Questa domenica 9 ottobre in Austria i cittadini sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. I candidati sono 7, tutti uomini, e la competizione non è sicuramente stata una delle migliori per quanto riguarda i contenuti.
Ci sarebbe anche qui da scrivere molto, ma il tema su cui voglio riflettere insieme a voi in questo testo è quello del diritto di voto. Anche questa volta infatti una grande fetta delle persone che vivono in Austria, si stima più di 1.4 milioni, non potranno votare.
E il motivo è sempre lo stesso, non hanno la cittadinanza austriaca.
È un tema sui cui ho già scritto in passato ma che penso sia importante ricordare ogni volta, perché – in particolare in Austria – sta diventando un vero e proprio problema di democrazia.
In base alle statistiche solo a Vienna infatti oltre il 30% dei residenti non è austriaco, percentuale che in alcuni distretti supera anche la soglia del 50%.
La maggior parte di questi sono persone che vivono qui da 10 o 20 anni, parlano perfettamente tedesco, lavorano, pagano le tasse e hanno figli che vanno scuola. Ma non hanno diritto a scegliere chi li rappresenta in Parlamento o come Presidente dello Stato.
Basterebbe prendere la cittadinanza direte voi, ma non è così semplice. Come riporta il Moment Institut infatti, anche se c’è la volontà, ottenerla è un percorso complicato e non alla portata di tutti.
I criteri principali richiesti sono infatti:
- Risiede ininterrottamente da almeno 6 anni (per cittadini EU) o da 10 anni in Austria (e ci sono casi che per 1 mese in un altro Paese è stata rifiutata la richiesta).
- Avere un lavoro ben pagato, poiché è necessario avere almeno 882 Euro a disposizione dopo aver sottratto il costo dell’affitto.
- Parlare molto bene il tedesco e superare un test di conoscenza della storia e cultura austriaca.
- Avere abbastanza risparmi, poiché per tutto l’iter burocratico servono circa 2.000 euro.
- Rinunciare alla propria cittadinanza di origine, visto che non è prevista la doppia cittadinanza (a meno di nascita con un genitore austriaco e pochi altri casi particolari).
Criteri, soprattutto quelli economici, che escludono una grande fetta della popolazione. E così succede che ci sono persone nate qui, che vivono e lavorano da sempre in Austria, che non hanno il diritto di voto perché hanno i genitori “sbagliati”, o perché non guadagnano abbastanza.
Si tratta quindi di un problema di democrazia, che in un mondo globalizzato sta diventando sempre più significativo. E se la tendenza continuerà in questo modo c’è il rischio che fra 10 o 20 anni i diritto di voto potrebbe diventare qualcosa che ha solo una “elite” di persone benestanti.
Da parte mia la proposta per risolvere questa situazione rimane la stessa: legare il diritto di voto al luogo dove si risiede, permettendo dopo alcuni anni di poter votare per le elezioni locali e nazionali.
Naturalmente anche in Austria il dibattito su questo tema ritorna ciclicamente, ma in particolare i partiti di centrodestra continuano a bloccare ogni possibilità di riforma.
Per concludere voglio comunque ricordare che l’attuale – e probabile prossimo – presidente Van der Bellen è uno dei pochi politici del Paese che inizia sempre i suoi discorsi con “Cari connazionali e tutti coloro che vivono in Austria”, un bel segno d’inclusione per tutti.
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