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Tra Italia e Austria: storie cross-culturali nella Vienna del 3. millennio

Premessa: coppia mista, io italiana, marito austriaco. Sposati da (ormai) 15 anni. Due figli. Tutti attualmente a Vienna.

1. Strati

Anche se ormai il corredo non esiste più, alcuni aspetti su come impostare il nuovo nido coniugale rimangono prerogativa della donna. E´ lei che, per dirne una, decide come impostare il letto matrimoniale, a lei spetta di solito la disposizione del talamo.

Fu così che appena sposati e trasferiti a Vienna, mio marito non obiettò in alcun modo alla mia “apparecchiatura” del letto coniugale, fatta ovviamente all’italiana – a tal proposito notare che anche se il corredo non esiste più, mia madre ci tenne prima che mi sposassi a regalarmi delle lenzuola matrimoniali… eh sì, le lenzuola….

Voi tutti avete presente di che cosa parlo: si comincia dal coprimaterasso, poi arriva il lenzuolo “di sotto”, indi il lenzuolo “di sopra”, a seguire la coperta/piumone, e, dulcis in fundo, il copriletto. Ben 5 strati, ognuno con la sua ragion d´essere. Un abisso di complessità se confrontato col nordico “sacco”: lenzuolo con angoli sotto e piumino sopra, uguale se estate o inverno.

Beh, fatto sta che per ben un anno, andando la sera a letto dopo il marito, trovavo il poverino infilato nello strato sbagliato!

Come a dire, di fronte a tanti strati il marito è stato semplicemente sopraffatto (o, come dicono qui, überfordert), capitolando molto spesso tra il lenzuolo di sopra e la coperta.

Qui è proprio uno scontro di due culture: il sacco nordico contro la stratigrafia mediterranea – c’è poco da fare!

Dopo 15 anni, posso dire che ormai l´addestramento del coniuge è stato completato a buon fine, anche in merito alle tecniche (non meno complesse) per rimontare tutto l’apparato la mattina.

Quindi, “stato del problema”: RISOLTO (in fondo, chi cerca trova)

Ps: e la prole? La prole dorme col sacco! Ebbene sì, come a dire, anche la mamma mediterranea che rifà i letti tutte le mattine negli anni ha imparato qualcosa.

2. Danke

Allora: noi italiani che viviamo a Vienna lo sappiamo già prima di venire qui che “Danke” in tedesco significa “grazie”. E nei corsi di tedesco che abbiamo frequentato è questa una tale ovvietà che nessun insegnante ci spreca fiato nemmeno nella prima lezione.

Eppure un aspetto di questa parola andrebbe illustrato meglio, e cioè il suo uso pratico (i linguisti parlano in questi casi di pragmatica della comunicazione verbale). Detto semplicemente, l’uso che si fa di questa parolina è a volte opposto al nostro, e me ne sono accorta solo cogli anni.

Come? A tavola, nelle nostre visite a casa in Italia. Premesso che il marito parla benissimo l’italiano, mia madre gli si rivolge quindi sempre in italiano, e, nei pranzi in famiglia quando vede il suo piatto vuoto e gli chiede se ne vuole ancora, lui risponde – in italiano – “grazie”, solo “grazie”, senza “sì grazie” o “no grazie”,  e si ritrova il piatto di nuovo pieno, mentre lui intendeva che non ne voleva più!

Dicevo, non è una cosa che ho capito subito, ma poi mi è diventata chiara: lui traduceva letteralmente il “Danke” che dicono qui quando ti offrono ancora da mangiare, e intendono “Nein danke”, nel senso basta, non ne voglio più (mentre se ne vogliono ancora dicono “ja bitte”). Il marito, persona affabile, nel rispondere alla suocera omette il “nein” e traduce solo il “danke”, in quanto ciò gli sembra più cortese (rifiutare un’offerta è sempre poco carino), e lo traduce alla lettera dicendo appunto “grazie”, e trovandosi il piatto pieno a sua insaputa.

Stato del problema: NON ANCORA RISOLTO (…insiste!)

Anche se forse, dopo 15 anni, mi viene un altro sospetto: nemmeno troppo in fondo, la cucina italiana il coniuge la apprezza molto quindi forse sul malinteso un po’ ci marcia.

PS: per evitare disguidi simili, quando qui mi offrono qualcosa che non voglio, strillo sempre forte e chiaro “NEIN Danke”! Tanto noi italiani strilliamo sempre, me lo dicono anche i miei figli.

3. Baci e abbracci…

Stavolta il marito non c’entra niente. Stavolta c’entriamo tutti noi italiani, e su come ci salutiamo (o almeno ci salutavamo).

Mi fa impressione parlarne, sembra un mondo dimenticato, ma prima di questa pandemia noi italiani siamo stati sempre molto espansivi nel salutarci reciprocamente, e non parlo solo di persone care conosciute da lungo tempo, ma anche di tutti i baci e gli abbracci che ci scambia(va)mo tra meri conoscenti (non sia mai, se ne baci uno e gli altri no, non sia mai che poi si offenda qualcuno). Ebbene, anche io sono tra questi.

Ma qui a Vienna mi capita spesso una cosa curiosa: quando ancora tali effusioni non erano viste come la peste, nel classico scambio di baci sulle guance mi è capitato diverse volte di “scontrarmi” col salutato arrivando più o meno a baciare il malcapitato in bocca, a volte schivando la cosa giusto all´ultimo momento!

Una volta va bene, due volte pure, ma poi ho iniziato a chiedermi che cosa era che si inceppava in quello che è per me un gesto “automatico”.

E infatti: cogli anni ho capito dov’era il problema. Nell’automatismo al contrario! Dalle mie parti (romane), ci si saluta dando sempre prima un bacetto a destra e poi uno a sinistra; guancia destra e poi guancia sinistra. Senza pensarci su, si fa così e basta.

Qui mi sono accorta che fanno l´opposto (e non solo qui, sto iniziando a farci caso), baciano prima a sinistra e poi a destra. E quando due persone siffatte si vogliono salutare, ecco che arriva il bacio in bocca. Oppure è successo solo a me?

Mi farebbe piacere saperlo. Sempre che porsi tale domanda abbia senso ormai, in questi tempi di elefanti sempre più grandi che si frappongono tra di noi e impediscono anche una semplice stretta di mano. Avessimo almeno una proboscide con cui sfiorarci…

4. Wiener Linien

Se io fossi un bambino a Vienna mi arrabbierei. Non a prescindere con chiunque, ma con le Wiener Linien. Anzi, forse più che arrabbiarmi mi metterei ad abbaiare nella metro, e nel tram. Per le Wiener Linien, infatti, bambini e cani uguali sono.

Ormai non ci faccio più caso (male!), ma ricordo che all´inizio del mio soggiorno a Vienna la cosa mi fece una certa impressione: in piena fase di orientamento, quando leggevo tutti i regolamenti possibili per cercare di capire come funzionano le cose qui, sul tabellone appeso nelle stazioni della metropolitana (quello coi prezzi delle varie categorie di biglietto) alla voce “Halbpreisfahrschein” (in pratica costo del biglietto dimezzato) ci trovai i bambini e insieme nella stessa striminzita categoria, appunto, i cani.

Controllate voi stessi se non ci avete ancora fatto caso, e ditem i che conclusioni se ne dovrebbero trarre. Che si tratta in entrambi i casi di “creature”?

Non lo so, sinceramente, me lo dovrebbero spiegare coloro che hanno redatto questo regolamento in questi termini, a ogni modo le conclusioni sono poco lusinghiere per i nostri “cuccioli” di uomo, ai quali si manca decisamente di rispetto equiparandoli senza scrupolo alcuno ai cani (alcuni amanti dei cani sosterranno anche il contrario, che è ai cani magari che si manca di rispetto – ma non entro nella discussione).

Eppure devo dire che proprio per i bambini in questa città si fanno cose incredibili, le iniziative che ho trovato qui per i bambini di tutte le età non le ho mai viste da nessuna parte e continuano a meravigliarmi (e qui noi italiani avremmo molto da imparare, ameremo pure tanto i bambini ma per loro facciamo davvero pochino).

A maggior ragione quindi mi sorprende questa “equiparazione” delle Wiener Linien, soprattutto in tempi in cui si sta così attenti al politically correct nel linguaggio pubblico (vedi ad esempio qui la mania ogni volta di rivolgersi rispettivamente alle/gli interlocutrici/tori femmine e maschi qualsiasi cosa si dica in pubblico).

Ecco sì, forse sono proprio i tempi che sono cambiati, e la formulazione di questo regolamento dev´essere un retaggio di tempi assai passati (in fondo le Wiener Linien non sono nate ieri)

Insomma, per concludere, vista l´equiparazione dei due generi umano e canino, non sorprendetevi poi più di tanto se un giorno vedrete una mamma che entra nella metro tenendo il cane per mano e il bambino al guinzaglio!

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E’ tutta colpa dell’Unione Europea!

Venerdì mattina il cancelliere Kurz ha organizzato in tutta fretta una conferenza stampa per lamentarsi della distribuzione dei vaccini tra i Paesi dell’Unione Europea. Sarebbe in atto un “mercato di scambio” dove alcuni membri comprerebbero vaccini da altri, senza rispettare la suddivisione in base alla popolazione.

Le accuse si sono però presto mostrare infondate: questi scambi esistono ma sono del tutto legittimi. Alcuni Paesi hanno infatti deciso di acquistare i vaccini più economici, scambiando quindi il diritto di scelta dei più cari con altri membri. Inoltre queste contrattazioni vengono fatte in totale trasparenza, in una commissione dove sono presenti i delegati di tutti i Paesi, presieduta proprio da un rappresentate austriaco.

Come mai Kurz non fosse a conoscenza di questa procedura non è al momento chiaro, ma questa sua presa di posizione è parsa a molti come un altro tentativo di addossare all’Unione Europea le colpe dei problemi nella gestione della pandemia.

Che l’Austria abbia un rapporto complicato con l’Unione Europea non è comunque cosa nuova. Fin dal suo ingresso nel 1995 i governi austriaci hanno spesso cercato di attribuirsi i meriti per i vantaggi che ne sono derivati, e di dare invece la colpa a Bruxelles per tutte le parti più scomode.

Lo scontro che si ebbe nel 2000, quando i 14 membri di allora decisero di applicare delle sanzioni diplomatiche al nuovo governo tra il partito popolare (ÖVP) e quelle della libertà (FPÖ), guidato in quegli anni da Jörg Haider, è rimasto scolpito nella memoria di molti, soprattutto nei circoli più tradizionali e conservatori.

Dire “die EU ist Schuld” (“è colpa dell’Unione Europea”) è diventato da allora di uso comune quando si vuole cercare un colpevole esterno all’Austria, per non ammettere che i problemi sarebbero da ricercare invece all’interno del Paese.

Anche l’attuale cancelliere Sebastian Kurz ha da sempre un rapporto ambiguo con l’Unione Europea. Da una parte cerca di presentarsi come amico di tutti i maggiori capi di Stato e come un leader ascoltato, ma allo stesso tempo ha tentato più volte di prendersi meriti per cose decise insieme (per esempio la gestione della rotta balcanica) o di posizionarsi in aperto contrasto quando può portargli un vantaggio in politica interna (come la polemica di cui scrivevo all’inizio o gli accordi con Israele di due settimane fa).

L’atteggiamento della popolazione verso l’Unione Europea rimane comunque positivo. Anche se le difficoltà della pandemia hanno avuto un impatto, in base ad un sondaggio di qualche settimana fa oltre il 66% degli austriaci considera imprescindibile l’appartenenza del Paese nell’Unione Europea.

Aggiornamenti Coronavirus
Purtroppo anche questa settimana la situazione legata al coronavirus non sta migliorando, al contrario. Il numero di nuovi contagi ha superato per vari giorni le 3.000 unità, facendo tornare l’indice per 100.000 abitanti sopra 200 (l’ultima volta era accaduto a dicembre, quando l’Austria era già in lockdown).

Al momento non sono state prese nuove misure per contrastare questa tendenza, ma oggi è prevista una riunione del governo per valutare il da farsi. L’unica regione “virtuosa” rimane al momento il Vorarlberg, dove l’indice è ancora in calo (attualmente intorno a 60-70) . Da oggi qui riapriranno ristoranti, bar e saranno possibili attività sportive e culturali.

Come forse avete già letto il vaccino prodotto da Johnson&Johnson è stato autorizzato dall’EMA per la somministrazione in Europa. Al momento non è però ancora chiaro quando questo sarà disponibile in Austria.

I numeri della settimana:
  • i casi attivi in tutta l’Austria sono attualmente 27.429 (4.224 in più rispetto a sette giorni fa)
  • i ricoverati in ospedale 1.661 (+214), di cui 360 (+46) in terapia intensiva. I deceduti sono 8.873 (+160).
  • la regione con l’indice per 100.000 abitanti più alto è attualmente il Burgenland (259), seguito da Salisburgo (256), Bassa Austria (244), Vienna (235), Carinzia (204), Stiria (185), Alta Austria (187), Tirolo (149) e Voralberg (64).
  • il numero totale di persone che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino sono 753.824 (10,01% della popolazione), di cui 143.261 a Vienna.

Innovitalia – il portale della diplomazia scientifica
Vi segnalo il sito web Innovitalia, promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con il Ministero dell’Università e Ricerca. Si tratta di un portale che ha l’obiettivo di supportare la rete dei ricercatori italiani all’estero, offrendo uno spazio per il networking e la collaborazione tra i diversi attori della ricerca e dell’innovazione italiana sulla scena internazionale, condividendo informazioni sulle opportunità di ricerca, lavoro e perfezionamento nei diversi Paesi esteri.

Medici e farmacisti italiani a Vienna
Per chi è alla ricerca di un medico o un farmacista che parli italiano a Vienna, sul blog è presente una lista che vi può tornare utile. E’ stata pubblicata qualche anno fa, ma cerco sempre di tenerla aggiornata. L’ultima aggiunta per esempio è il dottor David D’Andrea, specializzato in urologia. Se avete altri nominativi da inserire o aggiornare potete come sempre scrivermi.

La maratona di Vienna a settembre
Uno degli eventi sportivi più importanti e conosciuti di Vienna cerca di ripartire. Dopo essere stata annullata l’anno scorso, quest’anno la maratona di Vienna è stata fissata per il 12 settembre. Naturalmente non c’è ancora la sicurezza che si potrà svolgere, al momento sono comunque aperte le iscrizioni.

Concludo questa settimana con una rettifica. Nell’ultima newsletter ho indicato il Consiglio Europeo come autore del report sulla lotta alla corruzione in Austria, mentre si trattava del Consiglio d’Europa. E’ stata una svista ma si tratta di due organi ben diversi, ed è importante non confonderli:

  • Il Consiglio d’Europa è una organizzazione internazionale che riunisce 47 paesi europei. La sua missione è quella di promuovere la democrazia e di proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa.
  • Il Consiglio Europeo è un’istituzione dell’Unione europea, composta dai capi di Stato e di governo degli Stati membri e dal Presidente della Commissione europea, volta alla pianificazione delle politiche comunitarie.
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Sotto i riflettori

Non capita spesso che l’Austria sia presente nei quotidiani italiani (colmare questa lacuna è anche lo scopo di questa newsletter), ma durante l’ultima settimana alcune notizie l’hanno messa al centro dell’attenzione.

Innanzitutto per un rapporto pubblicato dal Consiglio Europeo Consiglio d’Europa, in cui i governi degli ultimi anni sono stati criticati duramente per non aver fatto abbastanza nel combattere la corruzione nell’amministrazione pubblica.

Queste critiche non fanno sicuramente bene all’immagine di Sebastian Kurz, aggiungendo ancora più pressione al suo partito, dove molti esponenti – come vi avevo già scritto – sono coinvolti in scandali più o meno grossi che minano la stabilità del governo.

Riguardo a quello legato al ministro delle finanze Gernot Blümel, indagato per corruzione, non ci sono al momento molte novità, ma negli ultimi giorni sono stati pubblicati i protocolli della perquisizione effettuata nella sua abitazione e un dettaglio in particolare ha fatto molto discutere.

Quando la polizia è arrivata, la moglie del ministro – che era stata comunque informata dal marito – era infatti uscita per fare una passeggiata col figlio, portando però anche con se il computer portatile, che come è stato comunicato dopo veniva usato da entrambi.

Gli inquirenti si sono subito accorti di questa mancanza, e il computer è stato riportato poco dopo, ma questa “sbadataggine” ha fatto alzare più di un sopracciglio.

Di Austria si è parlato anche molto negli ultimi giorni per quanto riguarda la gestione delle vaccinazioni. Kurz ha infatti annunciato di voler creare una partnership insieme a Danimarca e Israele per la produzione di vaccini, in modo da non essere più dipendenti dalle scelte comunitarie.

Sebbene questa iniziativa sia stata inizialmente letta da molti come una rottura con l’Unione Europea, quando si è andati a vedere i dettagli la realtà ha ridotto di molto la portata di questa alleanza.

L’accordo raggiunto prevede infatti al momento solo un gruppo di lavoro, con l’obiettivo di studiare nuovi metodi per contrastare le varianti del coronavirus. L’obiettivo sulla carta è effettivamente quello di poter produrre dei vaccini in maniera autonoma, ma in base agli esperti prima che questo si possa avvenire i tempi saranno lunghi, e almeno fino a quel momento l’Austria continuerà a partecipare ai programmi di approvvigionamento comunitari.

L’ultima notizia che avete forse già letto sui quotidiani italiani riguarda la sperimentazione che verrà avviata a Schwaz. Questo distretto del Tirolo è stato infatti scelto dall’Unione Europea per un programma pilota al fine di analizzare l’efficacia dei vaccini contro le variante del coronavirus. Per questo sono state messe a disposizione 100.000 dosi di quello prodotto da Pfizer-BioNTech, che verranno somministrate a tutti coloro che ne faranno richiesta. Al momento si sono già prenotate circa 40.000 persone (su un totale di 84.000 residenti)

Ma gli aggiornamenti sul coronavirus in Austria non sono ancora finiti. Lunedì scorso il governo si è riunito per decidere i prossimi passi nella gestione della pandemia. Come sapete al momento tutto il Paese si trova ancora in un “lockdown light”, con bar e ristoranti chiusi, il divieto di tutti gli eventi e un l’obbligo di rimanere a casa dalle 20 alle 6.

Dopo lunghe consultazioni, la decisione è stata di spostare la strategia su una regionalizzazione delle restrizioni, in maniera simile al modello italiano. Al momento però a causa degli indici ancora alti in gran pare del Paese, l’unica regione dove sono previsti degli allentamenti è il Voralberg, dove dal 15 marzo potrà riaprire la ristorazione e si potranno svolgere nuovamente eventi culturali. Per tutte le altre regioni è stata annunciata comunque la prospettiva del 27 marzo per la riapertura di almeno bar e ristoranti che hanno tavoli all’aperto.

Tutto questo ovviamente in base all’evoluzione delle prossime settimane. Anche in Austria infatti i casi stanno ricominciando ad aumentare, e molti esperti sono già allarmati per l’arrivo di una terza ondata. Il governo si riunirà nuovamente il 15 marzo per valutare la situazione e decidere eventuali aggiustamenti al piano.

Ci sono però anche buone notizie. I dati mostrano infatti che i contagi nelle case di ripose sono scesi drasticamente, sia per il lungo lockdown, ma soprattutto grazie alle vaccinazioni. Mentre a dicembre si erano registrati 10.750 casi tra ospiti e personale, a febbraio sono stati solo 1.125, una diminuzione del 90%.

Il comune di Vienna ha intanto deciso d’iniziare a utilizzare il vaccino AstraZeneca anche per le persone con più di 65 anni con patologie pregresse, in modo da velocizzare l’immunizzazione di tutta la popolazione a rischio.

Concludo questo (lungo) capitolo sul coronavirus con qualche informazione per chi vuole viaggiare tra Italia e Austria. Purtroppo per chi sperava di muoversi durante la Pasqua non ci sono buone notizie.

Il nuovo decreto italiano che impone restrizioni molto rigide a chi proviene dall’Austria è stato infatti prolungato fino al 6 aprile. In base a questo è necessario presentare già alla frontiera un tampone negativo non più vecchio di 48 ore, ed è poi necessario effettuarne un altro entro 48 ore dall’ingresso in territorio italiano.Indipendentemente dall’esito si dovrà osservare un periodo di quattordici giorni di quarantena, e al termine eseguire un terzo tampone.

Per chi entra in Austria dall’Italia rimane in vigore l’obbligo di pre-registrazione online come anche la quarantena per dieci giorni, riducibili a cinque tramite un test molecolare da effettuare in Austria.

I numeri della settimana:
  • i casi attivi in tutta l’Austria sono attualmente 23.205 (2.741 in più rispetto a sette giorni fa)
  • i ricoverati in ospedale 1.447 (+156), di cui 314 (+35) in terapia intensiva. I deceduti sono 8.713 (+152).
  • la regione con l’indice per 100.000 abitanti più alto è attualmente il Burgenland (221), seguito da Salisburgo (215), Bassa Austria (213), Vienna (192), Carinzia (182), Stiria (157), Alta Austria (152), Tirolo (121) e Voralberg (75).
  • il numero totale di persone che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino sono 557.813 (7,19% della popolazione), di cui 101.151 a Vienna.

Ultima segnalazione prima dei saluti: dal 1 marzo è di nuovo attivo il Wiener Reparaturbon. Per chi non lo conosce si tratta di un bonus del comune di Vienna per incentivare a riparare invece di buttare tutti quegli oggetti che non funziona più. La sovvenzione è del 50% del costo di riparazione, per un massimo di 100€, e si può utilizzare per elettrodomestici, biciclette, scarpe, vestiti, orologi e molto altro ancora.

E per finire anche se la primavera si fa ancora attendere, vi rimando ai miei consigli sul blog per alcune belle passeggiate da fare nei dintorni di Vienna, al momento una delle poche attività che si possono svolgere nel tempo libero (almeno senza mascherina).

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Un anno di pandemia

Martedì 25 febbraio 2020 vennero identificati i primi due casi ufficiali di coronavirus in Austria. Da quella data è passato appena un anno, ma rispetto al mondo di prima sembra trascorso un secolo.

Lunedì scorso vi scrivevo le mie riflessioni sullo stato della comunità italiana a Vienna. Oggi cerchiamo invece di fare il punto sulla situazione dell’Austria in generale, insieme a qualche previsione per i prossimi mesi.

Partiamo dalla gestione della pandemia: mentre alla prima ondata ci fu una reazione molto decisa da parte del governo, che permise di superarla in maniera quasi indolore, dopo l’estate la strategia è stata invece molto meno coerente, tra riaperture e chiusure, senza un chiaro obiettivo.

Questo ha creato molta confusione nella popolazione, portando ad una minore accettazione e rispetto delle restrizioni. Anche ora dopo la riapertura dell’8 febbraio rimane una grande incertezza su quali saranno i passi successivi.

Dal punto di vista economico l’Austria sta affrontando una grave crisi: in base alle analisi della Commissione Europea la prognosi di crescita per il 2021 è infatti molto negativa (agli ultimi posti tra i paesi dell’Unione). Il turismo e la ristorazione, due settori estremamente importanti per tutta l’economia austriaca, sono praticamente fermi da inizio novembre e non si sa ancora quando potranno riprendersi.

Al momento gli aiuti statali, che fin dalla scorsa primavera sono stati molto generosi, hanno permesso di salvare moltissime aziende e posti di lavoro (le persone in cassa integrazione sono ancora quasi 500.000), ma molti già si chiedono cosa succederà quando questi finiranno.

E’ inoltre palpabile un fortissimo dissesto all’interno della società. Il settore culturale è fermo praticamente dall’inizio della pandemia, e impiegherà moltissimo a riprendersi. Una generazione di bambini e ragazzi ha perso un anno di scuola ma soprattutto di socializzazione, e si discute già come questo avrà conseguenze sul loro futuro. E infine si sente sempre di più la stanchezza di una gran parte della popolazione, che vorrebbe tornare non dico alla vita di prima, ma almeno ad una parvenza di normalità.

Questi problemi ci accompagneranno probabilmente per i prossimi anni, ma guardando più nel breve periodo, cosa ci si può aspettare dai prossimi mesi?

Dalla scorsa settimana una lenta ma continua risalita dei casi sta destando molte preoccupazioni, come anche l’aumento della diffusioni delle cosiddette varianti (oggi ci sarà un incontro tra il governo, le parti sociali e gli esperti per decidere i prossimi passi).

Allo stesso tempo la campagna di vaccinazioni procede, e anche se con la sua lentezza, sembra che stia facendo diminuire il tasso di ricoveri e di mortalità in particolare nelle fasce più a rischio. E c’è la speranza che l’arrivo della primavera come l’anno scorso porti ad un miglioramento generale della situazione.

I numeri della settimana:
  • i casi attivi in tutta l’Austria sono attualmente 20.464 (6.387 in più rispetto a sette giorni fa)
  • i ricoverati in ospedale 1.291 (+29), di cui 279 (+22) in terapia intensiva. I deceduti sono 8.561 (+175).
  • la regione con l’indice per 100.000 abitanti più alto è la Bassa Austria (190), seguita da Vienna (180), Carinzia (174), Salisburgo (170), Burgenland (162), Stiria (159), Alta Austria (128), Tirolo (106) e Voralberg (71).
  • il numero totale di persone che hanno ricevuto una vaccinazione sono 414.441 (5,34% della popolazione), di cui 76.439 a Vienna.

Qualche altro aggiornamento sull’Austria:

    •  Il cancelliere Kurz si è espresso a favore di un passaporto sanitario europeo per permettere a chi è già immune o vaccinato di accedere a ristoranti, luoghi di cultura e viaggi all’estero, dicendo che se non verrà presa una decisione a livello europeo potrebbe venire introdotto anche solo per l’Austria.
    • La settimana scorsa è stato presenta un monumento a ricordo delle vittime dell’attentato terroristico del 2 novembre, ricevendo però molte critiche a causa del logo del comune di Vienna in grande risalto.
    • In Italia le discussioni legate al recovery fund sono state tra le cause per la caduta del governo, ma anche in Austria il processo decisionale dei progetti prosegue molto a rilento. Il ministero non ha presentato alcuna bozza, e stanno già piovendo critiche da molte parti. Certo si tratta di “solo” 3 miliardi di Euro riservati per l’Austria, ma sono comunque soldi che farebbero comodo nella situazione attuale.
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“Penacho”: il copricapo di Montezuma

Dall’8 febbraio sono iniziate in Austria le prime piccole riaperture e finalmente, ovviamente solo se armati di mascherina FFP2, sarà anche possibile tornare a visitare i musei.

Personalmente la prima cosa che ho fatto è stata visitare il Weltmuseum di Vienna. Per chi non lo conoscesse è nel primo distretto, vicino all’Hofburg e alla biblioteca nazionale.

E’ un museo antropologico ed etnologico e al suo interno si possono osservare oggetti della vita quotidiana e non di culture e popoli più o meno antichi provenienti da tutti i continenti.

La collezione è unica, molto variegata e contiene da armature di Samurai giapponesi fino a strumenti di caccia di tribù amazzoniche, così come oggetti più recenti della società occidentale. Una panoramica bellissima sull’evoluzione della storia umana.

Fino al 13 aprile oltre alla collezione permanente sarà possibile visitare un’interessante mostra sul mondo degli aztechi, centrata soprattutto sugli oggetti religiosi e sui riti sacri di questo popolo.

L’aspetto e la natura degli oggetti esposti come anche l’atmosfera creata nelle sale regalano la possibilità di vivere un’esperienza davvero mistica, perfetta per il tema trattato.

Se il Weltmuseum di Vienna è stato scelto insieme ad altri musei europei per questa mostra è anche perché nella sua collezione si trova un oggetto che tutti noi abbiamo visto almeno una volta nei libri di storia, studiando Cortes e i suoi conquistadores: il Penacho di Montezuma, ovvero l’ultimo presunto copricapo esistente di un sovrano azteco.

Il copricapo ricorda uno di quelli che si vedono nei film western indossati dai capi indiani. La sua particolarità è l’essere fatto quasi completamente con piume di diversi uccelli, come il fenicottero o il quetzal, un uccello verde dell’America Centrale, considerato sacro dagli aztechi.

Come l’oggetto sia arrivato a Vienna è ancora un po’ incerto, ma sembrerebbe che sia stato lo stesso Montezuma, affascinato dagli spagnoli e non comprendendone la pericolosità, a donarlo insieme ad altri oggetti a Cortes. Il conquistador ne fece a sua volta dono a Carlo V, al tempo contemporaneamente Imperatore del Sacro Romano Impero, Re di Spagna e arciduca di Austria.

Alla fine del 500 il copricapo arriva così nel castello di Ambras, a Innsbruck, nella collezione di curiosità del nipote di Carlo V, l’Arciduca Ferdinando del Tirolo e solo dal XIX secolo, dopo un primo restauro, è a Vienna.

Come accade per molti oggetti storici esposti non nel paese d’origine ma nel paese nel quale sono arrivati, spesso in seguito a conquiste e colonizzazioni, anche il copricapo di Montezuma è oggetto di una vera e propria disputa diplomatica tra Austria e Messico.

Uno dei primi atti di questa controversia è stato uno spettacolo teatrale a Monterrey nel 1980, nel quale tre studenti messicani rubano il Penacho e lo riportano a casa, diventando così eroi. Forse proprio da questo spettacolo hanno preso spunto Pio e Amedeo, quando in una puntata della trasmissione “Emigratis” hanno cercato di rubare la Gioconda per riportarla in Italia!

Il primo reclamo ufficiale per il copricapo arriva invece solo nel 1991. In quell’anno fu proposto dal governo messicano di scambiare il manufatto azteco con la carrozza d’oro di Massimiliano d’Asburgo, Imperatore del Messico per tre anni dal 1864 al 1867, e che si trova oggi in un museo di Città del Messico.

Oggi, esattamente trent’anni dopo, la vicenda è tornata sotto i riflettori. Nel 2021 si festeggerà infatti il bicentenario in Messico dell’Indipendenza dalla Spagna e il presidente Obrador vorrebbe esporre il copricapo a Città del Messico, dove al momento è possibile osservarne solo una riproduzione. Con questo scopo ad Ottobre 2020 la first lady messicana ha fatto visita a Van der Bellen, proprio in occasione dell´apertura dell´attuale mostra sugli aztechi.

Per dare ancora più forza alla missione di sua moglie questa è stata annunciata su Twitter il 12 Ottobre, anniversario dell’arrivo di Colombo in America, sperando di poter sfruttare l’emotività causata dalla data così simbolica.

La signora Obrador è però tornata casa a mani vuote. Nel 2012 infatti una commissione scientifica (austriaca e messicana) aveva già decretato l’impossibilità di trasportare l’oggetto a causa della sua fragilità.

Un viaggio così lungo potrebbe danneggiarlo o distruggerlo e su questa base è arrivato il fermo no dell’Austria. Basti pensare che il copricapo è così delicato che non è stato neanche possibile spostarlo dalla sala nella quale si trova normalmente, per esporlo con gli altri oggetti della nuova mostra.

Il Penacho di Montezuma resterà perciò a lungo a Vienna, finché grazie alla tecnologia (e con l’autorizzazione dell’Austria) non potrà tornare a casa. Tutti noi appassionati di storia avremo quindi ancora la possibilità di godere per qualche anno di un oggetto di un valore inestimabile.

Foto: Quetzalfeder-Kopfschmuck © KHM-Museumsverband

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Cosa ci attende domani

Se ripenso al calendario di un anno fa si prospettava una primavera ricca di eventi italiani. Il coronavirus era qualcosa di lontano e nessuno poteva immaginare la situazione in cui ci saremmo trovati ancora oggi.

Ma come sta la nostra comunità dopo tutti questi mesi? Sebbene i numeri dicano che è cresciuta (gli italiani a Vienna sono ora più di 12.000), l’impressione è che sia stata colpita duramente dalla pandemia.

Innanzitutto dal punto di vista economico: le attività commerciali gestite da italiani si trovano ormai a quasi ogni angolo della città, e il rischio è che molte faranno fatica a riprendersi quando gli aiuti statali non saranno più generosi come ora (lo stesso si può dire per i tanti che lavorano nel turismo).

Ma quello che mi sembra abbia più sofferto è l’ambito culturale e le possibilità d’incontro tra connazionali, praticamente ferme da un anno.

Penso per esempio agli eventi presso la libreria Hartliebs, alle compagnie teatrali e ai cori. Ma anche alle attività presso l’Istituto Italiano di Cultura, alla Minoritenkirche o presso la nuova Missione Cattolica Italiana.

Sono poche quelle che sono continuate online – e sinceramente non è la stessa cosa – mentre tutte le altre sono state costrette a fermarsi e ancora oggi non c’è una prospettiva su quando potranno ricominciare.

E penso che in una situazione come questa l’assenza a Vienna di associazioni italiane con una presenza forte e radicata si è fatta sentire più che mai (come anche del Comites).

La paura è che anche quando la situazione migliorerà molte delle iniziative faticheranno a ripartire e che ci vorranno anni prima che la Vienna italiana torni quella di prima. Certo non tutto è perduto, ma l’impressione è che la nostra comunità – già molto fragile – si sia in parte disgregata.

Ma forse sono io a essere troppo pessimista, e tra voi ci sono già tante nuove idee e progetti che stanno solo aspettando il momento giusto per partire. Se siete tra questi scrivetemi, mi piacerebbe sapere cosa ci attende domani.

“Ancora, e ancora fiorirà l’albero.
Questo soltanto voglio sapere,
di fronte al finale, sommesso splendore
di tutte queste foglie cadenti.”

Aggiornamenti Coronavirus
La Ampelkommision ha deciso che Vienna è di nuovo zona rossa. Anche se questo non ha conseguenze pratiche – le misure in vigore valgono per tutta l’Austria – è comunque un segnale di un passo indietro per la nostra città (al momento solo l’Alta Austria è considerata arancione, tutte le altre sono rosse).

La quarantena del Tirolo è stata prolungata di altri 10 giorni, fino al 3 marzo. Vi ricordo che le restrizioni prevedono in particolare che chiunque voglia lasciare la regione debba presentare un test molecolare o antigenico non più di vecchio di 48 ore.

A partire dal 1° marzo sarà possibile ottenere nelle farmacie dei kit per test fai-da-te da farsi a casa.  Ogni mese saranno a disposizione 5 test gratuiti a persona. L’idea è di permettere a chiunque di potersi testare in caso di sintomi sospetti. I risultati non saranno però validi per accedere alle attività commerciali a stretto contatto (come parrucchieri o estetisti). La possibilità di test gratuiti nelle farmacie convenzionate rimane invariata.

La settimana scorsa è iniziata a Vienna una nuova fase delle vaccinazioni: dopo aver concluso le case di riposo, hanno iniziato a ricevere i vaccini le persone “vulnerabili” (con patologie o disabilità), i lavoratori ad alto rischio (per esempio in laboratori) e tutti coloro dagli 80 anni in su (se sei già stato vaccinato/a raccontami come è andata, mi farebbe piacere raccogliere qualche esperienza in una delle prossime newsletter).

I numeri della settimana

  • i casi attivi in tutta l’Austria sono attualmente 14.077 (2.402 in più rispetto a sette giorni fa)
  • i ricoverati in ospedale 1.262 (-49), di cui 257 (-1) in terapia intensiva. I deceduti sono 8.386 (+175).
  • la regione con l’indice per 100.000 abitanti più alto è la Bassa Austria (157), seguita dalla Stiria (154), Carinzia (148), Vienna (144), Burgenland (133), Salisburgo (126), Alta Austria (111), Tirolo (90) e Voralberg (63).
  • il numero totale di persone che hanno ricevuto una vaccinazione sono 301.186 (3,88% della popolazione), di cui 62.813 (3,29%) a Vienna.
Il Praterstern si rinnova
Dopo quella legata al Naschmarkt è stato presentata anche una nuova idea per riqualificare la zona antistante la stazione del Prater. Il progetto prevede che venga ridotto il traffico e che si aggiunga un’ampia zona verde, con alberi e un ristorante. L’inizio dei lavori è previsto per l’autunno, l’apertura avverrà a metà 2022.
Arte Lascia un commento

Assembramenti di vita – La contemporaneità di Klimt

Quante volte passiamo di fronte ad uno stesso punto, che possa essere un angolo di una città o un libro su uno scaffale, senza che esso attragga particolarmente la nostra attenzione?

E poi in un dato momento ti si svela davanti agli occhi, quasi come un risveglio improvviso?

Ecco, questo è accaduto a me con un’opera di Gustav Klimt che ho avuto occasione di incontrare più volte al Leopold Museum, e mi riferisco più esattamente al dipinto “Tod und Leben” (Morte e Vita), forse volutamente per evitare la riflessione che un quadro di tale portata può trasmettere.

Il dipinto è un olio su tela, e nella sua spazialità è diviso nettamente in due parti: dal lato sinistro una sinistra figura avvolta dal buio più scuro mentre sulla destra un insieme di corpi che si confondono fra loro attorniati da vivaci colori. Un’antitesi che emerge come chiara contrapposizione di due realtà così differenti ma nel contempo indissolubilmente legate.

La Morte è rappresentata in maniera classica, ovvero con un teschio ed una tunica, ma se lo osserviamo meglio la figura non è immobile: il suo sguardo è beffardo e la veste decorata da croci con sfumature differenti ha un sapore ironico. Inoltre stretta fra le sue ossute mani, tiene una clava pronta a colpire chi le si para di fronte. Dall’altro lato la Vita viene rappresentata attraverso donne e uomini di differenti età, compreso un neonato, che nella loro nudità dolcemente si aggrappano fra di loro, racchiusi da un’aurea fortemente cromatica e rassicurante, quasi a richiamare l’utero materno.

Il motivo per cui questa opera del Maestro della Secessione mi è tornata in mente è abbastanza chiaro. Questo periodo prolungato di pandemia mondiale ci ha costretto ad un confronto collettivo con la morte, in quanto aleggia attorno in un periodo in cui (causa coprifuoco, lockdown più o meno leggeri e bombardamento mediatico) la riflessione si impone maggiormente a noi. Ma ad attrarre maggiormente la mia attenzione non è la figura della Morte, bensì la caratterizzazione con la quale Klimt rappresenta la Vita.

In questi mesi di forzato distanziamento fisico, nella sofferenza della mancata espressione dell’affettività, l’essere umano ha cercato altri mezzi per ritrovarsi e stringersi agli altri, cercandosi anche solo uscendo per un caffè d’asporto bevuto in piedi e al freddo vicini anche a persone sconosciute. Sì perché è il non sentirsi soli che ci fa sentire più sicuri, e non la chiusura forzata fra quattro mura drogati di serie TV e cibo ipercalorico.

E questa voglia di vita, Klimt l’ha rappresentata perfettamente nella sua opera: osservate le donne e gli uomini come si appoggiano dolcemente l’uno all’altro, e del senso di serenità che si propaga da questa immagine. I colori scelti per avvolgere le figure sono chiari e caldi, come un sole di primavera che invita ad esporti ai suoi raggi, e inoltre i corpi (nel puro stile Klimt) emanano sensualità e passione, elementi costanti di una vita reale.

Gustav Klimt con questa sua opera, realizzata nella prima decade del Novecento, riproduce al meglio quanto affermato recentemente da Papa Francesco (“Nessuno si salva da solo”) e quanto inconsciamente ognuno di noi crede, soprattutto ora.

Il ritorno all’arte come ossigeno per l’anima in un periodo di depressione sociale, è stata una piacevole sorpresa per chi come me ha scelto il mondo della cultura e della natura per la propria sfera professionale, nonostante dalle Autorità siamo visti come uno dei principali veicoli di contagio. Anche se nella realtà cultura e arte sono sì veicolo di contagio, non da covid però, bensì di bellezza, sapienza, speranza.

“La bellezza salverà il mondo” (Fedor Dostoevskij)

Immagine: Gustav Klimt, Public domain, via Wikimedia Commons

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Una crisi è nell’aria

Quando nel 2017 Sebastian Kurz prese il posto di Rainhold Mitterlehner a capo del partito popolare (ÖVP) sembrò l’inizio di una nuova era per l’Austria.

Un politico giovane, con idee chiare e decise, che desidera scardinare le vecchie strutture conservative e portare il Paese verso il futuro.

L’idea piacque a molti, e anche i sondaggi lo premiarono. Dopo anni in discesa, il partito che da nero era diventato turchese ottenne infatti alle nuove elezioni il primo posto con il 31,5% dei voti.

Il suo successo sembrava anche aver messo a tacere le regioni, e in particolare i suoi potenti governatori, spesso in lotta con il partito centrale. Se Sebastian ci fa vincere con i suoi metodi allora siamo con lui, è stato a lungo il motto.

Come andò a finire la coalizione con la destra nazionalista é risaputo, ma le nuove elezioni del 2019 premiarono comunque il partito popolare, facendo anche crescere il suo elettorato (37,4%).

Da alcuni mesi la stella di Kurz non sembra però più splendere come un tempo: la gestione della seconda ondata della pandemia si è rilevata catastrofica, fatta di tanti proclami e continui cambi di idea tra aperture e chiusure, ma senza una strategia vera e propria.

La situazione si è poi accentuata nelle ultime settimane con il Tirolo – che è anche governato dai popolari – dove ci sono sono state ampie frizioni sulle misure da prendere per bloccare la “mutazione sudafricana” che hanno portato a toni da ribellione verso il governo centrale.

I ministeri gestiti dal partito di Kurz sono inoltre in grossa difficoltà: innanzitutto le dimissioni di Christine Aschbacher dopo lo scandalo causato dal plagio della sua tesi di laurea.

Ma anche il ministro dell’interno Karl Nehammer sta venendo ampiamente criticato, sia per la gestione dei servizi segreti che non hanno impedito l’attentato terroristico del 2 novembre che per la gestione dei rimpatri dopo quello di alcuni bambini minorenni.

Infine la settimana scorsa si è saputo che Gernot Blümel, ministro delle finanze e spesso considerato braccio destro del cancelliere, è indagato per corruzione.

I sondaggi dicono che il partito popolare si trova ancora saldamente al primo posto e anche la popolarità di Kurz non sembra al momento intaccata , ma la sua immagine di “uomo forte” ne sta lentamente risentendo.

E se anche la Germania – dove Kurz è sempre stato visto come un modello da seguire – ha deciso di chiudere i confini con il Tirolo per “evitare una nuova Ischgl”, è una ramanzina non da poco per la credibilità del cancelliere.

Tirolo in quarantena
Come accennato da venerdì chiunque voglia lasciare il Tirolo deve presentare un test molecolare o antigenico non più di vecchio di 48 ore. Queste misure – che saranno in vigore al momento fino al 22 febbraio – sono state prese dal governo per cercare di contenere la diffusione della mutazione “sudafricana” di coronavirus.

L’obbligo si applica anche ai pendolari e a chi desidera solo attraversare la regione per raggiungere per esempio Italia o Germania (ma non per chi attraversa solo la regione, per esempio da Voralberg a Salisburgo).

Obbligo di test e quarantena per entrare in Italia
Anche l’Italia ha deciso di reagire alla situazione creatasi in Tirolo con delle misure molto restrittive. Da ieri – 14 febbraio e fino al 5 marzo (ma potrebbero venire prolungata) sono previste le seguenti regole per tutti coloro che entrano in Italia dall’Austria:

  • Obbligo di presentare una certificazione di test negativo al confine (effettuato nelle 48 ore precedenti)
  • Obbligo di sottoporsi ad ulteriore test all’arrivo in Italia
  • Quarantena obbligatoria di 14 giorni presso il domicilio
  • Ulteriore test al termine della quarantena.

I numeri della settimana

  • i casi attivi in tutta l’Austria sono attualmente 14.077 (303 in più rispetto a sette giorni fa)
  • i ricoverati in ospedale 1.311 (+22), di cui 258 (-42) in terapia intensiva. I deceduti sono 8.211 (+305).
  • la regione con l’indice per 100.000 abitanti più alto è la Carinzia (130), seguita da Bassa Austria (126), Salisburgo (122), Stiria (113), Vienna (112), Burgenland (104), Alta Austria (85), Tirolo (83) e Voralberg (81).
  • il numero totale di persone che hanno ricevuto una vaccinazione sono 387.542 (3,15% della popolazione), di cui 52.580 (2,75%) a Vienna.

Gli italiani in Austria sono sempre di più
Sono state pubblicate qualche giorno fa le statistiche aggiornate alla fine del 2020 sulla popolazione in Austria, inclusa la suddivisione per nazionalità. La nostra comunità continua a crescere, in tutta l’Austria siamo infatti 34.261 (1.755 in più). Tutti i dettagli e la suddivisione per regione la trovate in questo articolo sul blog.

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Déjà Vu

Oggi l’Austria riapre, concludendo così il lockdown che ha bloccato tutto il Paese dal 26 dicembre. Dovrebbe essere un momento vissuto con gioia, con sollievo, in cui tutti gli sforzi fatti dalla società vengono ripagati.

E invece la sensazione che ho è di déjà vu.

Perché ancora una volta invece di ascoltare il parere degli esperti – che indicano il numero di casi giornaliero ancora troppo alto – si è voluta prendere una decisione puramente politica.

Perché in Tirolo si sta diffondendo da settimane la variante sudafricana del virus, e invece di scegliere la via della fermezza per contenerla, si continua a discutere sul da farsi, con il rischio di creare un nuovo “caso Ischgl”.

Perché – dopo quasi un anno dall’inizio della pandemia – manca ancora una strategia chiara ed efficacie da parte del governo sul futuro del Paese. Si vive giorno per giorno, sperando forse che i vaccini si moltiplichino miracolosamente o che la primavera risolva tutto.

E infine perché si continua a cercare di mandare il messaggio che “il virus viene da fuori”, sbandierando i controlli alle frontiere invece di occuparsi dei problemi interni (quanti si sono tenuti alle regole del lockdown appena concluso?)

Non voglio dire che mi dispiaccia la fine del lockdown, anzi, sono tra i primi che vorrebbe tornare alla vita di prima.

Ma l’impressione è che ancora una volta si stia giocando con il fuoco, cercando di sviare l’attenzione dai veri problemi invece di affrontarli. Spero di sbagliarmi.

Le misure in vigore da oggi 

  • il divieto di lasciare la propria abitazione è di nuovo valido solo dalle 20:00 alle 6:00.
  • i negozi e le attività commerciali sono aperti al pubblico, con la limitazione di un cliente ogni 20 mq e obbligo di mascherina FFP2.
  • per accedere alle attività commerciali a stretto contatto (come parrucchieri o estetisti) è necessario presentare un test negativo non più vecchio di 48 ore.
  • scuole dell’infanzia e dell’obbligo sono di nuovo aperte. Per le scuole è prevista una presenza a turni per le classi e regolari test per gli studenti.
  • anche i musei e gli zoo sono di accessibili, con obbligo di mascherina FFP2
  • rimangono invece ancora chiusi ristoranti e alberghi
Dove farsi testare a Vienna
Vista la necessità di un test negativo per accedere a varie attività commerciali, ricapitoliamo le possibilità (gratuite) per farsi testare a Vienna. Da qualche settimana sono ben cinque le Teststraßen a disposizione, raggiungibili sia a piedi che in macchina. Queste si trovano presso:  Ernst-Happel-Stadion, Austria Center, Stadthalle, Schule Erlaaer Schleife e Schloss Schönbrunn. Per tutte è necessario un appuntamento, che si può prendere online oppure chiamando il 1450.

Da oggi sarà inoltre possibile effettuare un test rapido gratuito anche in molte farmacie (con consegna di un certificato). E’ necessario prendere appuntamento telefonicamente e presentarsi con la propria e-card.

Nella maggior parte dei distretti rimangono disponibili le Checkboxen, dove recarsi in caso di sintomi sospetti (febbre, tosse, raffreddore).

Vienna è diventata arancione
La Ampelkommission, l’organo che decide il colore delle regioni austriache in base al numero di casi è tornata a farsi viva con una buona notizia. Vienna è stata infatti resa arancione. Anche se puramente simbolico – le misure adottate sono ancora quelle valide a livello nazionale – è sicuramente una piccola nota positiva per la nostra città.

Quarantena anche per i pendolari
Da martedì 10 febbraio sarà richiesto anche per i pendolari di presentare un test covid molecolare o antigenico negativo non più vecchio di una settimana (in caso contrario si dovrà sottostare a regime di quarantena ). Rimane anche obbligatoria la registrazione online prima di passare il confine.

 Aggiornamento Vaccini 
La buona notizia di questa settimana è l’arrivo anche in Austria del vaccino prodotto da AstraZeneca. Oggi inizieranno le prime somministrazioni e in base al piano del ministero ne saranno disponibili oltre 340.000 già a febbraio. Il numero di vaccinati questa settimana è salito a 276.860 (2,36% della popolazione in Austria), di cui 46.974 a Vienna.

I numeri della settimana

  • i casi attivi in tutta l’Austria sono attualmente 13.774 (406 in meno rispetto a sette giorni fa)
  • i ricoverati in ospedale 1.289 (-387), di cui 300 (+1) in terapia intensiva. I deceduti sono 7.906 (+185).
  • la regione con l’indice per 100.000 abitanti più alto è Salisburgo (166), seguita da Carinzia (137), Stiria (114), Burgenland (106), Bassa Austria (103), Tirolo (102), Vienna (99), Voralberg (93) e Alta Austria (82).

La newsletter di questa settimana è molto incentrata sul coronavirus, ma vi lascio ancora due segnalazioni riguardo alla Vienna italiana prima di concludere.

I prossimi libri del Club di Lettura
Gli incontri per chi ama leggere e discutere di letteratura continuano, anche se ancora solo in maniera virtuale. Domani sera parleremo di Kobane Calling di ZeroCalcare, mentre questi sono i testi selezionati per i prossimi incontri:

  • 09 marzo 2021 – Pao Pao di Pier Vittorio Tondelli
  • 13 aprile 2021 – Semina il vento di Alessandro Perissinotto
  • 11 maggio 2021 – L’Italia è un sentiero di Natalino Russo
  • 08 giugno 2021 – Rosa alchemica di Donatella Bisutti

Almeno finché gli incontri rimarranno in videoconferenza sono benvenuti/e anche partecipanti dall’Italia! Tutti i dettagli li trovate qui.

Un cornetto, un cappuccino ed un assedio
Sul blog trovate l’articolo di Rocco Silvestri, nuovo collaboratore, che vi racconta qualche aneddoto sull’origine di cornetto e cappuccino, inventati (forse) proprio a Vienna.

Curiosita' Lascia un commento

Un cornetto, un cappuccino ed un assedio

Una delle colazioni più amate, un rito, una cerimonia, un simbolo della nostra italianità nel mondo. Cornetto e cappuccino è un abbinamento nel quale ci sentiamo rappresentati come popolo e che vantiamo nel mondo, così come una delle prime cose che cerchiamo quando lasciamo il nostro paese per vivere all’estero.

Per il cappuccino siamo arrivati addirittura a stabilire una sorta di galateo, una costellazione di regole su quanto e come berlo che difendiamo a spada tratta quando vediamo qualcuno che non lo rispetti.

Eppure secondo alcune leggende, l’avventura di cornetto e cappuccino sembra partire proprio da qui, Vienna, la città in cui questa bevanda è soprattutto un ammazzacaffè, un’alternativa al limoncello e all’amaro, ottimo per buttare giù uno Schweinsbraten.

Il tutto si dice sia legato ad un particolare evento, l’assedio del 1683 che oltre alle notevoli conseguenze storiche sul destino d’Europa ha apparentemente portato i viennesi a profonde riflessioni sulla loro colazione.

Per prendere di sorpresa la città gli assediatori ottomani decisero infatti di scavare dei tunnel per entrare passando sotto le mura e per non essere scoperti dagli assediati scavarono di notte. Ignorando però che, come probabilmente ancora oggi, le notti di Vienna sono popolate dai suoi fornai.

Fra una Topfengolatsche e un Mohnweckerl, gli instancabili panettieri si accorsero del rumore di picconate sotto i loro piedi e nel dubbio andarono ad avvisare le guardie. La sorpresa fu così smascherata e la città si salvò.

Non è chiaro ora se furono commissionati o se vennero presi da un moto spontaneo ma per celebrare l’evento, i fornai viennesi iniziarono a sfornare i Kipferl, dolci a forma di mezzaluna, ispirati alla bandiera turca (della serie “ce li siamo mangiati!”).

Grazie agli intensi scambi e alla storia comune di Vienna e del nord Italia si può tranquillamente immaginare come il Kipferl si sia diffuso negli anni successivi in tutta la penisola.

Sarà poi la regina Maria-Antonietta ad esportarli alla corte di Parigi dove verranno rielaborati fino a diventare il noto croissant con cui la nobildonna viennese pare abbia cercato di risolvere il problema della fame in Francia.

Al termine della stessa battaglia o forse dopo un’altra battaglia della stessa guerra un soldato polacco, tale Georg Franz Kolschitzky, sembra sia tornato a Vienna con 300 sacchi di caffè lasciati dai soldati turchi in fuga e che per rivenderli abbia aperto in Stock-im-Eisen-Platz 4 una delle prime Kaffeehäuser.

Essendo il caffè molto amaro decise di aggiungervi latte e miele e, dato il colore della bevanda simile a quello del saio dei cappuccini, battezzò il risultato appunto “Kapuziner”. Vera o no che sia il racconto, all’angolo di Favoritenstraße 64 i viennesi hanno posto nel dubbio una statua per ricordare Kolschitzky ed i suoi caffè.

Queste due storie escludono a priori una potenziale origine italiana di cornetto e cappuccino ma per fortuna abbiamo un’altra leggenda a cui aggrapparci per poter vantare dei diritti di proprietà intellettuale almeno sul cappuccino, quella di Marco d’Aviano.

Questo è stato un importante religioso italiano, appartenente all’ordine dei cappuccini, confessore e consigliere dell’imperatore Leopoldo I. Non si sa bene dove, come, quando e perché, ma ad un certo punto, poco prima, durante o poco dopo l’assedio di Vienna del 1683, ha fatto aggiungere del latte ad un caffè troppo amaro e un cameriere nelle vicinanze, sorpreso da questo nuovo modo di bere un caffè, ha esclamato “Kapuziner!”.

La storia è incredibilmente poco verosimile, molto lacunosa, ma ahimè è tutto quello che abbiamo al momento per nutrire il nostro patriottismo sul tema (esistono molte altre varianti , tutte altrettanto incomplete).

Sebbene sia molto difficile valutare la veridicità di queste leggende è certamente molto interessante che tutte siano legate allo stesso evento, un assedio, parte di una guerra durata in totale più di dieci anni e che ha influito sul volto che l’Europa ha ancora oggi.

Dopo un evento di tale portata, i viennesi hanno evidentemente sentito la necessità di qualcosa di dolce, caldo e confortante per riprendersi.

Questo breve excursus di storie che nascono male, si sviluppano male e si concludono male non chiarisce ovviamente da dove venga una delle nostre colazioni preferite, ma sicuramente apre un interrogativo molto importante: se il cappuccino è davvero nato a Vienna, chi fra italiani e austriaci ha il diritto di decidere se si possa bere dopo una pizza?