E così come molti già prevedevano, l’Austria entra oggi in un nuovo lockdown per tutta la popolazione. C’è da chiedersi perché sprecare ulteriori sette giorni, quando era già chiaro che escludere solamente i “non vaccinati” sarebbe stato insufficiente a fermare la diffusione del virus.
Purtroppo da quello che ho letto nei retroscena sono state necessarie forti pressioni per far cambiare opinione al governo, che fino all’ultimo voleva evitare la chiusura totale per non dover contraddire la narrazione tenuta finora, in particolare dal partito popolare (ÖVP), che già prima dell’estate aveva annunciato la “fine della pandemia per i vaccinati”.
Ma come ho già scritto in passato questa è ancora la pandemia di tutti. E la variante delta insieme a un tasso di vaccinazione tra i più bassi in Europa ha condotto l’Austria a essere il primo Paese a reintrodurre un lockdown, che nuovamente si poteva evitare.
Esattamente un anno fa avevo inviato una newsletter in cui scrivevo la stessa cosa. Quel lockdown (il secondo in Austria) era diventato necessario, ma si poteva evitare. Ecco un estratto:
Mi chiedo chi abbia sbagliato. Se i cittadini, che affollano i centri commerciali e non rispettano le regole, pensando che il coronavirus sia qualcosa che tocca solo gli altri. O il governo, che non è riuscito a far capire alle persone la portata di questa pandemia, ed è arrivato impreparato alla situazione attuale.
Quello che so è che da marzo non abbiamo imparato nulla. E ora chi deve pagare sono nuovamente i bambini che non potranno andare a scuola e le famiglie che devono nuovamente prendersi in carico di tutto. Sperando sempre che questo non sia il colpo di grazia per tantissime aziende e lavoratori.
Questo nuovo lockdown è diventato necessario, ma si poteva evitare. Sarebbe bastato che ognuno si prendesse le sue responsabilità, si comportasse da persona adulta, pensando non solo a se stessa, ma anche al prossimo. Molti cittadini lo hanno sicuramente fatto, ma tanti altri no. E questo governo non lo ha fatto, giocando invece sui proclami per sembrare forte nell’illusione che la situazione si risolvesse magicamente da sola
Nelle prossime settimane molto probabilmente il numero dei casi scenderà, e a dicembre ci daremo tutti delle grandi pacche sulle spalle dicendoci quanto siamo stati bravi. E poi? Avremo veramente imparato questa volta? O ricominceremo tutto da capo?
L’anno scorso il lockdown iniziò il 17 novembre, interrotto per alcune settimane a dicembre e ricominciò subito dopo Natale per poi durare fino a maggio. La storia si ripeterà anche questa volta?
Un breve commento anche sull’obbligo di vaccinazione, che il governo ha annunciato di voler introdurre da febbraio 2022. Anche qui l’Austria è il primo paese in Europa con questa misura, anche qui è un cambio di rotta totale rispetto alle scelte fatte finora (al contrario dell’Italia, in Austria nessun vaccino è obbligatorio). È sicuramente una misura molto drastica, ed è possibile che porti a una divisione ancora maggiore all’interno della popolazione. Ma è anche probabile che sia l’unico modo per porre veramente una parola fine alle restrizioni e alla pandemia. L’iter legislativo è comunque solo all’inizio, le discussioni non mancheranno sicuramente.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 149.444 (più 37.551 rispetto a una settimana fa), di cui 2.923 (+596) ricoverati in ospedale e 527 (+95) in terapia intensiva. La regione con l’incidenza dei contagi più alta è Salisburgo (1.843), seguita da Alta Austria (1.691), Vorarlberg (1.310), Carinzia (1.288), Tirolo (1.272), Bassa Austria (909), Stiria (747), Burgenland (731) e Vienna (643). Il 65,96% della popolazione ha ricevuto almeno una prima dose di vaccino.
Le regole del lockdown in vigore da oggi:
La fine è prevista per il 12 dicembre, ma dovrebbe continuare per chi non è ancora vaccinato.
Per gli ultimi aggiornamenti sulle regole in vigore per chi desidera muoversi tra Italia e Austria consiglio di seguire gli aggiornamenti della pagina Focus Coronavirus sul sito web dell’Ambasciata.
Credo di aver sbagliato la settimana scorsa a intitolare la newsletter “la pandemia dei non vaccinati”. In Austria, come anche nel resto del mondo, il coronavirus continua infatti a essere la pandemia di tutti noi.
Perché anche se chi non è vaccinato ha una maggiore possibilità di ammalarsi gravemente, le conseguenze della condizione in cui ci troviamo colpiscono tutti.
La situazione in Austria continua a essere drammatica. Questa settimana sono stati registrati ogni giorno più di 10.000 nuovi casi (in un paese di otto milioni di abitanti, meno della sola Lombardia).
Dopo che la settimana scorsa erano già state introdotte misure per ridurre i contatti delle persone non vaccinate, il governo ha deciso d’inasprire le misure con lockdown per non vaccinati.
Da oggi tutte le persone con più di 12 ani che hanno scelto di non vaccinarsi potranno infatti uscire di casa solo per motivi di assoluta necessità, come andare al lavoro o fare la spesa.
Le restrizioni – uniche in Europa – riguarderanno alcune milioni di persone, visto che il tasso di vaccinazioni rimane ancora tra i più bassi in Europa, circa il 65 percento.
L’idea del governo è di far crescere il più velocemente possibile con queste misure drastiche la percentuale di vaccinati, ma difficilmente sarà così.
Innanzitutto perché la fiducia della popolazione nelle decisioni del governo per quanto riguarda il coronavirus è ai minimi storici. La classe politica sembra allo sbando, con decisioni prese senza un progetto preciso, senza assumersi le proprie responsabilità ma anzi cercando ora di attribuire tutte le colpe su chi non si è vaccinato, il che difficilmente li invoglierà a vaccinarsi.
E il secondo motivo è semplicemente numerico. Da quando sono state annunciate le restrizioni il numero di prime vaccinazioni è aumentato a circa 10.000 al giorno. Ma dai calcoli degli esperti mancano ancora almeno 1.5 milioni di persone e a questo ritmo ci vorrebbero mesi prima di raggiungere l’effetto sperato.
L’impressione che hanno molti – me compreso – è che un nuovo lockdown generale per far scendere la curva sarà presto necessario, forse già lunedì prossimo. La domanda è ancora una volta se avremo finalmente imparato la lezione, o se fra qualche mese saremo di nuovo da capo.
Vienna nel frattempo continua a seguire una propria via (che al momento gli stanno dando ragione visto il basso numero di casi) introducendo l’obbligo anche per i vaccinati e guariti di presentare un test negativo per accedere ad attività del tempo libero (cinema, teatro, locali notturni) e agli eventi con più di 25 persone, come anche l’uso delle mascherine in bar e ristoranti se non si è al tavolo.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 111.893 (più 39.347 rispetto a una settimana fa), di cui 2.327 (+424) ricoverati in ospedale e 433 (+68) in terapia intensiva. La regione con l’incidenza dei contagi più alta è l’Alta Austria (1.328), seguita da Salisburgo (1.271), Carinzia (916), Vorarlberg (864), Bassa Austria (863), Tirolo (844), Stiria (671), Burgenland (612) e Vienna (468). Il 65,22% della popolazione ha ricevuto almeno una prima dose di vaccino.
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A lunedì prossimo!
Quasi 10.000 nuovi casi al giorno. Le terapie intensive che si riempiono. La prospettiva di un nuovo lockdown. Pensavo che non avrei dovuto più scrivere una frase del genere, e invece – dopo quasi due anni dall’inizio della pandemia – il coronavirus ha di nuovo l’Austria in pugno.
Come molti esperti già avvertivano da mesi, il basso tasso di vaccinazione nella popolazione, fermo al 66,8%, avrebbe portato a una nuova ondata. La variante delta sta facendo aumentare il numero di casi a una velocità mai vista prima. Mentre in Italia l’indice di contagio sui sette giorni è 57,5, la media austriaca è schizzata a 592,3.
E come mostrano le statistiche la maggior di coloro che si ammalano gravemente sono proprio i non vaccinati. Il governo austriaco ha quindi deciso l’introduzione immediata di nuove restrizioni, che entreranno in vigore da oggi per tutto il paese:
Sono misure credo tra le più restrittive in Europa per quanto riguarda le limitazioni per chi non è ancora vaccinato. Ma sembra che già solo l’annuncio abbia fatto un primo effetto. Nel fine settimana si sono infatti formate lunghe code presso tutti i centri vaccinali del Paese.
Si potrebbe dire “ben gli sta” ai non vaccinati, ma incolpare i cittadini di questa situazione secondo me non è giusto. Anche in Austria ci sono i “novax”, ma sono comunque una piccola parte della popolazione.
Il motivo per cui siamo di nuovo in questa situazione è purtroppo da cercare nella classe politica di questo paese. Il governo e in particolare l’ex cancelliere Sebastian Kurz ha gestito la pandemia fin dall’inizio come un patriarca: ferreo quando la situazione diventava drammatica e benevolo durante l’estate quando diventa comodo per raccogliere voti.
Invece di creare un senso di comunità, di fare un vero sforzo comune per uscire dalla pandemia, si è cercato soluzioni facili sostenute solo dai sondaggi. La campagna vaccinale è stata quindi debole, con poche informazioni. Già ad aprile il messaggio era stato che la pandemia fosse già finita, invece di cercare di spingere per le vaccinazioni.
Ma anche il modello federalista austriaco, che lascia grandissimi poteri decisionali alle regioni è stato una causa del fallimento. I governatori hanno applicato misure a piacimento, senza considerare la situazione nazionale, spesso solo per gestire i propri interessi. Ma in un paese così piccolo come l’Austria questo non può funzionare, e si vede ora nella differenza di vaccinati tra le varie regioni e quindi anche nel numero di casi.
Questa settimana i casi continueranno sicuramente a salire, vedremo presto se le misure ora in vigore saranno sufficienti o se lo scenario di un lockdown (alcuni dicono solo per alcune regioni) potrebbe diventare reale.
A oggi i casi attivi in tutta l’Austria sono 72.546, di cui 1.903 ricoverati in ospedale e 365 in terapia intensiva. Le regioni con l’indice più alto di casi sono Salisburgo (913!), Alta Austria (906!) e Bassa Austria (641). Vienna è attualmente la più virtuosa, con un indice di “solo” 371. Il 66,8% della popolazione ha ricevuto almeno una prima dose di vaccino.
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In queste giornate in cui si ricordano i Santi e i defunti, il governo austriaco con la proposta di legge presentata per regolamentare il suicidio assistito ha fornito sicuramente molto materiale su cui discutere.
Alla fine del 2020 la corte costituzionale aveva stabilito l’illegittimità di parte della norma che punisce “chi presta aiuto” al suicidio. La sentenza ha ritenuto che la scelta di togliersi la vita faccia parte del diritto all’autodeterminazione di ogni persona, protetto dalla costituzione.
Se per questo è necessario l’aiuto di un medico o di una persona di fiducia quest’ultimo non deve quindi essere perseguito dalla legge (rimane invece vietata l’eutanasia o l’istigazione al suicidio). La corte aveva previsto che il decadimento della norma sarebbe avvenuto il 1 gennaio 2022, proprio per dare tempo al governo di formulare una legge che gestisca questa situazione.
La proposta del governo – che quasi sicuramente verrà approvata – prevede che l’accesso al suicidio assistito sarà permesso solo per le persone che soffrono di malattie terminali o affetti da patologie che compromettono permanentemente il modo di vivere. I minorenni sono esclusi.
La richiesta di suicidio assistito dovrà essere approvata da due medici, uno dei quali specializzato in cure palliative. Sarà da comprovare sia la capacità di intendere e di volere del paziente sia l’impossibilità di offrire altre opzioni per migliorarne la situazione. Dopo l’approvazione sarà infine previsto un tempo di attesa di almeno dodici settimane, che in caso di pazienti terminali all’ultimo stadio potrà essere ridotto a due.
Dopo questo termine sarà possibile ottenere un farmaco letale che dovrà comunque essere assunto dal paziente stesso. E’ previsto che né i medici né altro personale saranno comunque obbligati a seguire i pazienti durante il percorso.
Personalmente credo che il governo sia riuscito con questa legge a trovare un buon compromesso tra il rispettare i diritti individuali e gli obblighi che lo Stato ha nei confronti dei cittadini.
Il legislatore deve infatti assicurare innanzitutto che la scelta sia veramente libera, senza pressioni esterne o causata per esempio da una fase depressiva o perché non si vuole essere “di peso” per la famiglia.
Allo stesso tempo lo Stato deve anche assumersi la responsabilità di offrire a chiunque le migliori cure possibili, per evitare che una persona per paura di soffrire o perché si trova in una situazione di precarietà scelga di togliersi la vita (su questo punto con la proposta di legge sono stati anche aumentati i fondi per le cure palliative).
È una legge che farà sicuramente ancora molto discutere, ma che segue una strada presa già da altri Paesi europei (anche in Italia la corte costituzionale si è espressa a riguardo, anche se manca ancora una legge), sancendo come diritto fondamentale la libertà del singolo sulla propria vita.
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Oggi per molti in Austria è un giorno di ponte – o Fenstertag in tedesco – essendo domani festa nazionale. Anche io mi trovo in Alta Austria dalla famiglia di mia moglie per il lungo fine settimana, questa newsletter vi arriva quindi in “formato ridotto”, ma comunque con tante segnalazioni.
I temi infatti non mancano: il governo austriaco ha presentato nuove misure contro il diffondersi del coronavirus, che si vanno ad aggiungere all’obbligo di green pass sul posto di lavoro dal 1 novembre. C’è poi stata la presentazione della legge sul suicidio assistito che entrerà in vigore nel 2022, ma a questa dedicherò in maniera approfondita la prossima newsletter.
E ci sono infine tante altre segnalazioni legate al cinema, al turismo e alla letteratura da non perdere, iniziamo:
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IKEA: mobili dal design funzionale, di buona qualità e soprattutto dal costo contenuto. Grazie a queste caratteristiche – e alla capacità di convincere i suoi clienti che possa essere un divertente passatempo montare mobili da soli – l’azienda svedese è diventata un marchio di successo in tutto il mondo.
L’unico grande problema di IKEA è però sempre stata la posizione dei suoi negozi, collocati per necessità di spazio nelle periferie. E per chi vive in una città come Vienna, dove sempre meno persone possiedono una macchina, raggiungerli (e trasportare gli acquisti) si trasforma spesso in una piccola odissea.
L’apertura qualche mese fa di un punto vendita in centro – tra la Mariahilerstrasse e la Westbahnhof – ha forse segnato una svolta in tutto questo. Il nuovo negozio – chiamato “hus” (casa in svedese) – è basato infatti su un modello completamente diverso, che cerca di sfruttare al massimo il commercio online.
Le famose stanze di esposizione sono ridotte al minimo lasciando invece spazio ai piccoli oggetti di decorazione. Non c’è parcheggio e neanche un vero e proprio magazzino. Tutto è incentrato sul servizio clienti, con tantissimi addetti sempre disponibili, e sulla possibilità di ordinare qualunque mobile online, che verrà poi consegnato direttamente a casa.
Il punto vendita non è comunque piccolo: suddiviso su cinque piani offre tutta la gamma di prodotti IKEA, più un ristorante e un bar panoramico sul tetto. Il classico colore blu è stato però eliminato, per creare un edificio più urbano ed ecologico, con piante e oltre 160 alberi sui lati della facciata.
L’idea alla base di tutto questo è nata da una richiesta e da una intuizione quasi 10 anni fa. Come ha raccontato il settimanale Falter, quando i responsabili IKEA fecero richiesta all’assessore per l’urbanistica – a quel tempo guidata dal partito dei verdi – di ottenere uno spazio per un negozio situato in zona centrale, venne imposta un’unica condizione: zero parcheggi.
Sembrava un’idea folle, e invece qualcuno capì già allora che poteva essere il futuro. Iniziò così una lunga progettazione, che ha portato infine alla creazione di un negozio innovativo ed ecologico, che ha come obiettivo diventare un luogo di attrazione per il quartiere e permettere il rilancio della zona.
L’apertura è avvenuta ad agosto (io ci sono stato solo qualche giorno fa) – e che sia finanziariamente di successo non credo sia necessario dirlo, tra acquisti d’impulso (non ho visto nessuno uscire senza qualcosa in mano) e persone che ordinano online.
Ma potrebbe anche essere l’inizio di un nuovo modello di business per molte catene commerciali, con filiali più piccole, incentrate maggiormente sul servizio clienti, mentre la vendita si sposta sempre di più online.
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La notizia ormai la sapete già tutti: Sebastian Kurz si è dimesso da cancelliere, e il suo posto lo prenderà l’attuale ministro degli esteri Alexander Schallenberg.
È stata una settimana politica di quelle che non si vedono spesso in Austria (per gli avvenimenti giorno per giorno vi rimando agli articoli di Austria Vicina, qui, qui e qui), e le conseguenze di questo cambio al potere sono ancora tutte da valutare.
Sebastian Kurz è stato negli ultimi dieci anni “l’enfant prodige” della politica austriaca. Una carriera fulminante lo ha portato alla leadership del partito popolare (ÖVP) a soli 31 anni, che grazie alla sua guida è risalito nei sondaggi e ha vinto due elezioni.
In lui molti hanno sempre visto un enorme talento nell’arte del marketing politico e una indubbia flessibilità ideologica, capacità che gli hanno permesso di creare prima una coalizione con la destra e ora con i verdi.
Ma se un tempo queste abilità sembravano quasi invidiate dai suoi concorrenti, le indagini dei giorni scorsi calano un’ombra sul suo percorso. Le accuse della procura indicano infatti che per questa scalata al potere sono stati utilizzati metodi illeciti, tra cui l’uso di fondi pubblici per manipolare i sondaggi e per compare il benestare di un quotidiano tramite l’acquisto d’inserzioni pubblicitarie.
Ma oltre a questo aspetto più strettamente penale, gli scambi di messaggi hanno mostrato quanto in maniera cinica Kurz si sia mosso per arrivare al potere: sabotando progetti che avrebbero potuto aiutare il paese, utilizzando ogni mezzo per attaccare politici non allineati con le sue idee e muovendosi con un atteggiamento di arroganza verso tutti coloro che avrebbero potuto intralciare i suoi piani.
Già ad aprile l’indagine legata alle nomine della ÖBAG avevano mostrato che il nuovo stile di Kurz non era poi molto diverso da quello vecchio, tra scambi di favori e nomine legate alla fedeltà al partito più che alla competenza, ma queste ultime rivelazioni sembrano essere state la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Sicuramente nei verdi che hanno chiesto la testa del cancelliere come condizione per continuare la coalizione. Ma anche all’interno del partito popolare – sebbene nessuno lo dica ufficialmente – sembra che la pressione nei confronti di Kurz a lasciare il suo posto sia stata alta, in particolare da parte dei potenti governatori locali, interessati a salvare la faccia e mantenere le posizioni di governo.
Kurz ha quindi fatto un passo indietro, o meglio “laterale” come lo ha definito lui stesso, ma non è andato tanto lontano dalle stanze del potere. Rimarrà infatti alla guida del partito e capogruppo in parlamento, il che gli permetterà di partecipare ai consigli dei ministri e di controllare i lavori del governo.
Ma forse le indagini ancora in corso, che porteranno sicuramente a nuove rivelazioni, come anche le conseguenze sull’elettorato, che si vedranno presto nei sondaggi, potrebbero cambiare ancora le carte in tavola. Al governo rimangono inoltre tutti i ministri fedeli a Kurz, alcuni anche sotto indagine, e molti si aspettano che presto il governo tornerà nuovamente a vacillare.
La crisi di governo sembra al momento superata, e – come è stato già definito – Sebastian Kurz vuole prendere il ruolo di cancelliere ombra. O sarà solo l’ombra di un cancelliere?
Uno spettro si aggira per l’Europa scrivevano più di 150 anni fa Marx ed Engels. E il 26 settembre 2021 sembra aver fatto tappa a Graz, dove il partito comunista d’Austria (Kommunistische Partei Österreichs, KPÖ) ha vinto le elezioni amministrative.
Con il 28,8% dei voti la lista guidata da Elke Kahr ha infatti superato quello del sindaco uscente Siegfried Nagl (partito popolare, ÖVP) che dopo 18 anni non guiderà più la capitale della Stiria.
Anche se ha sorpreso più di un osservatore, questo risultato non è però comparso dal nulla. Mentre infatti a livello nazionale il partito comunista è praticamene inesistente (è dal 1959 che non è più rappresentato in parlamento), a Graz è riuscito invece a crearsi negli anni un forte seguito, in particolare grazie alle personalità prima di Ernest Kaltenegger e ora di Kahr.
Entrambi hanno sempre seguito una politica in difesa degli indigenti, non solo a parola, ma anche con i fatti. Donando parte del proprio stipendio per progetti locali, organizzando orari di ricevimento per chiunque avesse bisogno di un supporto e concentrandosi in particolare sul problema delle abitazioni.
Certo, andando a guardare i programmi molte delle loro idee sembrano uscite dagli anni della guerra fredda, ma questo non è interessato agli elettori che nel corso degli anni hanno supportato con sempre maggiore seguito (e voti) il loro operato. Già nella scorsa elezione il partito comunista era così arrivato al secondo posto con oltre il 20% dei voti (dando alla città il soprannome di Stalingraz).
Il successo dei comunisti è inoltre proseguito di pari passo con il declino dei socialdemocratici (SPÖ), che dopo aver governato la città fino al 2003, ha continuato a perdere consensi a ogni elezione (in quest’ultima ottenendo solo il 9,5% dei voti).
L’ultimo supporto è arrivato proprio dal sindaco uscente Nagl, ampiamente criticato negli ultimi anni per una politica fatta di slogan e senza progetti concreti che potessero rilanciare veramente la città, la seconda per dimensioni dell’Austria, ma relegata da sempre a un ruolo marginale.
L’elezione di Graz è stata quindi una resa dei conti dei cittadini con l’establishment. La maggior parte degli elettori non hanno votato Kahr perché comunista. Ma hanno scelto la sua personalità, il suo modo di fare, la sensazione che possa veramente cambiare qualcosa in città.
Al momento una trattativa è in corso con il partito dei verdi (Grüne), grande altro vincitore di queste elezioni, che rispetto a quattro anni fa ha aumentato i consensi di otto punti, arrivando al 17%. Le somiglianze tra i due sono molte, ma servirà comunque l’appoggio di un terzo partito.
Per Graz si tratta comunque di un deciso spostamento della politica cittadina a sinistra, dopo quasi vent’anni di governo di centrodestra. Che sia il primo passo per spostare anche gli elettori del resto del paese?
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A lunedì prossimo!
68: sono queste le sottoscrizioni che siamo già riusciti a raccogliere fino a oggi per presentare la nostra lista COM.IT.AT alle elezioni per il Comites.
Mancano solo alcuni piccoli ostacoli burocratici, ma se tutto va come previsto dovremmo riuscire a essere sulle schede elettorali. Grazie a tutti coloro che ci hanno già dato il loro sostegno, vi informerò al più presto sui prossimi passi.
In realtà i numeri di cui vi volevo scrivere in questa newsletter sono però altri. Il comune di Vienna ha infatti pubblicato la versione aggiornata di Wien in Zahlen, un interessante opuscolo che raccoglie tantissimi numeri e dati su ogni aspetto della città.
Partiamo dalla popolazione: al primo gennaio di quest’anno vivono a Vienna 1.920.949 persone, il che la rende la quinta città per dimensioni in Europa. Di questi solo il 68,5% è austriaco, il 13,8% proviene da altri paesi dell’Unione Europea il 17,7% è extracomunitario. Gli italiani a Vienna sono 12.110 il che ci rende la 14 comunità tra le minoranze straniere.
Vienna è grande più di 400 km². Il quartiere più piccolo è l’ottavo, Josefstadt, con solo 1,1 km², e quello più grande il ventiduesimo, Donaustadt, con oltre 100 km². La natura fa da padrona in città: il 50% della superficie è infatti composta da aree verdi, il 36% da abitazioni e il 14% da strade. Il punto più alto della città è presso l’Hermannskogel, con 543 metri sul livello del mare, quello più basso si trova al Lobau, con 151 metri di altitudine.
La maggiore attrazione turistica della città è il castello di Schönbrunn, con oltre 4 milioni di visitatori l’anno. Il museo più visitato è la Galleria del Belvedere, con oltre 1.7 milioni di persone.
Vienna è anche una grande città universitaria, con quasi 200.000 studenti, la seconda dopo Berlino nell’area di lingua tedesca. Il numero di residenti che possiedono un titolo accademico è anche molto alto, il 30% delle donne e il 25% degli uomini.
La strada più corta di Vienna è la Tethysgasse, nel secondo distretto, lunga solo 11 metri. Quella più lunga è invece la Höhenstraße, di ben 14,8 chilometri. La maggior parte dei viennesi non possiede un’auto: solo il 27% dei cittadini usa un’auto per spostarsi giornalmente, e solo il 37% ne possiede una. Oltre 800.000 persone hanno un abbonamento annuale dei mezzi pubblici.
E infine qualche curiosità sui nostri amici animali: sono più di 55.000 cani vivono a Vienna, non si conosce invece il numero dei gatti. Gli allevamenti sono praticamente scomparsi: in città ci sono solo 70 mucche, 83 maiali, 123 capre e 204 pecore. In compenso è possibile incontrare più di 9500 scoiattoli e oltre 450 specie di api.
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Mi chiedo sempre se sia solo una mia impressione, ma Vienna di domenica è come se si trasformasse. La città è sonnolenta e si vedono poche persone in giro. Tutti i negozi sono chiusi, e anche molti ristoranti.
Ma c’è una cosa che invece compare solo in questo giorno (e nei festivi) in tutti angoli delle strade: delle borse di plastica, appese ai semafori e ai cartelli stradali, con grandi scritte e un piccolo box per raccogliere le monete.
Si tratta dei Sonntagsstandl, o “sacchetti portagiornali”, dove si trovano per l’appunto le edizioni domenicali dei maggiori quotidiani.
È un sistema – credo unico al mondo – che nacque nel 1962, quando la federazione dei giornalai austriaci decise di applicare la chiusura domenicale a tutti i suoi negozi.
Kurt Falk, uno dei fondatori del Kronen Zeitung (il più importante quotidiano austriaco), ebbe quindi l’idea di appendere l’edizione domenicale negli angoli più trafficati di ogni città, chiedendo agli acquirenti di lasciare il prezzo del quotidiano di propria spontanea volontà in piccole cassette portamonete.
L’idea venne inizialmente derisa dagli altri editori ma ebbe invece un grandissimo successo, contribuendo anche alla crescita dei lettori del quotidiano, che cominciarono ad acquistarlo durante la settimana.
Presto questa modalità venne quindi copiata da molti altri quotidiani, e oggi si possono trovare appese ai pali di tutte le città le edizioni domenicali di Österreich, Kurier, Kleine Zeitung, Die Presse e Tiroler Tageszeitung.
Le edizioni domenicali, essendo il giorno in cui le persone hanno più tempo per dedicarsi alla lettura, sono sempre state per molto quotidiani quelle con il maggior numero di lettori, e anche grazie a questo sistema vanno letteralmente “a ruba”.
Come potete immaginare infatti, la fiducia che viene concessa agli acquirenti non sempre viene ripagata (anche qui letteralmente), al contrario. Sono moltissimi quelli che prendono una copia senza lasciare il prezzo indicato.
Ma il sistema funziona lo stesso. Innanzitutto come scritto per fidelizzare i lettori. Inoltre queste edizioni hanno molta più pubblicità rispetto a quelle settimanali, grazie a cui viene appianato il mancato guadagno.
Anche dopo tutti questi anni il Kronen Zeitung rimane il re dei quotidiani austriaci, con una tiratura di oltre 1 milione di copie (il doppio rispetto a quella settimanale).
Se volete saperne di più su quotidiani e riviste austriaci vi rimando anche a questo articolo pubblicato sul blog.
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