato Die Dohnal, sulla figura di Johanna Dohnal, prima ministro per le donne in Austria e una delle personalità più importanti del movimento per le pari opportunità durante gli anni ’80 e ’90. Questo film fa un ritratto della sua persona, dei suoi successi ma anche delle difficoltà di essere una donna in politica. Uscito nel 2019, viene ancora oggi riproposto spesso nei cinema, potete seguire gli eventi sul sito web ufficiale.
Dello stesso anno è un altro documentario legato alla politica, anche se a quella degli ultimi anni. Si tratta di Inland, un film che segue la vita di alcuni sostenitori austriaci del partito di destra FPÖ. In maniera molto obiettiva e senza giudizio, la regista Ulli Gladik cerca di analizzare e capire le motivazioni che portano le persone a votare per partiti estremisti. Anche qui potete seguire le prossime proiezioni tramite il sito web ufficiale.
Per conoscere fino in fondo l’Austria non può mancare in questa lista un documentario su Falco, uno dei musicisti più interessanti della musica contemporanea austriaca (e in parte anche mondiale). In Die zwei Leben des Falco, (disponile su Youtube) il canale tedesco ZDF ricostruire la sua vita, il suo successo e la sua caduta, in un film con interviste alle persone che lo hanno conosciuto.
Concludo infine questa lista con un bel documentario sul cimitero centrale di Vienna. Non si tratta di un film triste, al contrario. La cultura viennese ha da sempre un legame particolare con la morte, e in Es lebe den Zentralfriedhof (disponibile su Youtube) viene fatto un viaggio tra musica e poesia sulle tombe di alcuni dei personaggi più conosciuti dell’Austria. Secondo me da non perdere.
La settimana scorsa sono finalmente riuscito a vedere “Waldheims Walzer”, un documentario del 2018 sulla figura di Kurt Waldheim (regia di Ruth Beckermann).
Per le nuove generazioni questo nome forse non vi dirà molto, ma è stato segretario generale delle Nazioni Unite dal 1972 al 1981 e in seguito presidente dell’Austria dal 1986 al 1992.
Il documentario racconta la campagna elettorale del 1986, durante la quale venne alla luce che Waldheim aveva nascosto vari aspetti della sua biografia prima e durante la seconda guerra mondiale.
Furono infatti trovati documenti che attestavano la sua appartenenza alle SA – i reparti d’assalto del partito nazista – e che era rimasto in servizio attivo fino al 1945 nei Balcani, dove furono compiute molte rappresaglie contro i partigiani (e non fino al 1942 come lui aveva sempre affermato).
Waldheim si difese con una serie di contraddizioni affermando di non aver mai partecipato ad attività di combattimento e di non essersi mai accorto delle ritorsioni.
In Austria il “caso Waldheim” aprì per la prima volta un ampio dibattito sul ruolo del paese durante il nazismo. Fino ad allora una intera generazione era infatti riuscita a fingere a se stessa di essere stata solo la “prima vittima” dei nazisti con l’annessione del 1938, e che durante la guerra compirono solo “il proprio dovere”.
Da li iniziò una elaborazione pubblica della complicità austriaca nel nazionalsocialismo, con una maggiore presa di responsabilità. Vennero istituite varie commissioni d’inchiesta e iniziò un lavoro di restituzione e risarcimento alle vittime, che dura ancora oggi.
Waldheim vinse le elezioni con il 53,9% dei voti. Le polemiche e le mobilitazioni contro di lui adombrarono però il suo mandato. Gli fu infatti vietato l’ingresso negli Stati Uniti e anche in molti altri paesi non fu mai il benvenuto come Capo di Stato.
Come ha scritto la regista Beckermann, probabilmente Waldheim non è stato né un sostenitore del nazismo, né un criminale di guerra, ma solamente un burocrate che ha eseguito gli ordini che gli venivano dati senza farsi domande. La banalità del male che si ripete.
(Waldheims Walzer non risulta essere al momento disponibile sulle piattaforme di streaming, ma su Youtube sono presenti il trailer e alcuni estratti).
«Sono qui in questo caldo sulla strada del sole / i piedi mi fanno male nei sandali nuovi / la mia ragazza è scappata con un italiano / e mi hanno anche rubato tutti i soldi» cantava così già 40 anni fa Rainhard Fendrich, cantautore viennese, le (dis)avventure di un austriaco in Italia per le vacanze estive. Il testo di “Strada del sole” è naturalmente ironico e ancora oggi un classico conosciutissimo in Austria.
Anche io mi trovo questa settimana in Italia, proprio sulla costa adriatica – “Die Adria” come si dice in tedesco – e quale occasione migliore per scrivere del rapporto che gli austriaci hanno con il nostro Paese?
Partiamo proprio dal mare: per molti austriaci l’Italia è infatti sinonimo di vacanze. Fino all’arrivo dei voli lowcost le ferie estive significava andare sull’adriatico – in particolare la zona tra Grado e Venezia. Jesolo, Bibione e Caorle sono per molti austriaci ancora il primo luogo dove hanno visto il mare (ma anche la pizza e gli spaghetti).
Anche se oggigiorno le destinazioni si sono moltiplicate, in base alle statistiche l’Italia è ancora la prima scelta dove gli austriaci trascorrono le vacanze all’estero.
Forse è anche a causa di questi “ricordi d’infanzia” che tanti austriaci amano ancora l’Italia (e gli italiani). Ogni volta che mi presento la mia provenienza provoca sempre un grande interesse. Vogliono sapere di preciso da dove vengo, e si mettono spesso a raccontare dei posti che hanno visitato, aggiungendo anche qualche parola di italiano che conoscono. Certo molti austriaci hanno una visione un po’ stereotipata dell’Italia e potrebbero fare qualche commento “superficiale”, ma per tutti rimane uno dei Paesi più belli al mondo.
L’amore per l’Italia lo si vede anche in quanti sono interessati alla nostra lingua. In base alle statistiche delle Volkshochschule – le “università popolari” di Vienna – l’italiano è infatti la seconda lingua più studiata dagli adulti dopo l’inglese. Anche nel 2020, quando a causa del coronavirus molti corsi sono stati annullati o offerti solo online, oltre 15.000 persone in tutta l’Austria hanno comunque studiato l’italiano tramite questi corsi (e sicuramente molti di più tramite altri istituti di cui non ho dati a disposizione).
Ovviamente oltre alla lingua gli austriaci amano anche la nostra cucina, e lo si vede bene dal successo che hanno ristoranti, pizzerie e gelaterie presenti a Vienna. Nella mappa che gestisco si trovano attualmente più di 100 locali (e sicuramente ne ho dimenticato qualcuno).
Infine un aspetto che forse si nota meno ma che è da non sottovalutare sono i legami commerciali tra i nostri due Paesi. Con un volume commerciale di poco meno di 18 miliardi di euro (dati 2020), l’Italia è infatti il secondo partner economico dell’Austria dopo la Germania. Gli scambi più importanti sono soprattutto legati a prodotti industriali, ma naturalmente una porzione rilevante è anche realizzata da prodotti alimentari e dalle produzioni “made in Italy”.
Insomma gli austriaci amano l’Italia! Qualcuno forse vi chiamerà “Itaker”, un termine un po’ canzonatorio che ha origine come abbreviazione di “italienischer Kamerad” (camerata italiano). Non offendetevi, non lo fanno mai con cattiveria. Anzi la prossima volta che sarete in Austria scambiate qualche parola in italiano con un austriaco, lo renderete sicuramente felice!
Le segnalazioni della settimana
A maggio 2019 Heinz-Christian Strache era all’apice della sua carriera. Vice-cancelliere e ministro, era riuscito dopo quindici anni a riportare il Partito della Libertà (in tedesco Freiheitliche Partei Österreichs, FPÖ) nelle stanze del potere austriaco. Nessuno poteva immaginare che poche settimane dopo un video ripreso di nascosto a Ibiza ne avrebbe provocato una fine rovinosa.
Fin da giovane vicino alle posizioni della destra nazionalista, inizia la sua carriera politica a 21 anni, quando viene eletto consigliere distrettuale. Prima dei 30 anni siede già nel parlamento della capitale e nel 2004 è segretario della sezione di Vienna.
Ma è il 2005 che segnerà la sua carriera. In quell’anno Jörg Haider e tutta l’ala più moderata dell’FPÖ, dopo una difficile esperienza di governo, si staccò per fondare l’Alleanza per il Futuro dell’Austria (in tedesco Bündnis Zukunft Österreich, BZÖ). Fu l’occasione per Strache di prenderne il timone e spostare il partito su posizioni nettamente di destra. Sotto la sua guida l’FPÖ divenne un partito di protesta, anti-EU, contrario all’immigrazione e all’Islam. Campagne populiste e controverse segnarono fin dall’inizio questo nuovo corso provocando da un lato ampie critiche da tutte le forze più moderate, ma dall’altra colpendo un nervo scoperto della popolazione e facendo quindi aumentare i suoi consensi a ogni elezione.
Il periodo di maggior successo iniziò nel 2015. Strache riuscì con un’abile campagna a trasformare l’elezione del sindaco di Vienna in un testa a testa tra lui e il candidato socialdemocratico Michael Häupl. Sebbene non riusci a vincere, il suo partito ottenne più del 30% dei voti. L’anno seguente Norbert Hofer – uno dei suoi più stretti collaboratori – arrivò al ballottaggio per l’elezione del Presidente della Repubblica insieme al candidato dei Verdi Alexander Van der Bellen, e perse per poche centinaia di migliaia di voti.
L’ascesa dell’FPÖ sembrava inarrestabile: i sondaggi lo vedevano come primo partito a livello nazionale e molti si aspettavano un enorme successo alle successive elezioni. Ma la politica può cambiare da un giorno all’altro e infatti il panorama austriaco fu completamente ribaltato dall’ascesa di Sebastian Kurz. Il futuro – e attuale – cancelliere dopo aver preso le redini del partito popolare (ÖVP) ne spostò infatti le posizioni decisamente a destra, inglobando molte delle idee (e dei voti) proprio del partito di Strache. Nelle elezioni del 2017 il Partito della Libertà ottenne comunque il migliore risultato nazionale sotto la guida di Strache (25,9%), che portò ad una coalizione con il Kurz. Questa sembrava aprire una nuova era nella politica austriaca, spostando il Paese decisamente verso destra.
Ma – nuovamente – tutto può cambiare in un giorno. E quel giorno fu il 17 maggio 2019, con la pubblicazione del famoso video di Ibiza. Registrato con una telecamera nascosta due anni prima, mostrava Strache discutere di finanziamenti illegali in cambio di appalti pubblici con una (finta) nipote di un oligarca russo. Lo scandalo portò – oltre alla caduta del governo – alle sue dimissioni e alla sua espulsione dal Partito della Libertà. Nel 2020 ha provato comunque a ricandidarsi a Vienna con un suo partito (Team HC), non riuscendo però a venire eletto.
Anche se la sua carriera politica sembra finita (la settimana scorsa si è aperto un processo che lo vede indagato per corruzione), l’eredità di Strache sarà ancora presente a lungo. Mentre il suo (ex)partito è tornato a posizioni di protesta e anti-sistema, il “nuovo” partito popolare di Sebastian Kurz ha raccolto molte delle idee e della retorica del “vecchio” FPÖ. Il suo successo elettorale mostra che l’Austria sta ancora a destra.
Qualche altra segnalazione della settimana:
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Paolo
La settimana scorsa un brutto fatto di cronaca ha creato un’ampia discussione in Austria: sabato 26 giugno è stato ritrovato in un prato del quartiere Donaustadt di Vienna il corpo senza vita di una ragazza di 13 anni. Le indagini hanno portato all’arresto di due afghani, di 16 e 18 anni, richiedenti asilo. Sono accusati di aver narcotizzato e abusato della vittima – che sembra conoscessero – causandone la morte.
Il fatto di per se tragico ha innescato un lungo dibattito sull’immigrazione, l’integrazione dei rifugiati e – ancora una volta – sul femminicidio.
Da quello che si è appreso dai media il più anziano dei sospettati vive in Austria dal 2015 (l’altro invece è giunto pochi mesi fa). Risulta essere già stato condannato più volte e la sua richiesta di asilo era stata bocciata nel 2018.
In molti si sono subito chiesti perché il rimpatrio non fosse stato eseguito (l’Austria non considera infatti l’Afghanistan come un territorio a rischio – anche se qui ci sarebbe forse da discutere). Come vi avevo già scritto in passato il ministero dell’interno non sembra farsi tanti scrupoli a rimpatriare intere famiglie, anche se integrate, con un lavoro e con figli piccoli (come nel caso di Tina), mentre invece in questo qui sembra aver lasciato correre.
Ma secondo me la critica maggiore deve essere fatta al processo d’integrazione, che sembra essere fallito miseramente. Come mai non è stato possibile “convertire” un ragazzo, giunto in Austria più di 6 anni fa ai valori della nostra società? Perché non è stato possibile fare un percorso di cambiamento dopo le prime condanne, oppure effettuare maggiori controlli, mentre invece sembra sia stato lasciato a continuare in attività criminali?
Il dibattito si è anche concentrato sulla comunità afghana presente in Austria: le statistiche mostrano infatti che questa è particolarmente problematica. Il tasso di criminalità è quattro volte superiore alla media nazionale, nove volte per i reati di droga e addirittura dodici volte per i reati sessuali. Certo non si può fare di tutta l’erba un fascio. Conosco personalmente persone di origine afghana che sono perfettamente integrate. Ma anche qui sembra che lo Stato non stia facendo abbastanza per migliorare la situazione.
Qui diventa ancora necessaria anche una riflessione politica. I governi Kurz (sia quello attuale che precedente) hanno sempre posto un forte accento contro l’immigrazione, sul dire che gli stranieri “portano la criminalità in Austria” e che tutti coloro che non si integrano sarebbero stati subito perseguiti e rimpatriati. Allo stato dei fatti solo parole al vento. Dopo questo fatto tutti si sono naturalmente affrettati a dire che si userà la mano dura, che le cose devono cambiare, ma nessuno sembra essere stato capace di fare autocritica, come sempre la colpa è “degli altri”.
E arriviamo all’ultimo punto di cui si è parlato troppo poco in questa storia, ovvero la morte di un’altra donna, un problema che in Austria ancora non viene preso sul serio a sufficienza (ne avevo già scritto qui). Il dibattito si è infatti quasi esclusivamente concentrato sulla provenienza dei sospettati, ma anche questa volta siamo di fronte a uomini che uccidono una donna solo perché non vuole accettare la loro volontà.
Questa storia ha tante domande e poche risposte. Penso rimanga solo da chiedersi chi ha fallito e se la morte di una ragazza di 13 anni si poteva evitare.
In molti hanno risposto alla scorsa newsletter raccontandomi la propria esperienza di viaggio (e i controlli) tra Italia e Austria. Da come sembra i controlli aerei (almeno verso l’Austria) sono quelli eseguiti in maniera più stringente, mentre su strada o in treno vengono effettuati solamente a campione.
Da parte mia posso confermarlo con il viaggio di ritorno: già al check-in a Venezia è stato chiesto a tutti i passeggeri di mostrare un certificato (di vaccinazione, guarigione o test negativo) che permettesse l’ingresso in Austria. All’arrivo poi era anche presente una postazione di controllo dove dei soldati dell’esercito hanno controllato nuovamente la validità dei certificati.
Sebbene la situazione in tutta l’Austria sia sempre molto stabile – con il numero di casi in continua diminuzione – il governo continua a premere per cercare di raggiungere almeno l’80% di vaccinati prima dell’arrivo dell’autunno. La variante delta infatti preoccupa infatti anche qui e si vuole evitare a tutti i costi di ripetere la situazione dell’anno scorso, dove dopo un’estate “spensierata” a settembre è stato necessario reintrodurre varie restrizioni.
A Vienna come vi avevo già scritto da alcune settimana le vaccinazioni (con Pfizer) sono aperte a tutti i residenti con più di 12 anni, ci si può prenotare tramite il sito web impfservice.wien. Questa settimana è inoltre possibile vaccinarsi anche senza prenotazione (con AstraZeneca) presso l’Austria Center (qui le informazioni dettagliate).
Dal 1 luglio c’è stato nel frattempo un nuovo allentamento delle misure:
Dalla settimana scorsa è inoltre disponibile anche in Austria la app ufficiale per il passaporto verde (Grüner Pass). Anche se mancano ancora alcune funzioni può essere utile già installarla.
Attualmente in tutta l’Austria ci sono 1.709 casi attivi di coronavirus, di cui 132 ricoverati in ospedale. Il 61,3% della popolazione ha ricevuto almeno una prima di vaccino, il 51,4% a Vienna.
Una curiosità per chi pensa di conoscere ogni angolo di Vienna: proprio nel centro storico si trova un piccolo vigneto con una storia interessante, che può sfuggire se non ci avete mai fatto caso. Tutti i dettagli sul blog.
Vi segnalo un altro articolo dal blog per chi vuole approfondire la storia di Vienna. Nel maggio 1873 venne inaugurata al Prater l’Esposizione Universale. Doveva essere un grande momento per l’impero asburgico, ma non tutto andò come nei piani. Una lettura da non perdere.
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A lunedì prossimo!
Paolo