Italiani all'Estero 2 commenti

Cos’è la felicità? Chiediamolo alla Danimarca! (parte 2)

austria-italia-danimarca-felicitàL’Italia, all’8° posto nella classifica del PIL, al 21° per la democrazia, al 50° per la felicità, ultima al mondo per stabilità politica, si trova in un profondo stato di prostrazione economica, sociale, politica, culturale e morale. Da un lato si tagliano senza pietà servizi pubblici come Istruzione, Trasporti, Sanità nonché gli investimenti in Infrastrutture, Ricerca e Arte: ciò produce un forte calo della competitività, della produzione industriale, dell’occupazione, della capacità di spesa e dei consumi, per non parlare in generale della qualità della vita e, dato molto trascurato, della natalità. Dall’altro lato aumentano i costi per famiglie e imprese, decollano disagi, sprechi, debiti, tasse, disuguaglianze, disastri ambientali, privatizzazioni selvagge, disservizi burocratici (giustizia compresa), corruzione e criminalità. La fiducia nel futuro è in picchiata. L’Italia è una Casa che cade a pezzi: delusi o materialmente impossibilitati a sostenere questo sfascio, gli italiani emigrano sempre più, purtroppo non rimpiazzati dalle nascite e dagli immigrati. Il risultato è che gli italiani stanno letteralmente scomparendo, un po’ perché dopo essersi trasferiti all’estero difficilmente tornano e poi perché la lingua si perde nelle generazioni successive. Ci si chiede: qual è l’origine di questa situazione drammatica e come porvi rimedio?

Chi scrive è convinto che la ragione principale dell’attuale disastro italiano sia la struttura amministrativa dello Stato, cioè la “testa” del paese: essa è composta da troppi livelli – 5 – e troppi enti – 16.000. In gran parte sconosciuta ai cittadini, tale struttura è incomprensibile, opaca, conflittuale, disomogenea, inefficiente, antieconomica, inaccessibile, incontrollabile, irresponsabile e dannosa: al 1° livello ci sono 8.000 Amministrazioni Comunali, al 2° 8.000 Enti Sovracomunali (Consorzi, Agenzie, Unioni dei Comuni, Municipalizzate, Enti strumentali), al 3° 100 Province e 10 Città Metropolitane, al 4° 20 Regioni, al 5° 1 Parlamento bicamerale con il Governo centrale.

Stupirà qualcuno ma, pur con tutti i distinguo del caso, nelle sue linee principali l’amministrazione austriaca non è molto diversa: al 1° livello ci sono circa 2.400 Comuni, al 2° 100 distretti includendo 15 città autonome, al 3° 9 Stati federali e al 4° 1 Parlamento bicamerale con il Governo centrale. L’Austria possiede un livello in meno dell’Italia, ma un dato comune è significativo e preoccupante: la media austriaca di abitanti per Comune è di circa 3.500 (nonostante la Stiria abbia recentemente provveduto ad un dimezzamento dei Comuni stessi), mentre quella italiana è di circa 7.500.

A questo punto, però, è forse doverosa una parentesi: a chi non mastica quotidianamente queste tematiche, probabilmente non appariranno evidenti gli enormi svantaggi di questi innumerevoli piccoli Comuni, che spesso vengono visti in modo romantico come luoghi tranquilli, avvolti nella bellezza e nella vita bucolica dei tempi andati. Ancora oggi, a torto, essi sono considerati il “Presidio del territorio”, l’ente pubblico più vicino al cittadino, quello che ne garantisce l’identità e la rappresentatività. Le cose, purtroppo, stanno diversamente: il fatto è che oggi non si lavora nel campo adiacente alla cascina, le donne non partoriscono in casa e i bambini non giocano nel fienile dopo la “Volkschule”. Nel 2016 sono molti i nuovi servizi diventati necessari e che devono essere accessibili alla maggioranza: il punto è che se essi non ci sono o, peggio, se vengono tagliati, i cittadini saranno purtroppo costretti a spostarsi per usufruirne, magari in un’altra nazione. Questo spiega per esempio lo spopolamento dei territori a favore delle grandi città, dove non c’è la terra, ma il lavoro, l’ospedale, le scuole superiori e l’università, la connessione Internet veloce, i trasporti. Basta prendere il caso di Vienna e constatare che decine di migliaia di persone non sono obbligate a comprare un’auto per andare al lavoro.

Dove conduce questo ragionamento? Si vuole qui evidenziare il fatto che, a parte pochi casi privilegiati, i piccoli Comuni si spopolano perché mancano i servizi, le risorse umane ed economiche. In sintesi, non avendo le dimensioni e la forza per essere al passo coi tempi, non offrono una qualità della vita accettabile, come rilevano Legambiente ed Unioncamere. Si consideri anche che l’estrema frammentazione del potere in migliaia di Comuni è sempre meno sostenibile per la collettività perché il loro mantenimento è uno dei motivi dei tagli ai servizi, mentre le risorse confluiscono altrove, quasi esclusivamente verso i Comuni più grandi. Senza dimenticare che la stessa cosa accade per quanto riguarda le decisioni politiche importanti, che certamente non vengono prese nei piccoli Comuni, sempre più lontani dai veri centri del potere e quindi destinati ad una progressiva marginalizzazione. I cittadini sono quindi costretti ad emigrare per avere una qualità della vita accettabile?

Scritto da Tomas Carini

Nato nel 1973 a Chivasso, dal 2014 vivo in Austria dove l'anno successivo ho trasferito la famiglia. Ricordo il passaggio del confine: "Papà andiamo in Slovenia?". Laureato in Filosofia a Torino, lavoro nel settore energetico. Fondatore e Segretario dell'Associazione culturale "Identità Comune", nel 2015 ho pubblicato "Democrazia a Km 0".

2 Commenti

  1. Luigi ha detto:

    Buongiorno sono un uomo disperato di 45 anni da 3 non lavoro con nessun sussidio e speranza per il futuro. Sono diplomato all’alberghiero parlo ingjese e francese. Ho fatto il barista,il cameriere,il cuoco ed il segretario.Valuterie delle proposte di lavoro per Vienna,se conosce qualcuno mi contatti.disponiboile,serio ed affidabile .Cordialita luigi Virga

    1. Paolo ha detto:

      Gentile Luigi, mi dispiace per la sua situazione, le posso consigliare di cercare tra i portali di offerte di lavoro indicate in questo articolo https://www.quivienna.com/lavoro/offerte-di-lavoro-nella-gastronomia-e-nel-turismo-a-vienna-e-in-austria/ Purtroppo di più non possiamo fare, le auguro una buona giornata.

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