Dopo l’annuncio dei risultati del primo turno per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica austriaca svoltesi ieri, lo shock per molti è stato grande. In positivo o in negativo in base alla propria appartenenza politica, ma in ogni caso è stato un terremoto che aprirà nuovi scenari politici per il futuro del Paese.
Le percentuali (Hofer 36,4%, Van der Bellen 21,3%, Griss 19%, Kohl 11,1%, Hundstorfer 10,9% e Lugner 2,3% ) sono decisamente chiare, quindi preferisco concentrarmi in questo articolo più su qualche considerazione riguardo ai risultati e a quello che mostrano per il futuro della (mia) Austria.
Innanzitutto i partiti tradizionali: i socialdemocratici (SPÖ) e conservatori (ÖVP) – che attualmente formano il governo nazionale – hanno ottenuto il peggiore risultato nella loro storia politica. Non è stata una sorpresa: già nei sondaggi erano dati perdenti, e la loro campagna elettorale, dalla scelta dei candidati al sostegno dei “nomi grossi” del partito è stata catastrofale fin dall’inizio. Questi risultati sono stati un vero e proprio schiaffo in faccia da parte del popolo: l’insoddisfazione è alta e gli elettori in tutti i sondaggi indicano una grande sfiducia nell’operato del governo. Se questa (ennesima) batosta li farà svegliare oppure cadere completamente nel baratro si capirà probabilmente nei prossimi mesi.
Irmgard Griss è stata una sorpresa per molti. All’annuncio della candidatura, da indipendente e senza alcuna esperienza politica, in pochi le avevano dato possibilità di vittoria. Invece fino a ieri i sondaggi la davano praticamente in pari con gli altri due candidati vincenti, secondo me un’altro segnale della sfiducia nei partiti tradizionali in Austria.
Alexander Van der Bellen, a lungo portavoce dei Verdi, ha cercato di presentarsi anche lui da indipendente per allargare il suo consenso a tutta la popolazione. In parte gli è riuscito, ma dovrà sicuramente cercare di portare nuovi argomenti e forse spostare le sue posizioni “in centro” per riuscire a vincere al ballottaggio.
Il chiaro vincitore è stato Norbert Hofer dell’FPÖ. I motivi del suo successo sono molti: come già scritto la sfiducia nei partiti tradizionali e l’incapacità dell’attuale governo di dare risposte chiare ai bisogni degli elettori, poi la questione dei rifugiati che oramai dall’anno scorso è il tema centrale della discussione politica in Austria, ma anche una grande capacità mediatica e di parlare con la “lingua dei cittadini” del partito di Hofer che è sempre stata (secondo me) molto sottovalutata. In tutto questo sono state secondo me anche fondamentali le modalità per l’elezione del Presidente della Repubblica in Austria. Al contrario dell’Italia egli viene infatti eletto direttamente dal Popolo, rendendo quindi il tutto una corsa elettorale sui temi cari ai partiti, invece di cercare di trovare un candidato condiviso da una grande maggioranza.
Indipendentemente da cosa succederà il 22 maggio – giorno del ballottaggio – questi risultati sono in ogni caso un chiaro segnale per il governo e per la direzione che sta prendendo l’Austria. Le ultime elezioni amministrative hanno mostrato un chiaro spostamento verso destra dell’elettorato (sia come voto di protesta che per chiedere un cambiamento nelle politiche). I partiti di governo sembrano completamente allo sbando, e invece di riforme (innanzitutto al loro interno) hanno solamente perseguito politiche contrarie ai propri principi che confondono il loro elettorato tradizionale e danno ragione ai partiti di opposizione (in particolare quelli di destra).
Se non ci saranno cambiamenti forti e chiari da parte dei partiti di governo le elezioni nazionali del 2018 – se non si svolgeranno prima – porteranno un’altro cambiamento epocale per l’Austria.
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al momento della mia lettura (ore 00:02, del 26.04.) il nome del candidato hofer é riportato in modo errato. non si chiama andreas (come il “freiheitskämpfer” tirolese dell’ anno 1809), ma norbert.
Che svista! :-D Grazie mille per avermelo segnalato, ora è corretto.
Se posso … riguardo allo schiaffo in faccia, sarebbe corretto “nei confronti” del popolo invece che “da parte” essendo il popolo il soggetto che subisce l’azione e non quello agente.