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Un po’ di Prater-storia: da “riserva di caccia” a parco di tutti i viennesi

Se volete davvero immergervi nell’atmosfera del Prater, è importante conoscere gli eventi che ne hanno segnato la nascita e le successive trasformazioni: pronti a tuffarvi nelle oscure trame della Vienna fin de sieclé?

Hic fuit Prater

“Qui fu il Prater”: perché quello che vediamo oggigiorno non è, ovviamente, il Prater “storico”. Quello, per intenderci, che nel lontano 1560 Massimiliano II d’Asburgo destinò ad esclusiva riserva di caccia imperiale, escludendone definitivamente l’accesso al popolo viennese.

Dopotutto, egli era niente meno che il figlio primogenito dell’imperatore del Sacro Romano Impero Ferdinando I d’Asburgo, nipote di quel Carlo V sul cui regno “non tramontava mai il sole”, a sua volta Imperatore per una decina d’anni, dal 1564 al 1576, anno della sua morte: volevate mica che si mettesse a cacciare in compagnia delle fantesche? – che, stando ad indiscrezioni, gli servivano invece per altri tipi di caccia!

1766: Venit populus

Un paio di secoli dopo, ecco un nuovo stravolgimento: l’imperatore Giuseppe II Benedetto Augusto Giovanni Antonio Michele Adamo Davide d’Asburgo y Lorena, forse nel desiderio di passare alla storia per altro che non fosse il suo nome infinito, decide di riaprire il parco alla cittadinanza, permettendovi la costruzione di caffetterie, sale da thé, teatrini di marionette e giostrine.

Siamo nel 1766, un’epoca nella quale prevalgono i principi razionalisti e proto-democratici promossi dall’Illuminismo e un po’ tutti i sovrani fanno a gara per rivestire il ruolo di “Despota illuminato”, elaborato dai teorici francesi.

Così mentre Federico II di Prussia, grande amico di Voltaire, si dà pena per vietare la tortura nel proprio paese e il fratello di Giuseppe, Pietro Leopoldo granduca di Toscana, per primo abolisce la pena di morte in uno Stato Europeo, il nostro imperatore pensa bene di aprire il Prater ai sudditi.

Vuole la storia che gli aristocratici di Vienna si siano messi a protestare contro la decisione del loro sovrano, dichiarando di non volersi insudiciare (abiti o reputazione, fa lo stesso) passeggiando con della gente di rango inferiore. E che Giuseppe II li abbia messi a tacere, semplicemente rispondendo: “Signori! Se io volessi restare sempre tra i miei pari, dovrei passeggiare nella cripta imperiale!”.

A tutto Gossip

Negli anni a venire la storia del Prater si intreccia strettamente con quella della città: durante il Congresso di Vienna del 1815 il pavillon asburgico (Lusthaus) in fondo al viale principale (Hauptallee), oggi caffè-ristorante, viene utilizzato come foresteria per alloggiare le delegazioni straniere, compresi alcuni rappresentanti di quella italiana, capitaneggiata dallo scultore Antonio Canova, sui cui soggiorni viennesi avremo modo di tornare in un prossimo articolo.

Sul finire del secolo, per celebrare il 50enario di regno di Francesco Giuseppe (il marito di Sisi, per intenderci), gli ingegneri inglesi Walter Basset e Harry Hitchins erigono la Grande Ruota Panoramica, presto simbolo del parco stesso: correva l’anno 1897 e fino al 1916 la Riesenrad rimane di proprietà di Basset, estromessone in seguito all’entrata in guerra dell’Austria contro l’Inghilterra.

Tra l’altro la magistratura viennese aveva previsto persino la demolizione della Ruota, ma non si trovarono i fondi necessari all’intervento e così rimase dov’è tuttora: appena due anni prima, nel 1914, è salita agli onori della cronaca la circense Madame Solange d’Atalide, che effettua un giro della Ruota seduta a cavallo sul tetto di una delle cabine!

Al termine del conflitto la Riesenrad del Prater, dove tra l’altro dal 1920 non è più consentita la caccia, viene messa all’asta: se l’aggiudica l’imprenditore ebreo Eduader Steiner, che ne viene però espropriato dai nazisti nel 1938 e finisce ucciso nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1944.

Fatalmente, con un sapore vagamente misterico, proprio in quello stesso anno la Ruota prende fuoco e crolla. Viene ricostruita, com’era e dov’era, negli anni immediatamente post-bellici, equipaggiata però di appena la metà dei suoi 30 vagoncini originali: 8 delle cabine cabine andate perdute vengono fortunosamente ritorvate il 1 maggio 2002, ad oltre sessantanni di distanza dall’incidente!

Chiara

Sono cresciuta a pane e libri, e le mie prime esperienze viennesi sono state di tipo letterario, sulla scia dei resoconti dei suoi tanti ammiratori stranieri, specie dell'Ottocento. Per questo ancor oggi nei miei soggiorni a Vienna la città contemporanea si fonde con le memorie della capitale imperiale e le suggestive atmosfere della decadente nobiltà asburgica riempiono le mie passeggiate, talvolta trafitte dalle fulgide pennellate klimtiane.

Scritto da Chiara

Sono cresciuta a pane e libri, e le mie prime esperienze viennesi sono state di tipo letterario, sulla scia dei resoconti dei suoi tanti ammiratori stranieri, specie dell'Ottocento. Per questo ancor oggi nei miei soggiorni a Vienna la città contemporanea si fonde con le memorie della capitale imperiale e le suggestive atmosfere della decadente nobiltà asburgica riempiono le mie passeggiate, talvolta trafitte dalle fulgide pennellate klimtiane.

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