Vienna 9 commenti

Tra Italia e Austria: storie cross-culturali nella Vienna del 3. millennio

Premessa: coppia mista, io italiana, marito austriaco. Sposati da (ormai) 15 anni. Due figli. Tutti attualmente a Vienna.

1. Strati

Anche se ormai il corredo non esiste più, alcuni aspetti su come impostare il nuovo nido coniugale rimangono prerogativa della donna. E´ lei che, per dirne una, decide come impostare il letto matrimoniale, a lei spetta di solito la disposizione del talamo.

Fu così che appena sposati e trasferiti a Vienna, mio marito non obiettò in alcun modo alla mia “apparecchiatura” del letto coniugale, fatta ovviamente all’italiana – a tal proposito notare che anche se il corredo non esiste più, mia madre ci tenne prima che mi sposassi a regalarmi delle lenzuola matrimoniali… eh sì, le lenzuola….

Voi tutti avete presente di che cosa parlo: si comincia dal coprimaterasso, poi arriva il lenzuolo “di sotto”, indi il lenzuolo “di sopra”, a seguire la coperta/piumone, e, dulcis in fundo, il copriletto. Ben 5 strati, ognuno con la sua ragion d´essere. Un abisso di complessità se confrontato col nordico “sacco”: lenzuolo con angoli sotto e piumino sopra, uguale se estate o inverno.

Beh, fatto sta che per ben un anno, andando la sera a letto dopo il marito, trovavo il poverino infilato nello strato sbagliato!

Come a dire, di fronte a tanti strati il marito è stato semplicemente sopraffatto (o, come dicono qui, überfordert), capitolando molto spesso tra il lenzuolo di sopra e la coperta.

Qui è proprio uno scontro di due culture: il sacco nordico contro la stratigrafia mediterranea – c’è poco da fare!

Dopo 15 anni, posso dire che ormai l´addestramento del coniuge è stato completato a buon fine, anche in merito alle tecniche (non meno complesse) per rimontare tutto l’apparato la mattina.

Quindi, “stato del problema”: RISOLTO (in fondo, chi cerca trova)

Ps: e la prole? La prole dorme col sacco! Ebbene sì, come a dire, anche la mamma mediterranea che rifà i letti tutte le mattine negli anni ha imparato qualcosa.

2. Danke

Allora: noi italiani che viviamo a Vienna lo sappiamo già prima di venire qui che “Danke” in tedesco significa “grazie”. E nei corsi di tedesco che abbiamo frequentato è questa una tale ovvietà che nessun insegnante ci spreca fiato nemmeno nella prima lezione.

Eppure un aspetto di questa parola andrebbe illustrato meglio, e cioè il suo uso pratico (i linguisti parlano in questi casi di pragmatica della comunicazione verbale). Detto semplicemente, l’uso che si fa di questa parolina è a volte opposto al nostro, e me ne sono accorta solo cogli anni.

Come? A tavola, nelle nostre visite a casa in Italia. Premesso che il marito parla benissimo l’italiano, mia madre gli si rivolge quindi sempre in italiano, e, nei pranzi in famiglia quando vede il suo piatto vuoto e gli chiede se ne vuole ancora, lui risponde – in italiano – “grazie”, solo “grazie”, senza “sì grazie” o “no grazie”,  e si ritrova il piatto di nuovo pieno, mentre lui intendeva che non ne voleva più!

Dicevo, non è una cosa che ho capito subito, ma poi mi è diventata chiara: lui traduceva letteralmente il “Danke” che dicono qui quando ti offrono ancora da mangiare, e intendono “Nein danke”, nel senso basta, non ne voglio più (mentre se ne vogliono ancora dicono “ja bitte”). Il marito, persona affabile, nel rispondere alla suocera omette il “nein” e traduce solo il “danke”, in quanto ciò gli sembra più cortese (rifiutare un’offerta è sempre poco carino), e lo traduce alla lettera dicendo appunto “grazie”, e trovandosi il piatto pieno a sua insaputa.

Stato del problema: NON ANCORA RISOLTO (…insiste!)

Anche se forse, dopo 15 anni, mi viene un altro sospetto: nemmeno troppo in fondo, la cucina italiana il coniuge la apprezza molto quindi forse sul malinteso un po’ ci marcia.

PS: per evitare disguidi simili, quando qui mi offrono qualcosa che non voglio, strillo sempre forte e chiaro “NEIN Danke”! Tanto noi italiani strilliamo sempre, me lo dicono anche i miei figli.

3. Baci e abbracci…

Stavolta il marito non c’entra niente. Stavolta c’entriamo tutti noi italiani, e su come ci salutiamo (o almeno ci salutavamo).

Mi fa impressione parlarne, sembra un mondo dimenticato, ma prima di questa pandemia noi italiani siamo stati sempre molto espansivi nel salutarci reciprocamente, e non parlo solo di persone care conosciute da lungo tempo, ma anche di tutti i baci e gli abbracci che ci scambia(va)mo tra meri conoscenti (non sia mai, se ne baci uno e gli altri no, non sia mai che poi si offenda qualcuno). Ebbene, anche io sono tra questi.

Ma qui a Vienna mi capita spesso una cosa curiosa: quando ancora tali effusioni non erano viste come la peste, nel classico scambio di baci sulle guance mi è capitato diverse volte di “scontrarmi” col salutato arrivando più o meno a baciare il malcapitato in bocca, a volte schivando la cosa giusto all´ultimo momento!

Una volta va bene, due volte pure, ma poi ho iniziato a chiedermi che cosa era che si inceppava in quello che è per me un gesto “automatico”.

E infatti: cogli anni ho capito dov’era il problema. Nell’automatismo al contrario! Dalle mie parti (romane), ci si saluta dando sempre prima un bacetto a destra e poi uno a sinistra; guancia destra e poi guancia sinistra. Senza pensarci su, si fa così e basta.

Qui mi sono accorta che fanno l´opposto (e non solo qui, sto iniziando a farci caso), baciano prima a sinistra e poi a destra. E quando due persone siffatte si vogliono salutare, ecco che arriva il bacio in bocca. Oppure è successo solo a me?

Mi farebbe piacere saperlo. Sempre che porsi tale domanda abbia senso ormai, in questi tempi di elefanti sempre più grandi che si frappongono tra di noi e impediscono anche una semplice stretta di mano. Avessimo almeno una proboscide con cui sfiorarci…

4. Wiener Linien

Se io fossi un bambino a Vienna mi arrabbierei. Non a prescindere con chiunque, ma con le Wiener Linien. Anzi, forse più che arrabbiarmi mi metterei ad abbaiare nella metro, e nel tram. Per le Wiener Linien, infatti, bambini e cani uguali sono.

Ormai non ci faccio più caso (male!), ma ricordo che all´inizio del mio soggiorno a Vienna la cosa mi fece una certa impressione: in piena fase di orientamento, quando leggevo tutti i regolamenti possibili per cercare di capire come funzionano le cose qui, sul tabellone appeso nelle stazioni della metropolitana (quello coi prezzi delle varie categorie di biglietto) alla voce “Halbpreisfahrschein” (in pratica costo del biglietto dimezzato) ci trovai i bambini e insieme nella stessa striminzita categoria, appunto, i cani.

Controllate voi stessi se non ci avete ancora fatto caso, e ditem i che conclusioni se ne dovrebbero trarre. Che si tratta in entrambi i casi di “creature”?

Non lo so, sinceramente, me lo dovrebbero spiegare coloro che hanno redatto questo regolamento in questi termini, a ogni modo le conclusioni sono poco lusinghiere per i nostri “cuccioli” di uomo, ai quali si manca decisamente di rispetto equiparandoli senza scrupolo alcuno ai cani (alcuni amanti dei cani sosterranno anche il contrario, che è ai cani magari che si manca di rispetto – ma non entro nella discussione).

Eppure devo dire che proprio per i bambini in questa città si fanno cose incredibili, le iniziative che ho trovato qui per i bambini di tutte le età non le ho mai viste da nessuna parte e continuano a meravigliarmi (e qui noi italiani avremmo molto da imparare, ameremo pure tanto i bambini ma per loro facciamo davvero pochino).

A maggior ragione quindi mi sorprende questa “equiparazione” delle Wiener Linien, soprattutto in tempi in cui si sta così attenti al politically correct nel linguaggio pubblico (vedi ad esempio qui la mania ogni volta di rivolgersi rispettivamente alle/gli interlocutrici/tori femmine e maschi qualsiasi cosa si dica in pubblico).

Ecco sì, forse sono proprio i tempi che sono cambiati, e la formulazione di questo regolamento dev´essere un retaggio di tempi assai passati (in fondo le Wiener Linien non sono nate ieri)

Insomma, per concludere, vista l´equiparazione dei due generi umano e canino, non sorprendetevi poi più di tanto se un giorno vedrete una mamma che entra nella metro tenendo il cane per mano e il bambino al guinzaglio!

Cristina Rinaldi

51 anni, romana, „esportata“ a Vienna (e non solo) 15 anni fa dopo aver incontrato e sposato un adorabile viennese. Abbiamo due figli di 13 e 14 anni. Dei 15 anni insieme, 7 li abbiamo passati all'estero e 8 a Vienna, che rimane comunque la nostra base. In Italia facevo la neuropsicologa, ora dopo una lunga pausa cerco un lavoro (qualsiasi). Qualcos'altro? Adoro questa città!

Scritto da Cristina Rinaldi

51 anni, romana, „esportata“ a Vienna (e non solo) 15 anni fa dopo aver incontrato e sposato un adorabile viennese. Abbiamo due figli di 13 e 14 anni. Dei 15 anni insieme, 7 li abbiamo passati all'estero e 8 a Vienna, che rimane comunque la nostra base. In Italia facevo la neuropsicologa, ora dopo una lunga pausa cerco un lavoro (qualsiasi). Qualcos'altro? Adoro questa città!

9 Commenti

  1. Viviana ha detto:

    Ciao Cristina! Che bello questo articolo! Il problema dell’automatismo del bacio capita spesso anche a me! Ci si fa una bella risata sopra e via!

  2. Stefania ha detto:

    Salve Cristina, a me ha fatto sorridere la questione letto.. Ho “esportato” parte del corredo che mia mamma mi aveva riservato, anni di creste sulla spesa, era un peccato abbandonarlo.. E la faccia di lui, autoctono col nome di mio padre, tra il divertito e lo stranito mentre aprivo questi bauli con le veline..
    L’autunno scorso abbiamo preso un appartamento a Baden e son qui da dicembre.. La pandemia ha accelerato la nostra scelta di convivere dopo 3 anni di relazione a distanza, un viavai che ora sembra impossibile..

    1. Cristina Rinaldi ha detto:

      Ciao Stefania!
      Scusami terribilmente se ti rispondo solo ora…. mi vergogno a dirlo, ma non mi ero accorta che in fondo alla pubblicazione del mio articolino c´era la possibilitá di ricevere commenti e potervi rispondere… non sono proprio una “millennial”…!!!!
      Se ci sei ancora, e se capiti a Vienna fammi sapere, magari ci vediamo una volta?

  3. VE ha detto:

    Ciao Cristina io vivo in Austria da una vita e anche io avevo portato il corredo della nonna ma credimi con due figli e il mio lavoro preferisco il morbidissimo sacco. Ho ancora le tovaglie ricamate in tela per i pranzi di Natale ma anche quelle nn le uso. Un salutone a tutti
    Dani 53 anni da 30 in Austria

  4. Lidia ha detto:

    Articolo interessante e divertente! Pur non avendo un compagno austriaco, ho adottato parecchi usi locali, anche perché i miei han vissuto a lungo in Baviera e certe abitudini sono simili. Sacco tutta la vita, gli strati tornano utili solo d’estate, quando anche il solo lenzuolo pesa. Stretta di mano pure per i compleanni da sempre. Detesto i bacetti. In Belgio ci si baciava su una guancia sola anche con gli sconosciuti quando ci si incontrava e presentava. Incubo! Altra abitudine acquisita è quella di mangiare “caldo”, ovvero di cucinare, per un solo pasto al giorno. Oppure fare una colazione salata. Da me già in Italia ci si toglieva le scarpe all’ingresso ed avevo una collezione di pantofole per gli ospiti. Per non parlare degli orari dei pasti, pranzo tra le 11:45 e le 12:30 e cena tra le 18:30 e le 19:00. L’essere umano è flessibile e si adatta al compromesso più “comodo” :)

    1. Cristina Rinaldi ha detto:

      sono perfettamente d´accordo….. :-))

  5. Piera ha detto:

    Ciao Cristina, grazie dell’articolo. Finalmente mi hai spiegato perché i baci con gli austriaci non riescono mai bene e ci si trova sempre a metà strada con imbarazzo. Mi era venuto un complesso con la famiglia di mio marito… ora ho capito. Io aggiungerei un tema che causa sempre tanta tensione a tavola: la famigerata insalata con la pasta! Vietatissima a casa mia anche se a volte devo abbozzare con ignari parenti o amici. Spero di rivederti presto

    1. Cristina Rinaldi ha detto:

      …l´insalata colla pasta mi é stata finora risparmiata!!! ma che roba é??
      Tante altre cose cmq non mi sono state affatto risparmiate… l´argomento cibo meriterebbe un libro a parte e non un commentino qui cosí…

  6. Luciana ha detto:

    Yes please, no thank you
    Ja bitte, nein danke
    Stessa storia.
    Magari si è in grado di formulare frasi ben articolate e poi si cade su questi automatismi.
    Ho vissuto tutti i passaggi che hai descritto, tra cui spicca il terribile bacetto a sinistra, uno dei pochi cambiamenti covid che apprezzo!
    Il copripiumino per l’ho adottato subito, troppo pratico ;)

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