Storia dell'Austria Un commento

Antonio Canova a Vienna e il monumento funebre a Maria Cristina d’Austria

Quante volte lo scultore italiano Antonio Canova si recò a Vienna?
Che cosa vide e con chi parlò durante i suoi viaggi?
Scopriamolo insieme in questa fanta-cronistoria relativa ai soggiorni viennesi del “Michelangelo” di Possagno….

Antonio Canova: fu a Vienna nel 1815?

La storiella potrebbe cominciare così: ci sono un austriaco, un francese, un inglese, un russo e un tedesco riuniti intorno a un tavolo a Vienna. E mentre loro se le cantano di santa ragione, un furbo italiano se ne va a Parigi per far man bassa di tesori…..

La vicenda si fa ancora più succosa, se mettiamo un po’ di nomi a questi generici personaggi: così l’austriaco diventa niente popò di meno che l’indomito imperatore Francesco II d’Asburgo Lorena, il francese il neo-insediato re Luigi XVIII di Borbone (fratello minore del ghigliottinato Luigi XVI), l’inglese il re (folle) Giorgio III, il russo lo zar Alessandro I e il tedesco il re di Prussia Federico I.

Chi è il furbo italiano? Solo un momento, e ci arriviamo.

Prima cerchiamo di capire cosa ci fanno tutte queste teste coronate in una stessa stanza: l’avete già indovinato?

Siamo al famoso Congresso di Vienna del 1815, quello che determinò i destini dell’Europa dopo il collasso dell’Impero napoleonico.

E mentre loro (o, meglio, i rispettivi delegati) se ne stavano lì bel belli a spartirsi la torta, l’universalmente acclamato scultore italiano Antonio Canova, Fidia redivivo o rinnovato Pigmalione, invece di accompagnare la delegazione italiana a Vienna, parte di soppiato su incarico diretto del Papa Pio VII Chiaramonti per Parigi.

La sua missione? Recuperare le opere d’arte italiane trafugate da Napoleone. Sì, perché mentre c’è chi si contende terre e denari, qualcuno ci crede davvero (già allora, e forse allora più di oggi) che il vero tesoro di una nazione sia costituito dal suo patrimonio culturale!

E allora ecco Canova nel 1815 a Parigi (non dunque a Vienna!) ad aggirarsi tra le sale del Louvre e segnare, sotto lo sguardo infuriato del direttore Vivant Denon, “nostro, torna a casa” “nostro, torna a casa”, “nostro, torna a casa”. Poi andarsene alle Tuileries e indicare quanto stava sulla sommità dell’Arc du Carrousel – “nostro, torna a casa”: i famosi Cavalli di San Marco!

Antonio Canova a Vienna: nel 1798 e nel 1805

Se non nel 1815, Canova c’era invece, a Vienna, nel 1798, quando incontrò il duca di Sassonia-Teschen, neo-vedovo della “virtuosissima” Maria Cristina d’Austria: e che altro poteva fare l’addolorato marito se non commissionare al rinomatissimo scultore un monumento funebre, capace di immortalare nei secoli il nome della sua amata consorte?

Canova, c’è da dire, fece un po’ il gioco sporco: perché rifilò al duca un progetto, che aveva invece elaborato per un altro cenotafio, destinato questa volta al pittore Tiziano Vecellio, la cui realizzazione si era andata però procrastinando fino a parere non eseguibile.

Togli la statua-ritratto, metti un medaglione; togli il sarcofago, metti un’apertura centrale; fai risaltare maggiormente la piramide; scandisci un po’ la processione sulla sinistra; ingentilisci il possente genio alato poggiante sul leone a destra, et voilà, les jeux son faits.

In realtà, le cose non furono tanto semplici e Canova per portare a termine il monumento di Maria Cristina impiegò ben sette anni (fino appunto al settembre 1805), passati tra innumerevoli studi e ripensamenti, e soprattutto un serrato scambio di lettere con il committente per convincerlo della bontà di scelte stilistiche apparentemente azzardate.

Il risultato? Un capolavoro unico nell’arte funeraria, capace di impressionare e commuovere ancora oggi anche i più miscredenti spettatori. Perché come non restare profondamente colpiti da quellla melanconica processone, che accede mestamente al sarcofago, quasi scandendo la marcia funebre op. 35 di Chopin?

E cosa dire di quei simboli vagamente massonici, come la piramide coronata dal medaglione con l’uroboro egizio (il serpente che si morde la coda, da sempre associato all’alchimia ed all’ermetismo), che Dan Brown potrebbe facilmente utilizzare per intessere dei nuovi enigmi da sottoporre all’abilissimo professore Robert Langdon?

Antonio Canova (ancora) a Vienna

Insomma, stando alle fonti ufficiali, Canova si recò a Vienna solamente due volte, nel 1798 e nel 1805, sempre in relazione al Monumento di Maria Cristina.

Eppure nella capitale austriaca si conservano altri suoi celebri lavori: come ci sono arrivati e, soprattutto, dov’è possibile vederli? Ne parleremo in un prossimo post: stay tuned!

Chiara

Sono cresciuta a pane e libri, e le mie prime esperienze viennesi sono state di tipo letterario, sulla scia dei resoconti dei suoi tanti ammiratori stranieri, specie dell'Ottocento. Per questo ancor oggi nei miei soggiorni a Vienna la città contemporanea si fonde con le memorie della capitale imperiale e le suggestive atmosfere della decadente nobiltà asburgica riempiono le mie passeggiate, talvolta trafitte dalle fulgide pennellate klimtiane.

Scritto da Chiara

Sono cresciuta a pane e libri, e le mie prime esperienze viennesi sono state di tipo letterario, sulla scia dei resoconti dei suoi tanti ammiratori stranieri, specie dell'Ottocento. Per questo ancor oggi nei miei soggiorni a Vienna la città contemporanea si fonde con le memorie della capitale imperiale e le suggestive atmosfere della decadente nobiltà asburgica riempiono le mie passeggiate, talvolta trafitte dalle fulgide pennellate klimtiane.

1 Commento

  1. ALBERTO ha detto:

    Complimenti Chiara, veramente interessante conoscere i lavori di Antonio Canova a Vienna.

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