Su questo blog si è discusso più di una volta di quanto il tedesco sia una lingua veramente difficile. Per impararla ci vuole qualche anno, per perfezionarla una vita intera.
Ammetto sinceramente che, anche dopo più di 15 anni in Austria, quando scrivo un testo di una certa complessità qualche errore capita sempre.
Per fortuna oggigiorno ci sono vari strumenti online che possono aiutare sia chi è alle prime armi che chi ha già una conoscenza avanzata del tedesco per scrivere meglio e senza errori.
Il primo che vi consiglio è il vocabolario online Leo. Tra i più completi e aggiornati, nasce agli albori d’internet (la prima pagina è del 1992), e ancora oggi è tra i siti web più visitati nei paesi di lingua tedesca. Oltre al dizionario italiano – tedesco offre anche versioni in 11 lingue, tutte disponibili gratuitamente.
Per quanto riguarda l’aiuto nella traduzione di frasi o testi completi invece, fino a qualche anno fa vi avrei consigliato di utilizzare Google Translate.
Per molto tempo è stato il leader indiscusso in questo settore, e rimane utilissimo nella traduzione automatica d’interi siti web per esempio, ma da qualche anno è disponibile un nuovo servizio che secondo me lo ormai ha superato, DeepL Translator. Questo strumento nasce all’interno della stessa azienda che ha sviluppato Linguee, un dizionario online che utilizza testi multilingua presenti sul web per mostrare il contesto delle possibilità traduzioni di un termine.
Deepl sfrutta gli stessi algoritmi ma riesce a tradurre automaticamente qualunque testo e – forse perché è stato sviluppato in Germania e quindi i produttori hanno una maggiore attenzione verso il tedesco – il risultato l’ho trovato sempre eccellente (supporta anche traduzioni in altre 24 lingue). Certo non ci si può aspettare di ottenere un testo perfetto, ma offre sicuramente un prezioso aiuto per tradurre velocemente una frase o avere una base di testo in tedesco da migliorare manualmente.
Per chi invece è già abituato a scrivere in tedesco ma vuole comunque un controllo sia grammaticale che dello stile posso consigliare Languate Tools e Duden Mentor. Entrambi offrono un servizio online di correzione sia della grammatica che dello stile. Basta scrivere o incollare un testo e immediatamente vi verranno segnalati possibili miglioramenti.
Duden Mentor nasce dalla casa editrice del famoso dizionario ed è solo in tedesco, mentre Language Tool offre il servizio in 31 lingue. Forse a causa della complessità del tedesco ho notato che entrambi hanno sempre difficoltà a riconoscere molte delle possibili migliorie stilistiche che invece un madrelingua potrebbe suggerire, ma riescono comunque a evidenziare molti aspetti che altrimenti potrebbero sfuggire.
Se conoscete altri servizi online per scrivere meglio in tedesco segnalateli nei commenti!
In base agli ultimi dati dell’ufficio nazionale di statistica, a Vienna vivono quasi 13.000 italiani. Ma la capitale dell’Austria è grande e con 1,9 milioni di abitanti ogni quartiere – o distretto (Bezirk) come si chiama qui – è molto diverso dall’altro.
Per capire quindi più nel dettaglio dove risiedono gli italiani a Vienna ho contattato l’ufficio per le statistiche del comune (MA 23) e dopo pochi giorni ho ricevuto un estratto con il numero di persone di nazionalità italiana residenti a Vienna in ogni distretto dal 2002 al 2021.
Anche se i totali presentano qualche discrepanza rispetto ai dati disponibili su tutta l’Austria (sono leggermente più bassi e non sono aggiornati a quest’anno), si possono ottenere comunque interessanti informazioni.
Partiamo dai dati assoluti: i quartieri con la maggior presenza di italiani a Vienna sono il terzo (898), il secondo (835) e il decimo (670). È interessante notare che mentre i primi due risultano essere da anni i più “amati”, il numero di connazionali nel decimo distretto è raddoppiato solamente negli ultimi cinque anni.
Aggiungiamo ora un ulteriore livello di analisi, mettendo questi dati in relazione con il numero di abitanti dei singoli distretti. Vienna non è infatti ovviamente suddivisa in maniera omogenea, e ci sono distretti con meno e altri con più residenti.
Ricalcolando quindi i dati tramite questa proporzione, il quartiere con il maggior numero di italiani rispetto alla popolazione risulta essere il settimo (1,37%), seguito dall’ottavo (1,35%) e poi dal nono (1,29%).
Infine ho pensato che fosse interessante mettere anche in relazione le dimensioni dei singoli quartieri con la presenza italiana. Anche in questo caso bisogna considerare che Vienna è suddivisa per ragioni storiche in distretti più piccoli (quelli centrali) e altri invece di dimensioni enormi, dove anche una presenza importante di una comunità potrebbe risultare meno visibile.
Ricalcolando dunque la presenza italiana a Vienna in base alle dimensioni dei distretti, risulta che quello con la maggiore densità per km² è il ottavo (310,1) seguito dal settimo (272,4) e dal quinto (251,5).
Nella tabella seguente trovate tutti i dati e i le analisi effettuati con i vari criteri per ogni distretto.
Cari lettori, cari amici,
dopo quasi 100 newsletter inviatevi ogni lunedì mattina, ho deciso di prendermi una pausa.
Ho sempre visto questo progetto come un esperimento che dovesse avere un inizio e una fine, e ritengo che adesso sia il momento giusto per fermalo.
Non perché abbia finito gli argomenti su cui scrivere, anzi. Ogni giorno succede qualcosa di nuovo a Vienna e in Austria, e il desiderio di raccontarveli, per farvi conoscere meglio questo paese rimane in me immutato.
Mi sono però accorto che nell’ultimo periodo la qualità dei testi che vi ho inviato non è sempre stata al livello che avrei voluto (scusatemi!).
Tanti altri progetti e incombenze hanno ridotto il tempo che ho a disposizione per dedicarmi con costanza e con la qualità che vorrei alla scrittura di una newsletter settimanale.
Ho deciso quindi di tornare semplicemente a scrivere sul blog, senza una cadenza precisa, ma pubblicando in base al tempo e agli argomenti che di volta in volta riterrò più interessanti.
Potrete anche seguirmi su vari canali social (Facebook e Twitter in particolare), e ogni tanto penso che vi manderò comunque ancora una newsletter per aggiornarvi sulle novità più importanti, quindi rimanete iscritti (se vi va).
Naturalmente continuerò anche a essere attivo nei progetti di cui faccio parte all’interno della comunità italiana: il Comites Austria che sta già diventando una bellissima realtà, ma anche il Club di Lettura, dove presto festeggeremo il 100° incontro. Insomma non ci sarà il rischio di perderci di vista.
In questi due anni in più di 1.000 avete letto ogni lunedì questa newsletter, mi avete scritto in tanti e anche inviato donazioni, non mi resta che dirvi un immenso grazie!
A presto,
Paolo
P.S. Tutte le newsletter inviate le trovate a questa pagina: quivienna.com/newsletter
Anche in Austria lo shock è stato grande quando la Russia ha deciso di invadere l’Ucraina. Che una guerra potesse scoppiare in Europa nel 2022 è qualcosa che credo nessuno fino a pochi giorni fa riteneva possibile.
Non mi voglio mettere qui a fare analisi politiche o discutere degli scenari che ci aspettano, ma vorrei semplicemente cercare come sempre di darvi qualche informazione in più sull’Austria, e in questo caso sul suo legame con l’Ucraina e la Russia per capire meglio per capire meglio quale sarà il suo ruolo e le sue posizioni in questa vicenda.
Partiamo da un dato geografico: l’Ucraina è molto più vicina all’Austria di quello che forse si pensa. I due paesi sono divisi infatti solo dalla Slovacchia, poco più di 500 km in linea d’aria, meno di quello che ci vuole per raggiungere il Vorarlberg da Vienna.
Ma la vicinanza è anche storica. Molti ormai lo considerano come forse qualcosa da studiare nei libri di storia, ma le regioni occidentali ucraine di Rutenia, Galizia e Bucovina sono state parte dell’Impero Austro-Ungarico per oltre due secoli, fino alla sua dissoluzione alla fine della prima guerra mondiale. La città di Leopoli – in tedesco Lemberg, in ucraino Lwiw – è stata per lungo tempo una delle più importanti dll’impero, e ancora oggi sono presenti le influenze della cultura asburgica.
Questi fattori hanno portato ad una fitta rete di interscambi economici tra i due Paesi, in particolare nel settore bancario. Raiffeisen Bank, una delle banche più importanti del Paese, risulta essere particolarmente esposta sul mercato dell’est europa, dove produce una quota di ricavi del 20% realizzata in Russia e con un ammontare di prestiti di 10,5 miliardi di Euro, considerando anche l’Ucraina. Dopo l’inizio della guerra il titolo in borsa è crollato, con perdite di oltre un quarto del suo valore, e con le sanzioni che colpiranno la Russia ci potrebbero essere ripercussioni anche sul settore austriaco.
C’è infine un ultimo aspetto su cui mi vorrei soffermare e che penso sia importante conoscere: l’Austria è uno dei pochi paesi dell’Unione Europea che non fa parte della NATO. La cosiddetta “neutralità” è uno status che venne richiesto nel 1955 proprio dall’Unione Sovietica come condizione per riacquistare la piena sovranità del paese dopo dieci anni di occupazione alleata. L’obiettivo era appunto quello di impedire che l’Austria aderisse alla NATO, cosa infatti mai successa.
Questa condizione è diventata negli anni un elemento dell’identità austriaca: il 26 ottobre, giorno in cui venne ratificata la neutralità, è festa nazionale. Ma ha anche permesso al Paese di diventare un luogo di dialogo e di incontro, ospitando tra l’altro una sede delle Nazioni Unite a Vienna, o una zona neutrale per negoziati (si tengono per esempio qui già da qualche anno gli incontri sul nucleare iraniano).
Questo ruolo non vuole dire però non prendere posizione. Come ha dichiarato il presidente Van der Bellen nei giorni scorsi la neutralità non significa mettere la testa sotto la sabbia, ma al contrario deve essere una spinta per promulgare la pace, ed ha offerto la sede di Vienna come sede neutrale per i negoziati.
Per chi vuole aiutare la popolazione ucraina, il modo più semplice al momento tramite una donazione alle organizzazione che si sono già attivate e possono aiutare direttamente sul posto, per esempio la Caritas dall’Austria o la Croce Rossa dall’Italia.
La guerra ha messo in secondo piano la pandemia, ma questa naturalmente non si è fermata. Anche se i nuovi contagiati dalla variante omicron continuano ad essere alti, la vita a Vienna sembra quasi tornata alla normalità. Certo l’accesso a locali ed eventi è sottoposto a controllo di vaccinazione o guarigione ed è necessario ancora indossare (più o meno bene) una mascherina, ma l’impressione è che molti ormai si siano abituati a questa situazione, e si cerchi di tornare ad una somiglianza di normalità.
Come accennato il numero di nuovi casi rimane comunque alto, con una media di 25.000 nuovi contagi giornalieri, ma come nelle ultime settimane i ricoveri, sia normali che in terapia intensiva rimangono stabili ad un livello considerato gestibile.
Non ci sono novità particolari riguardo alle restrizioni, o meglio al loro allentamento, comunicato dal governo. Dal 5 marzo sarà possibile accedere a tutti i luoghi chiusi senza mostrare il green pass, inclusi ristoranti, eventi, ecc. Solo a Vienna continuerà a venire richiesto il certificato 2G. Rimarrà invece ovunque l’obbligo di utilizzare mascherine FFP2 nei supermercati, poste, banche, farmacie e sui mezzi pubblici.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 274.258, di cui 2.368 ricoverati in ospedale e 197 in terapia intensiva. Il 69,9% della popolazione risulta protetta da un vaccino.
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
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A lunedì prossimo!
Paolo
L’ufficio nazionale per le statistiche austriache (Statistik Austria) ha pubblicato qualche giorno fa i dati aggiornati al 1 gennaio 2022 della popolazione residente in Austria.
Stiamo diventando sempre di più: attualmente abitano infatti 35.700 italiani in Austria, su una popolazione complessiva di 8.979.894 abitanti, di cui 1.587.251 stranieri.
Il maggiore polo di attrazione risulta essere ancora la capitale Vienna, con 12.805 italiani residenti, poi Tirolo (8.198) e Carinzia (3.113). Le altre regioni a seguire sono Alta Austria (2.743), Stiria (2.554), Salisburgo (2.124), Vorarlberg (2.016), Bassa Austria (1.905) e infine il Burgenland con solo 242 italiani residenti.
La pandemia non sembra aver fermato l’emigrazione: la crescita è infatti continuata in maniera costante, e rispetto all’inizio del 2020 gli italiani in Austria sono aumentati di oltre 3.000 unità, in linea con i dati degli anni precedenti.
Nella classifica delle nazionalità straniere maggiormente presenti in Austria, l’Italia si posiziona al 13° posto. La prima è la Germania con 216.789 residenti, seguita da Romania (138.390) e Serbia (121.734) e poi a scendere da Turchia (117.668), Bosnia-Erzegovina (97.386), Croazia (95.302), Ungheria (94.436), Siria (68.186), Polonia (66.084), Slovacchia (46.719), Afghanistan (45.214) e Bulgaria (35.888).
A Vienna, che all’inizio di quest’anno ha una popolazione totale di 1.931.830 (di cui 621.893 stranieri), la situazione è abbastanza simile. La presenza italiana è in costante crescita (più 696 rispetto all’anno scorso) e la nostra comunità si trova al 14° posto tra le minoranze straniere.
La prima è quella originaria della Serbia (77.135), seguita da Germania (54.111), Turchia (45.354), Polonia (44.185), Romania (39.591), Siria (32.036), Ungheria (26.178), Croazia (25.631), Bosnia-Erzegovina (21.720), Afghanistan (21.370), Bulgaria (21.145), Russia (17.115) e Slovacchia (16.771).
Mancano pochi giorni a La Fonte, il primo festival di letteratura italiana a Vienna. Dal 25 al 27 febbraio presso il teatro Odeon (Taborstraße 10, 1020) si alterneranno autori e autrici per raccontare agli italiani che vivono a Vienna e ai viennesi innamorati del nostro Paese le loro storie, i loro disegni, i loro studi.
Da Carlo Lucarelli ad Antonio Scurati, da Marco Balzano alla nuova rivelazione del fumetto italiano Zuzu, e tanti altri autori e autrici da incontrare di persona. Libri per tutti i gusti e per tutte le età: anche i bambini potranno partecipare a un momento di festa per incontrare la scrittrice per ragazzi Annalisa Strada.
Sul sito web lafontevienna.com trovate maggiori informazioni, gli orari e le modalità di prenotazione.
La settimana scorsa il governo austriaco ha annunciato una svolta nella strategia per affrontare il coronavirus, ponendo in pratica fine a gran parte delle restrizioni in vigore.
Dal 5 marzo non verrà infatti più richiesto il “green pass” ad eccezione dei luoghi più a rischio, come ospedali e case di riposo. Si potranno svolgere eventi senza limitazioni di pubblico o restrizioni, e anche i locali notturni potranno riaprire. Rimarrà l’obbligo di utilizzare una mascherina FFP2 solo nei luoghi al chiuso più frequentati, ovvero mezzi pubblici, supermercati, banche, uffici postali.
Anche questa volta il sindaco di Vienna ha deciso però di seguire una propria strada: nella capitale rimarrà possibile l’accesso a bar, ristoranti e palestre solo a vaccinati e guariti (regola 2G), e rimarrà anche l’obbligo di portare una mascherina in tutti i negozi.
L’ondata di variante omicron è in leggera discesa, ma sembra ancora lontana dal concludersi, con una media la settimana scorsa di 25.000 nuovi casi giornalieri, ma almeno con il numero di ricoveri in ospedale rimasti costanti.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 288.649, di cui 2.234 ricoverati in ospedale e 186 in terapia intensiva. Le regioni con l’incidenza dei contagi più alta sono la Bassa Austria (2.460), Alta Austria (2.365) e il Vorarlberg (2.237). Il 69,8% della popolazione risulta protetta da un vaccino.
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
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Paolo
Se nei primi anni ’80 un signore sulla quarantina vi avesse offerto una bevanda dolciastra inventata in Asia dicendovi che “mette le ali”, la maggior parte di voi lo avrebbe probabilmente preso per matto.
E invece la fortuna e la genialità a volte si incontrano nella persona giusta, portandola al successo. Quel signore infatti non è altro che Dietrich “Didi” Mateschitz, che grazie alla bevanda Red Bull è diventato famoso in tutto il mondo e la persona più ricca d’Austria.
Mateschitz nasce in un piccolo paese della Stiria nel 1944 e la sua carriera è inizialmente come quella di molti. Studia all’università di economia di Vienna e lavora poi vari anni presso alcune multinazionali, dove si specializza in particolare nel marketing.
Durante un viaggio di lavoro in Asia prova Krating Daeng (letteralmente “toro rosso”), una bevanda thailandese a base di taurina e caffeina. Mateschitz vede in quel prodotto un grande potenziale e riesce a mettersi in società con il produttore fondando la società Red Bull (di cui ancora oggi detiene solo il 49%) per esportarlo in Europa.
La bevanda viene introdotta sul mercato austriaco nel 1987, anche se inizialmente con poco successo, sia per il gusto molto particolare che per le critiche legate agli effetti sulla salute di un prodotto di questo tipo.
Ma Mateschitz non si scoraggia, e anzi grazie alle sue idee riesce a creare un mercato mondiale per un prodotto che nessuno aveva chiesto, quello delle bevande energetiche. Fin dall’inizio punta tutto sulla sua specialità, il marketing, tramite campagne innovative e cercando di legare il marchio Red Bull allo sport, in particolare quello più adrenalinico ed estremo.
L’evento più spettacolare che ha sovvenzionato è stato sicuramente il lancio in caduta libera di Felix Baumgartner da 39 chilometri d’altezza. L’evento è costato più di 50 milioni di euro, ma il ritorno pubblicitario e di visibilità è stato valutato in oltre 1 miliardo, senza praticamente dover mostrare nemmeno il prodotto.
Il patrimonio di Mateschitz è stimato a oltre 20 miliardi di Euro. Ma anche se Red Bull è diventato un marchio globale, l’azienda ha comunque sempre mantenuto le sue radici in Austria. La sede principale è ancora oggi a Fuschl am See, un paesino di 1.500 vicino a Salisburgo, situata in un edificio che non presenta né loghi né scritte.
Lo stesso Mateschitz non ha mai amato avere i riflettori puntati su se stesso, preferendo che fossero rivolti verso il suo marchio. Anche quando sembra intenzionato a influenzare l’opinione pubblica austriaca con le sue idee, lo fa infatti sempre in maniera indiretta.
L’esempio più recente è legato a Servus TV, l’emittente privata austriaca in suo possesso. Attiva dal 2009, ha sempre avuto una programmazione legata a una visione molto tradizionale dell’Austria, con tendenze anche populiste. Dall’arrivo del coronavirus si è però spostata sull’appoggiare le tesi novax più disparate, facendo diventare il canale un punto di riferimento di questa area.
Anche se Mateschitz non si è mai esposto pubblicamente su questi temi (e risulta anche che sia vaccinato), sembra che difficilmente senza la sua approvazione si sarebbe scelta questa linea editoriale.
Mateschitz ha oggi 78 anni, ma continua ancora a gestire l’azienda di persona come il primo giorno e non sembra intenzionato a ritirarsi. Che la sua bevanda gli abbia veramente “messo le ali”?
L’ondata di variante Omicron continua ad essere dominante in tutta l’Austria, con una media di 30.000 casi giornalieri anche questa settimana. Con la fine delle “ferie semestrali” e il rientro a scuola si teme però che i numeri possano crescere nei prossimi giorni.
Vista la situazione negli ospedali, e probabilmente anche per un calcolo politico, il governo continua però con il piano di riaperture. Mercoledì è inoltre previsto un incontro tra i rappresentanti del governo e delle regioni, dove dalle prime indiscrezioni sembra che verrà annunciata la rimozione di tutte le restrizioni nelle prime settimane di marzo.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 325.038, di cui 2.081 ricoverati in ospedale e 200 in terapia intensiva. Le regioni con l’incidenza dei contagi più alta sono Vorarlberg (3.064), Carinzia (3.045), e Alta Austria (2.835). Il 69,7% della popolazione risulta protetta da un vaccino.
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
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Da oggi a Vienna più di 200.000 studenti non andranno a scuola per una settimana. Non saranno – come forse state pensando – in quarantena, al contrario potranno godersi le “vacanze tra i semestri” (Semesterferien).
Questa chiusura avviene ogni anno a febbraio, ed ha origine negli anni ’70, durante la cosiddetta crisi energetica, quando a causa del brusco aumento del prezzo del petrolio, in tutti i paesi europei vennero introdotte varie misure per risparmiare sui consumi.
Una tra quelle più utilizzate e che si ricorda anche in Italia fu il divieto di circolare in auto in alcune giornate, o la riduzione dell’illuminazione stradale e commerciale. Ma in Austria il governo dell’epoca decise anche d’introdurre la chiusura di tutti gli edifici scolastici per una settimana durante il mese più freddo – febbraio per l’appunto – con l’obiettivo di risparmiare dunque sul riscaldamento e sull’elettricità.
A febbraio 1974 si svolsero quindi le prime “ferie energetiche” (Energieferien – questo il nome originale), ma il risparmio effettivo per il paese fu piuttosto limitato. La maggior parte degli austriaci utilizzarono infatti fin da subito questi giorni di vacanza per andare a sciare (o per viaggi in mete più calde), spostando quindi il consumo su alberghi, macchine e aeroplani.
L’effetto sul turismo (e quindi sull’economia) si dimostrò però così vantaggioso che ci si dimenticò ben presto dell’ideale con cui era stata introdotta questa settimana, e si decise quindi di mantenerla ogni anno. Il mese di febbraio è così diventato – anche grazie a giornate di vacanza simili in Germania e Svizzera – quello di maggiore guadagno per le aree sciistiche austriache (e alcuni dicono anche quello di maggiori consumi energetici).
La politica austriaca continua a riservare delle sorprese: la settimana scorsa sono infatti venuti alla luce dei documenti con accordi segreti siglati tra i partiti sia del primo governo Kurz (quello con il partito della libertà – FPÖ) che del secondo con i verdi (e che continua ancora oggi anche se con Karl Nehammer come cancelliere).
Queste cosiddette “sideletters” (qui gli originali) oltre a decisioni politiche che si erano volute tenere al di fuori dei contratti di governo ufficiali, contengono anche nomi e cognomi di persone vicine ai partiti che si era deciso fin dall’inizio d’installare nelle posizioni più importanti del paese.
Per quanto riguarda le aziende controllate dallo Stato e dove il governo avrebbe comunque avuto comunque l’ultima parola non c’è in realtà niente d’illegale, (anche se si potrebbe discutere a lungo di trasparenza dei processi di selezione), ma nei documenti si trovano anche indicate le persone che dovrebbero venire assegnate per esempio a guidare la radiotelevisione pubblica, che in Austria devono essere invece indipendenti per legge.
Che questi accordi fossero stati fatti tra il partito popolare (ÖVP) e il partito della libertà (FPÖ) si era già vociferato in passato e viste le attuali indagini e processi in corso non hanno stupito più di tanto.
Molti più problemi stanno invece creando al partito dei verdi (Die Grüne), che da sempre ha messo la trasparenza e la lotta al nepotismo come alcuni dei suoi principi fondamentali. La partecipazione e il programma (ufficiale) del governo era stato inoltre approvato dal congresso nazionale, ma questi documenti erano conosciuti solo da un ristretto gruppo dirigente.
Il vice-cancelliere e leader dei verdi Werner Kogler si è scusato per questa poca trasparenza, giustificandosi che questo era stato l’unico modo per formare una coalizione, scaricando quindi la “colpa” sull’ex cancelliere Kurz, e dicendo che comunque le decisioni al suo interno rimarranno valide.
L’ondata legata alla variante omicron continua a imperversare in tutta l’Austria, con la settimana scorsa una media di 30.000 nuovi casi giornalieri. Come ormai si è capito grazie alla sua minore aggressività, ma sopratutto grazie alla maggior parte della popolazione già vaccinata, anche con un numero di casi così alto il sistema sanitario sta riuscendo a gestire la situazione.
Riguardo alle restrizioni in vigore, come accennato la settimana scorsa Vienna ha deciso di non seguire le linee guida del governo. In particolare si è deciso di mantenere la richiesta di certificato 2G (guarito o vaccinato) per accedere a bar e ristoranti (mentre nelle altre regioni è possibile anche solo con un test negativo). Dal 12 febbraio cadrà invece come nel resto del paese l’obbligo di 2G per accedere agli esercizi commerciali e nei musei (rimane obbligatorio l’uso della mascherina FFP2).
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 348.884, di cui 1.896 ricoverati in ospedale e 201 in terapia intensiva. Le regioni con l’incidenza dei contagi più alta sono il Tirolo (3.007), Vorarlberg (2.809) e Alta Austria (2.692). Il 69,3% della popolazione risulta protetta da un vaccino.
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
Questa settimana non ho altre segnalazioni, vi lascio quindi invece con qualche articolo ripescato dall’archivio del blog:
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Il 27 gennaio anche in Austria si sono commemorate le vittime dell’Olocausto nel Giorno della Memoria. Spesso non ci si pensa, ma anche qui il nazionalsocialismo ha compiuto i peggiori orrori, con la sistematica uccisione di più di 65.000 cittadini austriaci.
Sebbene sia parte della storia austriaca, la presa di coscienza delle proprie responsabilità in questi avvenimenti è stato un percorso molto lungo per il paese. Dopo la guerra il tema è stato minimizzato se non nascosto sotto il mito della prima vittima (Opfermythos), e solo a partire dagli anni ’80 si è lentamente presa consapevolezza e sono state ammesse le proprie colpe nel genocidio.
Il primo monumento per ricordare le vittime del nazionalsocialismo venne infatti inaugurato solo nel 1988: si tratta del “memoriale contro la guerra e il fascismo” (Mahnmal gegen Krieg und Faschismus) realizzato nel 1988 da Alfred Hrdlicka nella Helmut-Zilk-Platz. Questo ricevette però molte critiche da parte della comunità ebraica, che lo riteneva non sufficiente e troppo generico.
Nel 2000 venne quindi installato nella Judenplatz il “monumento alle vittime ebraiche austriache della Shoah” (Mahnmal für die österreichischen jüdischen Opfer der Schoah) ideata dalla scultrice inglese Rachel Whiteread, seguito dalle pietre della memoria (Steine des Gedenkens o Steine der Erinnerung), una versione viennese delle “pietre d’inciampo” (Stolpersteine) dell’artista tedesco Gunter Demnig e nel 2017 dal memoriale presso la ex-stazione ferroviaria di Aspang (Aspangbahnhof) nel terzo distretto, da dove partirono i treni per i campi di concentramento.
L’anno scorso è stato infine inaugurato il muro dei nomi (Namensmauer) presso l’Ostarrichi Park. Ideato dall’artista Kurt Yakov Tutter, si tratta di una ellisse formata da 160 grandi lastre di granito, su cui sono incisi i nomi dei 64.435 ebrei austriaci accertati che furono avviati dal nazismo ai campi di sterminio. Un’opera che lascia veramente senza fiato, con i nomi di uomini, donne, anziani e bambini che potremmo essere noi, uccisi da una folle ideologia.
Questi monumenti sono un simbolo per non dimenticare quello che è stato, ma la comunità ebraica di Vienna non vive però solo nel ricordo: seppur ridotta (circa 7.000 persone) continua a essere presente e molto attiva in città, sia presso le proprie istituzioni che tramite musei e iniziative.
La variante omicron continua a diffondersi in Austria, e durante la settimana scorsa sono stati raggiunti nuovi record dei contagi, con il picco finora di oltre 43.000 nuovi casi giovedì scorso. Qualcuno potrebbe considerare questa situazione come altamente preoccupante, ma non il governo austriaco, che ha invece annunciato la rimozione di molte restrizioni per le prossime settimane.
Innanzitutto da domani (1° febbraio) ci sarà la fine del “lockdown” per non vaccinati (al momento potevano uscire di casa solo per lavoro o acquisto di beni di prima necessità, anche se sembra che pochi si siano tenuti a queste regole). Dal 5 febbraio sarà inoltre spostato l’orario di chiusura di bar e ristoranti dalle 22 alla mezzanotte, dal 12 febbraio non verrà più richiesto di presentare il green pass (guariti o vaccinati) per accedere ai negozi e una settimana dopo verrà permesso anche ai soli testati di accedere in bar, ristoranti e strutture turistiche.
Mentre la maggior parte dei governatori legati al partito di governo ha espresso soddisfazione, il sindaco di Vienna ha espresso grandi dubbi su queste scelte, e si valuterà se per la capitale continuare a seguire restrizioni diverse. Ha fatto inoltre alzare più di un sopracciglio queste nuove misure, visto che sempre da domani entrerà in vigore l’obbligo vaccinale in tutta l’Austria. Come può venir ritenuto valido un test, se la legge richiede che tutti debbano essere vaccinati?
L’unico aspetto buono è che la situazione negli ospedali è rimasta questa settimana ancora sotto la soglia di allarme. C’è stato un aumento dei ricoverati in ospedale, ma al momento il numero di pazienti in terapia intensiva continua a rimanere stabile.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 301.221, di cui 1.448 ricoverati in ospedale e 177 in terapia intensiva. Le regioni con l’incidenza dei contagi più alta sono Vienna (3.220), Tirolo (2.774), Vorarlberg (2.754) e Salisburgo (2.734).
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“Positiv getestet: Zwei Corona-Infizierte in Tirol”: il 25 febbraio 2020 il quotidiano Kronen Zeitung annunciava così la scoperta dei primi casi di coronavirus in Austria, due italiani residenti a Innsbruck che pochi giorni prima erano stati a Bergamo.
Sono trascorsi due anni, e il virus è diventato ormai parte delle nostre vite. I vaccini ci stanno lentamente aiutando a uscirne, ma come vediamo dalla variante omicron, ogni giorno le cose possono cambiare. Alcuni l’anno già definita come una terza guerra mondiale, che il mondo intero combatte contro un nemico invisibile.
Per rendersi conto di quanto il coronavirus abbia colpito ognuno di noi non credo ci sia migliore indicatore dei numeri. Vi riporto alcuni dei più importanti relativi a questi due anni in Austria:
Fonti: Orf, Ages, Gesundheitsministerium, Finanzministerium.
Sono numeri che messi insieme penso rendano più chiara la dimensione di quello che stiamo vivendo (e solo per quanto riguarda l’Austria).
Ma tutti questi numeri sono condannati a salire: la variante omicron continua infatti a tenere sotto scacco il Paese. La settimana scorsa sono stati superati i 25.000 casi giornalieri, anche se si presume che siano molti di più a causa di problemi di rilevamento in molte regioni.
La situazione negli ospedali rimane al momento relativamente tranquilla, con meno di 200 persone in terapia intensiva, anche se come ormai sappiamo, ci vogliono alcune settimane prima che l’aumento dei casi corrisponda a un aumento dei ricoveri.
Il governo austriaco rimane comunque al momento fermo sulle proprie decisioni e non sono previste nuove restrizioni o chiusure. La legge per l’obbligo vaccinale è stata approvata dal parlamento ed entrerà in vigore come già scritto dal 1 febbraio.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 208.238, di cui 869 ricoverati in ospedale e 193 in terapia intensiva. Le regioni con l’incidenza dei contagi più alta sono Tirolo (2.576), Salisburgo (2.562) e Vienna (2.086). Il 72,13% della popolazione risulta protetta da un vaccino.
(Per rimane aggiornati sulle misure in vigore, sia in Italia che in Austria, vi consiglio come sempre la pagina Focus Coronavirus dell’Ambasciata di Vienna)
Dopo tanto tempo ho pubblicato un articolo “classico” sul blog, sul tema dello SPID. Per chi non lo conosce, si tratta di un sistema d’identificazione che permette l’accesso ai servizi online della pubblica amministrazione italiana.
Ottenerlo in Italia è semplice, basta recarsi a uno degli sportelli abilitati, mentre per chi risiede all’estero la procedura deve essere fatta online e richiedere qualche passaggio in più.
Poiché presto diventerà necessario per accedere ai servizi consolari online (il portale Fast-IT), è sicuramente importante iniziare ad informarsi su come ottenerlo. La guida completa la trovate sul blog.
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A lunedì prossimo!
Lo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, è un sistema di identificazione che permette l’accesso ai servizi online della pubblica amministrazione italiana.
In Italia viene ormai richiesto dalla maggior parte dei portali, come per esempio quelli del comune, dell’anagrafe online, dell’INPS o dell’Agenzia delle Entrate.
Ma anche per noi italiani all’estero sarà presto obbligatorio avere lo SPID. Dal 1 gennaio 2023 sarà infatti possibile accedere ai servizi consolari online (il portale Fast-IT) solamente tramite queste credenziali.
In questa breve guida vediamo dunque insieme come ottenerlo facilmente per chi risiede all’estero.
Prima di iniziare la procedura per ottenere lo SPID è importante essere sicuri di avere tutti i documenti necessari per richiederlo. Questi sono:
Riguardo a quest’ultimo punto, se come molti italiani all’estero non avete più una tessera sanitaria valida, dovrete richiedere un certificato di attribuzione sostitutivo del codice fiscale.
Farlo è molto semplice, basta inviare una email alla cancelleria consolare (per l’Austria scrivendo a ci_ambvien@esteri.it) e si riceverà in poco tempo una risposta col documento allegato.
Lo SPID viene rilasciato dai cosiddetti Gestori di Identità Digitale accreditati dall’Agenzia per l’Italia Digitale.
Questi offrono varie possibilità di registrarsi: per chi vive in Italia si può fare la richiesta di persona presso gli uffici predisposti.
Dall’estero la procedura deve invece essere fatta online. Le modalità a disposizione per l’identificazione sono quindi due:
1) tramite webcam
E’ sicuramente il metodo più semplice, ma per il quale è però previsto un costo da tutti i gestori.
La procedura è abbastanza semplice: basterà registrarsi su uno dei provider che offrono il servizio, effettuare il pagamento e richiedere un appuntamento.
Con l’aiuto di un operatore o tramite sistemi automatizzati di riconoscimento sarà quindi possibile caricare i documenti richiesti e ottenere le credenziali SPID.
I provider che offrono il riconoscimento con la web è il seguente (in ordine di costo – aggiornato 01.2022)
2) tramite carta d’identità elettronica
È il metodo che ho utilizzato io: se siete già in possesso della nuova carta d’identità elettronica (quella in formato tessera), grazie al chip interno di identificazione la potete utilizzare per ottenere lo SPID. Rispetto al metodo con la webcam è inoltre completamente gratuita.
Per utilizzare questa modalità è necessario avere:
La procedura è poi molto simile alla precedente: bisognerà registrarsi su un provider che offre il servizio e seguire la procedura di caricamento dei documenti richiesti (vi consiglio di farlo con un computer) e di riconoscimento della carta d’identità.
I provider che offrono questa opzione sono:
Alla fine della procedura di identificazione otterrete un nome utente e una password, il vostro SPID. Vi ricordo che l’utilizzo dello SPID è in ogni caso gratuito per il cittadino.
Le credenziali ottenute si potranno usare in tutti i portali della pubblica amministrazione abilitati. Basterà premere su “Entra con SPID” e selezionare il gestore con cui avete fatto la registrazione.
Verranno quindi richieste le credenziali e in alcuni casi una conferma tramite un codice temporaneo di accesso fornito attraverso sms o con l’uso di un’app del gestore di identità digitale.
Avete già richiesto lo SPID all’estero? Lasciate la vostra esperienza o i vostri consigli nei commenti!