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I monumenti in ricordo delle vittime dell’Olocausto a Vienna

La tragedia dell’Olocausto è un orrore che non credo sia necessario spiegare. Il ricordo di un avvenimento di tale portata dovrebbe essere sempre forte anche nelle generazioni successive come la nostra.

In Austria la presa di coscienza della propria responsabilità in questi avvenimenti è stato un percorso molto lungo. Per molto tempo dopo la guerra il tema è stato minimizzato se non nascosto sotto il mito della “prima vittima” (Opfermythos), e solo a partire dagli anni ’80 si è lentamente presa consapevolezza e sono state ammesse le proprie colpe nel genocidio. Spesso non ci si pensa, ma anche Vienna e tutta l’Austria sono stati coinvolti in prima persona negli orrori del nazionalsocialismo, con la sistematica uccisione di più di 65.000 cittadini austriaci.

Il primo monumento costruito a ricordo della vittime della guerra è stato il memoriale contro la guerra e il fascismo (Mahnmal gegen Krieg und Faschismus) realizzato nel 1988 da Alfred Hrdlicka nella Helmut-Zilk-Platz (parte della Albertinaplatz). L’opera è composta da più parti per ricordare tutte le vittime del nazionalsocialismo, sia dell’Olocausto che della guerra in generale, come anche il ritorno alla repubblica.

Questa opera venne però molto criticata dalla comunità ebraica e in particolare da Simon Wiesenthal, ritenendola non sufficiente e troppo generica, e si impegnarono in una campagna per ottenerne un memoriale dedicato in particolare all’eccidio del popolo ebraico. Questo venne infine inaugurato 25 ottobre 2000 nella Judenplatz: si tratta del monumento alle vittime ebraiche austriache della Shoah (Mahnmal für die österreichischen jüdischen Opfer der Schoah)  ideata dalla scultrice inglese Rachel Whiteread.

L’opera è un parallelepipedo con le pareti ricoperte di libri con il dorso rivolto verso l’interno, a rappresentare sia il legame del popolo ebraico con il libro come parte fondamentale della loro religione (la Torah), sia la storia di ognuna delle vittime come un libro a se stante, che la distruzione della cultura ebraica in Europa durante l’Olocausto.  Idealmente i libri in questa posizione non possono essere presi o letti, e anche la grande porta disegnata all’ingresso rimane impenetrabile, per simboleggiare appunto l’impossibilità di cambiare i terribili avvenimenti occorsi. Sulla base del monumento sono riportati i nomi dei campi di concentramento dove vennero deportati e uccisi gli ebrei durante l’Olocausto.

Un’altro progetto a ricordo delle vittime dell’Olocausto sono le cosiddette “pietre della memoria” (Steine des Gedenkens o Steine der Erinnerung), una versione viennese delle “pietre d’inciampo” (Stolpersteine) dell’artista tedesco Gunter Demnig. Forse le avete viste anche voi camminando per Vienna: davanti a molte case una volta abitate da cittadini di origine ebraica sono state incorporate sul marciapiede o sulla facciata delle targhe di ottone dove sono incisi il nome della persona, l’anno di nascita, il luogo di deportazione e la data di morte.

L’idea è di ricordare le persone come singoli individui e non solo come “popolo ebraico”. Coloro che sono stati deportati e uccisi nei campi di concentramento erano uomini, donne e bambini come noi, che vivevano in quelle case che abitiamo ora noi e camminavano sugli stessi marciapiedi che percorriamo tutti i giorni. L’iniziativa non è solo a Vienna ma in tutti i Paesi dove ci sono state vittime dell’Olocausto. Nel corso degli anni sono state depositate più di 50.000 pietre in tutta Europa, molte anche in Italia.

Di pochi giorni fa è infine l’inaugurazione di un nuovo memoriale presso la ex-stazione ferroviaria di Aspang (Aspangbahnhof) nel 3. distretto. Da qui negli anni 1941-1942 vennero deportati più di 47.000 persone, di cui solo 1.073 sopravvissero. L’opera degli artisti Prinzgau/Podgorschek è composta da due binari di cemento di circa 30 metri che finiscono in una cavità di cemento di cui non si vede la fine, per rappresentare la morte e la dimenticanza di questi avvenimenti, accaduti nel centro di Vienna.

Per concludere vi voglio naturalmente segnalare che la comunità ebraica di Vienna non vive solo nel ricordo: seppur ridotta (circa 7.000 persone) continua ad essere presente e molto attiva in città, sia presso le proprie istituzioni che tramite musei ed iniziative.

Foto (c) shutterstock / Angelina Dimitrova

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Paolo Manganiello

Vivo a Vienna dal 2004. Da più di dieci anni racconto tramite QuiVienna questa città e tutto quello che succede in Austria, con un occhio di riguardo per la comunità italiana.

Scritto da Paolo Manganiello

Vivo a Vienna dal 2004. Da più di dieci anni racconto tramite QuiVienna questa città e tutto quello che succede in Austria, con un occhio di riguardo per la comunità italiana.

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