quando il mio fidanzato matematico ha ottenuto un assegno di ricerca a vienna ho pensato: “ma certo, lo seguo, mollo tutto e vado a insegnare italiano“.
“del resto l’italiano è tutto quello che so” mi dicevo, forte della mia laurea in lettere e della mia esperienza in casa editrice come lettrice di inediti e correttrice di bozze. “studio per il cedils, (certificazione in didattica dell’italiano a stranieri), supero l’esame, e il gioco è fatto“.
dopo aver sbadigliato su qualche noiosissimo manuale di didattica mi sono presentata all’esame, l’ho superato e in pochi mesi, senza grosso sforzo, avevo un bel foglietto di carta che certificava la mia abilità all’insegnamento dell’italiano agli stranieri.
ho quindi inviato per email la mia candidatura con cv, laurea e certificazione a tutte le scuole private di lingua di vienna che offrivano anche lezioni di italiano.
alcune hanno risposto ed è quindi iniziato il balletto dei colloqui.
i colloqui, sorpresa, erano in tedesco. tutti. sempre. nel mio cv era evidente che non avevo nemmeno un’ora di insegnamento sulle spalle.
con il mio B1 di tedesco non capivo quasi nulla, non riuscivo a spiegare quasi nulla, e la domanda che mi veniva rivolta, che era la stessa che mi facevo io è: come pensi di insegnare italiano se non sai il tedesco e non hai alcuna esperienza in aula?
tutti i colloqui si concludevano con un “le faremo sapere” di cortesia, cui seguiva un silenzio tombale.
fino a che una scuola mi ha dato fiducia. avrei dovuto tenere un corso individuale con una principiante. il libro “Espresso 1” era l’unico che avevo e sul quale millantavo di saper lavorare.
sui libri di didattica avevo studiato la differenza tra unità didattica e unità di apprendimento, ma non ne avevo mai costruita nessuna, non avevo idea dei tempi, delle modalità. arrivavo in classe e mi prendeva il panico. mi sentivo un impostore.
facevo ascoltare il cd, facevo eseguire gli esercizi, e a ogni domanda di grammatica sudavo freddo. “ma perché l’aggettivo finisce per “e” anche se è una parola femminile? non dovrebbe fare “a”. la matita rossa. la gonna eleganta.”
la prima scuola che mi ha dato fiducia mi pagava in nero, dieci euro l’ora. tutte le altre facevano le cose complicate, dicevano che avrei dovuto iscrivermi alla SVA.
capire cosa fosse, come funzionasse, in che cosa consistesse era impossibile senza una conoscenza madrelingua del tedesco. è così che mi sono resa conto di essere una freelance. e quando sei una freelance, le entrate sono incerte, i carichi di lavoro o nulli o esagerati e l’assicurazione te la devi pagare da te, e si chiama appunto SVA.
ho fatto l’impostore per più di un anno, ho ingannato un altro paio di scuole. lavorando sempre con principianti sullo stesso libro avevo anche acquisito un po’ di sicurezza, fino a che mi è capitata una studentessa che voleva sostenere l’esame di bilinguismo a bolzano.
imparare una lingua non è un processo lineare ma è una spirale. a livello avanzato bisogna ripercorrere tutto e coprire le lacune. e io sapevo di non essere in grado di aiutarla ma ho accettato l’incarico ugualmente.
lei ha passato l’esame solo perché le è capitato un testo, tra i 200 possibili, sul quale avevamo lavorato insieme. e questa botta di fortuna, invece di incoraggiarmi, mi ha convinta che no. insegnanti di italiano non ci si improvvisa.
concludo sottolineando che con le sole lezioni di italiano non sarei assolutamente riuscita a mantenermi. l’italiano non è una lingua molto richiesta, le insegnati di italiano che conosco fanno anche altri lavori o sono in grado di insegnare altre lingue, per esempio l’inglese.
Ciao Silvia…carino questo articolo…mi ricorda un pochino la sottoscritta quando ha insegnato l’italiano in Francia…senza nessun diploma ho potuto insegnare in un’associazione, tre volte a settimana…è stata molto dura…non ci si rende conto di quanto sia difficile insegnare la propria lingua…. Ce l’ho fatta, sudando freddo anche io quando mi veniva chiesto (dalle persone che facevano conversazione) l’uso del congiuntivo o quando c’era un futuro dopo “spero che ….” , si usa “sarai” oppure “tu sia” …..
eh, sì, anch’io voglio andare all’estero a insegnare una lingua di un paese in recessione economica senza avere esperienza nell’insegnamento e forse senza conoscere neppure le strutture grammaticali della mia lingua.
sono convinto che sarà un successo! :-)
@commento costruttivo: già sembra così una cazzata. eppure sulla pagina FB degli italiani a vienna c’è chi consiglia a una laureanda in biologia che non sa il tedesco di proporsi come insegnante di italiano nelle VHS.
https://www.facebook.com/groups/15953133927/permalink/10151800769008928/?comment_id=10151801602918928&offset=0&total_comments=35
A me pare che le richieste degli enti da te contattati Silvia, fossero abbastanza ragionevoli. Perché per insegnare un’altra lingua (o anche la propria) bisogna avere una conoscenza prima di tutto la linguistica e la sociolinguistica adeguata (e la risposta alla domanda di Daniela risiede proprio nella sociolinguistica) e poi la lingua in cui insegni la devi sapere a menadito, non dico un livello C2 che sarebbe l’ideale, ma che si avvicini quanto più possibile…
A volte prendiamo ‘sottogamba’ l’insegnamento all’estero perché pensiamo: tanto io sono madrelingua, so tutto… ma siamo ‘consci’ di quanto realmente conosciamo la lingua?
E´praticamente impossibile pensare di insegnare la propria lingua se non si conosce la lingua parlata nel paese ospitante !!
Io insegno in Finlandia, precaria da 17 anni. Il lavoro non mi manca e ho circa 40 ore alla settimana.
La mole di lavoro è immensa, mai un momento libero e 1500 chilometri alla settimana in auto con neve, ghiaccio, alci e renne.
Questo però è il LAVORO PIU´ BELLO DEL MONDO .
Insegnare l’italiano agli stranieri è un lavoro e come tale richiede una preparazione e delle competenze. Il fatto di parlare una lingua non implica il saper trasmettere le conoscenze grammaticali a un’altra persona. Se non so distinguere un aggettivo da un avverbio o la concordanza nel congiuntivo, come posso spiegare i meccanismi che li regolano? E anche conoscere la grammatica della propria lingua non basta: bisogna avere anche le conoscenze didattiche, il saper trasmettere la propria conoscenza a un’altra persona. Improvvisarsi insegnante di italiano come hai fatto tu è sbagliato secondo me, soprattutto nel rispetto della categoria.
Nelle lezioni di italiano spero che tu non abia incoinciato dalle aisucole. (Odio le dopie e non sopporto la consonante M). a ognuno oggi fa quelo che vuole, va bene così.
ciao, sono una ragazza italiana, anch’io laureata in lettere moderne e con un anno di insegnamento già alle spalle. Mi sono innamorata di Vienna tre estati fa, e quando quest’estate ci sono ritornata ho capito che è li che voglio vivere.. mi sono innamorata dell’aria, dell’atmosfera.. e si, anche di un bel viennese dagli occhi del colore del cielo. Volevo chiederti consiglio su come si possa entrare effettivamente a insegnare italiano a Vienna, se realmente sia un’idea balzana o se ci siano certificati o altro che mi permettano di realizzare questo sogno. Grazie.
ciao, sono laureata in Lingue con specializzazione in tedesco. ho vissuto un anno a vienna e fra qualche mese conto di tornare per rimanere, dopo tante volte come turista… mi piacerebbe trovare un lavoro già prima di partire (anzi se qualcuno avesse bisogno di me, sono qui!) e vorrei sapere relamente qualcosa di più su questa certificazione. Viene riconosciuta a Vienna? E nelle VHS? E all’Università? Se qualcuno potesse e volesse rispondere, grazie in anticipo…
Ciao Stefania, io cerco una insegnante di tedesco per mia figlia di 13 anni che sta a Vienna….
Salve,
Sono emilia sono italiana sono laureata in pedagogia ho fatto tre piu’ due, ora sto prendendo una altra laurea di cinque anni,sono amareggiata,non riesco a trovare lavoro,il mio sogno sarebbe quello di insegnare….. amo i bambini li adoro………..inoltre frequento il conservatorio sto prendendo la laurea in musica alla classe di flauto traverso……. vorrei insegnare…….. ma non so come fare sono disperata…….. inoltre avrei desiderio di sposarmi……come devo fare? Datemi qualche speranza…….. emilia……
Caspita Silvia, grazie per le dritte…sembra facile dire “vado e insegno italiano!che problema c’è?” ma non è così…
Consiglio: non improvvisatevi insegnanti! Preparatevi prima! E preparatevi a non essere preparati e a non sapere tutte le risposte, ad essere onesti con gli studenti. Però non sapere le basi, quello no: “spero che” utilizza il futuro semplice indicativo o il congiuntivo presente quando l’azione della subordinata è posteriore rispetto alla principale. E da che mondo è mondo in italiano ci sono sempre stati due gruppi di aggettivi terminanti in -e ed -o.
Preparatevi a studenti intelligenti e capaci (più intellligenti di voi!), sempre pronti e volenterosi, pieni di domande che vi spiazzeranno. Preparatevi a tirare fuori più passione di quanta pensavate di averne, passare ore e ore a preparare lezioni, provarle, riprovarle, rivivere ogni attimo di quella appena finita per individuare errori e punti da migliorare, sentirvi sempre non ancora arrivati, non abbastanza bravi, ma con uno stimolo che in questa storia manca: gli studenti!
Mi dispiace, ma tu non ne parli abbastanza: sono insegnante all’estero da otto anni e mezzo e quello che finora mi ha fatto alzare ogni singola mattina e passare tutto il tempo libero a preparare e rivedere lezioni è stato lo sguardo degli studenti, la voglia che ci vedo dentro e il RISPETTO per loro. Sapere di non poter aiutare la studentessa in questione e il fatto che ti sia andata bene non va: hai preso i suoi soldi sapendo di non essere in grado di fare il lavoro per cui ti ha pagato.
Mi dispiace, non sei un’insegnante e sono d’accordo con il collega che ha commentato prima: rischi di rovinare la categoria di persone che lavorano nel campo da anni sputando sangue per farsi rispettare.