Sui blog austriaci realizzati da italiani, in modo ricorrente ci si confronta su quali siano le differenze tra il paese di arrivo, l’Austria, dove vivono circa 30.000 italiani, e il paese di partenza, l’Italia, dove vivono circa 6.000 austriaci. C’è chi si è trasferito per necessità, chi per avventura, curiosità o gioco, chi per amore, chi per inseguire un sogno o un suadente richiamo artistico. Ci si schiera a favore di un paese o dell’altro ed effettivamente è difficile dosare la componente soggettiva su temi quali lingua, cibo, comportamenti, tradizioni etc. E meno male.
Per contribuire al dibattito, ai lettori di QuiVienna può forse essere utile richiamare alla mente qualche dato, più o meno conosciuto: l’Italia è una Repubblica democratica, ha una superficie di circa 300.000 Kmq e poco meno di 61 milioni di abitanti (in diminuzione), mentre l’Austria è una Repubblica Federale semipresidenziale, estesa per circa 84.000 Kmq, abitata da 8,5 milioni di persone (in aumento). Per quanto riguarda il Prodotto Interno Lordo (PIL), l’Italia si trova all’8° posto con 2.150 miliardi di dollari USA, mentre l’Austria è al 28° con 440 miliardi.
È ormai risaputo che, essendo un dato meramente economico, il PIL da solo non è sufficiente a rappresentare il grado di diffusione di una democrazia aperta, giusta, prospera, sostenibile per l’ambiente o nella quale il benessere appartenga alla maggior parte dei cittadini, nell’obiettivo di livellare il più possibile le disuguaglianze sociali, economiche o di genere. In proposito si veda l’“indice della democrazia”, nel quale l’Italia si trova al 21° posto nel gruppo delle “democrazie difettose”, mentre l’Austria è al 14°, nel gruppo delle “democrazie compiute”.
“Queste classifiche hanno poco valore”, si dirà.
Fin da bambini ci hanno insegnato che la democrazia è il “governo del popolo”, che il suo fine è il perseguimento dell’interesse della maggioranza e che è da preferire alla dittatura. Il popolo vota, elegge i suoi rappresentanti e cambia la storia, nel bene e nel male: con la recente decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea, l’annullamento delle elezioni presidenziali in Austria, i numerosi attentati terroristici anche in Europa, il riavvicinamento della Turchia alla Russia, la vittoria del Movimento 5Stelle a Torino e Roma, questo 2016 sembra profilarsi come un anno di grandi cambiamenti.
C’è da augurarsi che il senso civico, nonché il rispetto delle regole e degli altri, continuino ad essere criteri fondanti della democrazia, per assicurare alla maggioranza della popolazione buona qualità della vita, sviluppo umano realizzabile, redistribuzione della ricchezza, basso indice di corruzione e criminalità.
Si potrebbero anche includere il perseguimento della felicità personale e collettiva? In una democrazia “compiuta” i cittadini dovrebbero essere più felici rispetto a quelli che vivono in una “democrazia difettosa” o sotto una dittatura.
Su questo punto, purtroppo, anche nel 2015 l’Italia si colloca al 50° posto nell’“Indice della felicità” mentre l’Austria è al 12° posto. In cima alla classifica di nuovo la Danimarca che, dopo il 2012 (prima edizione dello studio), è ritornata in vetta scalzando la Svizzera. E non è tutto, perché c’è un dato ancora peggiore: l’Italia è il paese più instabile al mondo con 54 cambi di governo in 45 anni, mentre l’Austria è al 52° posto, uno dei più stabili.
È possibile che l’Austria, e soprattutto l’Italia, possano risalire qualche gradino di queste classifiche?
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