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Emigrare nel XXIesimo secolo

Prima considerazione, nella quale si racconta come si matura la decisione di lasciare il proprio paese e si sceglie la destinazione futura.

Nell’aprile 2014 mi sono trovato, come molti coetanei, nella difficile situazione di dover prendere una decisione chiara sul mio futuro.

Mancavano pochi mesi all’ esame di maturità e, da bravo studente del liceo classico, non valutavo opzioni alternative a quella di continuare gli studi.

In quale facoltà non ne avevo idea, gli unici aspetti che mi erano chiari era che desideravo uscire di casa e studiare all’ estero. Sapevo che le università italiane sono buone, ma troppe volte avevo letto inchieste di quanto fossero in difficoltà per scarsezza di fondi, quanto poco fossero internazionalizzate e come fossero preda di nepotismi feroci e di baronie consolidate. Inoltre, riflettevo, prima parto dall’ Italia prima potrò tornarci.

Ricapitolando le mie competenze linguistiche mi trovai in mano un Zertifikat C1 di tedesco e un 6.5 all’ Ielts. Il mio livello di inglese non bastava per studiare in un paese anglofono, rimanevano la Svizzera italiana e tedesca, che finii per escludere con criteri arbitrari, e la Germania. Già mi vedevo a Berlino, sdraiato sul prato di Tempelhof a bere birra e chiacchierare con giovani allegri, creativi e fiduciosi nel futuro mentre sullo sfondo riecheggiava la musica. Insomma il sogno della mia generazione, il sogno berlinese, che ha oramai sostituito il più datato American dream.

Avevo già iniziato a curiosare sui siti della Freihe e della Humboldt Universität quando la mia tendenza alla critica del sistema e il disprezzo per le mode mi resero improvvisamente invisa l’idea di studiare a Berlino. Da Berlino con un passaggio irrazionale, che ancora non riesco a spiegarmi, estesi la mia antipatia alla Germania intera.

Ero fregato.

Così passarono due settimane, che passai in preda all’ amarezza, prima di individuare la semplicissima, e forse anche semplicistica, soluzione. L’ Austria.”O Austria nube, ti sposerò” declamai a me stesso in un impeto lirico. Vienna.

Una città ricca di storia, in cui sicuramente non mancavano giovani e opportunità. Avevo deciso, avrei studiato a Vienna. Mancava solo un tassello per completare il mosaico che altro non era che l’ immagine idealizzata e ingenua che avevo del mio futuro. Pensai di iscrivermi a scienze politiche, ma da diversi confronti con chi avrebbe avuto il compito di dirigere lo sciocco liceale che ero optai infine per WiSo, ovvero economia e scienze sociali, alla Wirtschaftsuniversität di Vienna.

Dopo una lunga trafila di test che formano l’ “Aufnahmeverfahren”(il processo di ammissione), in modo, a dire il vero, fortunoso fui ammesso. Così a luglio mentre gli amici ancora si tormentavano con lo spettro dell’ università io avevo già, ‘brillantemente’ aggiungevo con spacconeria, risolto il problema e potevo godermi un’ estate libera da preoccupazioni e soprattutto esami a settembre. Così scivolarono via rapidi prima luglio e poi agosto.

I corsi sarebbero iniziati solo ad ottobre e così passai settembre a tributare un lungo addio all’ Italia, che all’ improvviso mi sembrava il miglior paese al mondo, e a maledire il tradimento alle mie origini e a ripromettermi di tornare al più presto per contribuire a correggere quelle brutture che impediscono al nostro paese di poter sfoggiare le enormi qualità che tanto a fatica noi stessi italiani le riconosciamo.

A fine settembre mi imbarcai sull’aereo diretto verso la mia nuova avventura, con un garbuglio di sentimenti nel petto, da un lato la curiosità e l’ allettante prospettiva di una nuova libertà e di un nuovo inizio, dall’ altro le preoccupazioni che accompagnano ogni tuffo nell’ ignoto e lo sconforto per gli amici, i parenti, i conoscenti e le abitudini che ci si lascia dietro.

Scritto da N Stolz

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